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Ciao Gigi Rizzi


The President

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Ricordiamolo così, uno dei più grandi dragueur italiani :)

Fu un altro Sessantotto, senza molotov e senza barricate, nell’estate rovente di Saint-Tropez. Ma quella bandiera tricolore che sventolava sotto la Madrague segnò un’epoca, come la contestazione che bruciava le piazze e occupava le università. Ricordo i titoli dei giornali e gli occhi allucinati degli amici in quelle notti senza fine all’Esquinade; giravamo a piedi nudi e il mondo ci guardava un po’ invidioso, forse indignato. Che Guevara, Barnard, Gigi Rizzi: ecco i nomi dell’anno secondo Newsweek: un rivoluzionario, il mago del cuore e un ragazzo di provincia. Forse non vale una vita ma quella storia fu una bomba pazzesca che fulminò tutto il resto.

Avevo ventiquatto anni e Brigitte Bardot. Non sentivo i richiami della rivolta e nemmeno gli slogan di quella generazione arrabbiata che voleva abbattere tabù e pregiudizi e aveva nello spinello il simbolo della trasgressione. Ero libero, felice e consapevole di aver rotto in anticipo il muro del pudore, con il sesso sfrenato e la licenza di prendermi tutto. Non conoscevo Rudi Detschke e Daniel Cohn-Bendit ma nella mia incoscienza ero andato anch’io in Francia a combattere una guerra di liberazione contro il perbenismo e il reggiseno. Una rivoluzione sentimentale che si fondava sullo charme e sulla joie de vivre, e che non aveva il denaro in cima ai suoi pensieri, come qualcuno potrebbe invece credere. Noi, i ragazzi italiani di Saint-Tropez, per piacere, per conquistare, dovevamo lottare contro gli straricchi. Io non avevo la Ferrari o la Rolls Royce e nemmeno lo yacht da trenta metri; me la giocavo tutta con la mia faccia e quella era la sfida più eccitante. Gunther Sachs, ex marito di Brigitte, playboy e miliardario, scendeva dal suo elicottero vestito da Dracula, lanciava tonnellate di rose rosse, entrava nel porto con il suo Aquarama sparando candelotti fumogeni. Io ballavo il flamenco sul tavolo prendendo a calci i bicchieri. Piedi nudi, jeans, capelli al vento e via. Vaffanculo.

Quella del ’68 era la mia quarta estate in questa Babilonia popolata da miliardari, avventurieri, prostitute, drogati e pervertiti, il più fiorente mercato di carne umana che si conosca, diceva Robert, il proprietario del Pirata. A Saint-Tropez si consumavano tutti i rituali della corruzione e del vizio, le mode più sfrenate, i partouzes più ingegnosi. E noi, les italiens, eravamo un’istituzione, con il nostro tavolo sempre riservato al Byblos, contesi e desiderati al Papagayo, sempre attesi all’Esquinade all’alba, ultima tappa di un tour infernale al quale erano ammessi soltanto i campioni.

Arrivavamo noi, alzavamo un dito, si aprivano le acque del Mar Rosso e morivano d’invidia i cacciatori di donne più agguerriti, perché noi avevamo il diavolo in corpo e portavamo sempre il profumo dell’avventura. Non ho mai capito se fosse lo charme o la mia sfrontata esuberanza a rendere tutto facile e possibile in quel mondo surreale cercato con forza anni prima, dopo i racconti degli amici genovesi. C’ero piovuto ventenne per scoprire la differenza tra le donne italiane e quelle francesi, per dimenticare Gigliola Cinquetti che cantava Non ho l’età e dragare in quelle spiagge che avevano nomi esotici come Tahiti, Morea, Pampelonne. Come in un incantesimo mi era sembrato di vivere in un paradiso.

Con le donne non ci sono alternative, o sei re o sei straccione: lì improvvisamente ero stato messo su un trono da decine di ragazzine disinibite e da signore trasgressive. Una stagione, poi un’altra, il fascino di una conquista che inebria e diventa una sbornia difficile da smaltire, ti fa sentire grande, potente. A Saint-Tropez il tempo sembrava fermarsi in quelle notti interminabili e la musica ti entrava nella pelle come il sole e l’acqua del mare. No, non si poteva paragonare a Portofino, che pure era stata la mia prima riserva di caccia, a Capri o a Forte dei Marmi, località battute dai tombeurs romani e milanesi.

Saint-Tropez era unica, straordinaria, perché aveva proclamato la religione del corpo e perché c’era lei, Brigitte Bardot, simbolo del desiderio, della trasgressione, una presenza che si percepiva, si respirava, impregnava l’aria. Bella, divina, imprendibile fino a quel giorno di giugno, quando si presentò al Papagayo. Giorno speciale, clima di trionfo, tutti intorno a noi: si brindava alla nuova stagione del New Esquinade, una boîte che avevamo affittato per due mesi con l’amico Beppe Piroddi, statrega di un’operazione che conciliava il divertimento con gli affari. Con lui a Milano avevo aperto il Number One, e nella pausa estiva ci era sembrata geniale l’idea di gestire l’Esquinade, punto d’arrivo obbligato delle notti tropeziane. Era una cantina, un buco maledetto con un caldo bestiale, denso di fumo e sudore, il massimo dalle cinque alle otto di mattina per farsi un whisky e incontrare qualcuno. C’è un anno magico nella vita di ognuno, e quello deve essere stato il mio, perché di colpo si materializzavano i sogni della mia adolescenza. Era tutto facile, possibile per “Gigi l’amoroso” come cantava Dalida. Mi sentivo un D’Artagnan, vincente e imbattibile.

Gigoleggiavo tra indistinguibili Nadine, Claudine, Françoise, Monique, Babette, ogni sera un’avventura, un incontro. Eravamo velenosi, inconfondibili, con i nostri cinturoni di pelle dalla grande fibbia, le catene a maglia larga appese al collo con infilati i ciondoli e gli anelli regalo di amanti speciali, i capelli lunghi, il pullover di cachemire appiccicato alla pelle, i basettoni fin sotto l’orecchio. Allora mi fasciavo la fronte con un foulard perché mi piaceva la parte del pirata, ed era quella la mia divisa, con i jeans e una maglietta. Io, con Franco Rapetti detto “il principe”, Rodolfo Parisi, ricchissimo tenebroso, e Beppe che aveva appena intrecciato una love story con la vedova di Porfirio Rubirosa, Odile Rodin. I quattro moschettieri, scriveranno i giornali, i padroni delle notti di Saint-Tropez.

Mettiamo una data e qualche punto all’estate più lunga della mia vita: 23 giugno 1968, festa per il mio compleanno, cena al Cafè des Arts, una ventina di amici, champagne a fiumi, solita caciara contagiosa, follie in vista. Improvvisamente appare Gianni Agnelli, in jeans, blazer, la camicia bianca aperta sul petto. Era arrivato a Saint-Tropez con la flotta: il GA 30, il GA 50, velocissimo, e l’Agnetta, un due alberi in legno che entrava in porto a vele spiegate, una manovra eccezionale e spericolata, che molti cercavano di imitare rischiando di sfracellarsi sul molo.

L’Avvocato era un mito per la mia generazione, le sue apparizioni lasciavano sempre il segno. Stava con Dino Fabbri, Renzino Avanzo e Paolo Vassallo, avevano un tavolo prenotato all’Escale, ma in pochi minuti aveva liquidato tutto: “Che cosa facciamo in questa tea room, andiamo anche noi alla festa di Gigi”. Al mio compleanno c’erano Jacqueline de Ribes, Marina Cicogna, una Florinda Bolkan agli albori e il resto della banda. Nel pomeriggio avevo salutato Nathalie Delon con le lacrime agli occhi. Nathalie mi amava e io amavo lei da quel giorno a Cervinia, nella primavera del ’63, quando mi aveva baciato nella cucina del Gallia. Allora si chiamava Nathalie Barthélemy. Ricordo di aver avuto uno choc l’anno dopo, in collegio, quando trovai una rivista con le foto del suo matrimonio con Alain Delon. La vita ci aveva offerto un revival dopo la sua separazione, eravamo tornati insieme e la sua partenza per Avoriaz, una breve vacanza con il figlio Anthony, non doveva essere un addio. Café del Arts, Papagayo, Esquinade, Les caves du roi.

La notte di Saint-Tropez ha delle scadenze precise e quella sera l’itinerario era segnato. Avevamo stabilito noi le fermate dell’autobus. Perché se vai a mezzanotte all’Esquinade è un errore mortale. Se vai alle due al Papagayo è un altro errore mortale. Perché a mezzanotte o all’una all’Esquinade non trovi nessuno, alle due al Papagayo ci sono milioni di persone, insopportabile. Noi ci smarcavamo sempre, gli altri ci seguivano. Trascinammo anche l’Avvocato nel tour delle boîtes, la sua presenza era certamente casuale ma in quei giorni di euforia mi sembrava un segnale, il segnale che l’Italia era con noi. Non ce n’era per nessuno quando arrivavano gli azzurri. La Francia aveva messo in campo un esercito di professionisti della conquista che ruotava attorno ai fratelli de Barges, miliardari e un po’ arroganti, proprietari dell’Epy Plage, una spiaggia esclusivissima. Davano feste con la crème tropézienne e scatenavano nelle notti brave Philippe Junot, futuro sposo di Caroline di Monaco, e Alix Chevassux, compagno di Françoise D’Orléac. Ci odiavano, i de Barges, perché noi facevamo terra bruciata, ma alla fine dovettero rassegnarsi all’armistizio: noi, i latin lovers, eravamo i più forti. Saint-Tropez ci aveva adottato come attrazione permanente insieme a un’altra italiana, Elsa Martinelli, monumento di fascino e di bellezza.

Elsa stava con Willy Rizzo, fotografo napoletano diventato famoso in Francia; era la nostra musa indiscussa, ci coccolava, ci invitava a colazione e in barca, passava con noi giorni e serate. Non ricordo se c’era o no la notte in cui tutto accadde, al Papagayo, una cantina che il proprietario, Frangines, aveva trasformato in un club, il club des allongés: senza sedie, con materassini di gomma sistemati a semicerchio dove ci si stendeva per ricaricare le batterie in attesa dell’ultimo sprint, all’alba. Ricordo solo che nel buio della sala una luce illuminò Brigitte Bardot e il suo gruppo. L’avevo già incontrata una sera con Nathalie in un ristorantino dove avevo poi ballato un travolgente limbo: piacere, piacere mio, e arrivederci. Ci incrociammo per un brindisi al locale che dovevamo inaugurare e questa volta, ormai lontano da Nathalie, arrivò un invito. “Se ti piace lo sci d’acqua domani mattina vieni a fare colazione alla Madrague, c’è una baia con un mare splendido”. “Ci sarò”.

Pensavo a tutto e a niente, era il 28 giugno, la compagnia dirottò sull’Esquinade e all’alba mi ritrovai al Gorille con un fiato da condor che mangia cadaveri, coccolato dalla mia divina Babette, una cameriera con le tette più belle del mondo. Hamburger, birra, ultimo whisky, un passaggio in albergo sotto la doccia, due ore di sonno e alle 11 eccomi alla Madrague con un vassoio di croissant. Fu tutto spontaneo, immediato. L’uscita in motoscafo dalla baia, le acrobazie con gli sci, il bagno al largo nel primo pomeriggio. E in questo pomeriggio caldo, con il sale appiccicato sulla pelle, ricordo una mano che sfiora il mio piede, gli occhi di Brigitte dentro ai miei e una camera da letto. Io non so perché accadde, perché questa donna di trentaquattro anni, simbolo della femminilità e della seduzione, che aveva tutto e poteva permettersi tutto, cominciò a chiamarmi “mon amour”.

Sì, a Saint-Tropez ero conosciuto, avevo storie importanti, sapevo di essere brillante e di piacere, ma lei era un marziano, un’extraterrestre per dei comuni mortali. Brigitte era esclusiva, unica. Una diva, un sex symbol in anni in cui faceva scandalo anche un semplice bikini. Girava con la scorta, era assediata da fans e fotografi, spiavano ogni suo gesto, ogni sospiro. In casa aveva lettere di Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, la Francia ne aveva fatto un monumento nazionale, i suoi film scatenavano la censura e le polemiche. E’ banale dire che mi sentivo come uno che pianta la bandierina sull’Everest. Ma una vertigine c’era e sarebbe stupido negarlo. Cenammo insieme quella sera. Una Rolls Royce passò al mio albergo a ritirare gli abiti di ricambio. Telefonai a Nathalie e le dissi la solita penosissima bugia. Le dissi che avevo una tremenda nostalgia di lei. In realtà l’avevo avuta fino a poche ore prima, perché Nathalie era divina, ma di colpo la nostalgia per il nostro ritorno di fiamma era sparita. Le raccontai che dopo la sua partenza avevo passato la giornata in casa con il gruppo di Brigitte, e che grazie a loro ero riuscito a non pensare troppo a lei. Il giorno dopo c’era già una mia foto su “Nice Matin”. Titolo: “Un nuovo amore per la Bardot”. Nathalie mi chiamò subito. “Vedo che ti diverti. Immagino che ora non avrai più nostalgia di me”. Risposi che i giornali esageravano, e che in realtà eravamo solo amici. Lei buttò giù il telefono.

.....

http://www.corriere.it/cronache/13_giugno_24/rizzi-un-altro-sessantotto-2_2c3ab7f0-dcb7-11e2-98cd-c1e6834d0493.shtml

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resurrection joe

Davvero simpatico,ricordo quando lo intravidi 20 anni fa ad una festa in suo onore

a Portofino,un mito, anche se non più giovane era più vitale di tanti noi ragazzini ventenni..

L'ultimo playboy,poi sono arrivati i tamarri da televisione...

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The President
Inviato (modificato)

Segnalo questo bel documentario sulla sua vita -> http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-d4bcf4af-ef2d-4846-bce4-8fc462fc977b.html

Ci sono un bel po' di spunti non male dal punto di vista della seduzione (e potete vedere la qualità delle fighette che aveva rimorchiato) ;)

Modificato da The President
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  • 2 settimane dopo...
Chuck_

Recentemente ho letto un articolo favoloso.

Gianfranco Piacentini, amico di Gigi Rizzi, all'intervistatrice:

Provi ad immaginare cosa avevamo vissuto, segua il mio racconto.

Eravamo inseparabili: Io, Franco Repetti, Gigi Rizzi, Rodolfo Parisi, Beppe Piroddi, facevamo strage di cuori in Costa Azzurra: eravamo 5 ragazzacci, giovani, belli, imprevedibili e scatenati.

Non eravamo ricchi, ma con la nostra audacia riuscivamo ad entrare nei migliori locali, a conquistare le donne più belle, a conoscere le donne più importanti.

La gente del posto ci chiamava "les italiens", gli italiani.

Poi un giorno iniziai una storia con l'attrice francese Germaine Lefebvre e lei ci invitò a casa della sua amica Brigitte Bardot.

Non stavamo nella pelle, allora era la donna più desiderata del mondo, tutti avrebbero voluto incontrarla.

Gigi comprò un vassoio di pasticcini e, con me al suo fianco, entrò spavaldo nella villa della Bardot.

Quando la vide, con la sua solita faccia tosta, anziché mostrarsi intimidito al cospetto di un tale mito, le disse:

<< Questi dolci sono per lei, io vorrei un bicchiere di vino rosato, ne ha in casa?>>

E lei, con aria snob:

<< Beve vino alle dieci del mattino?>>

Lui:

<< Stanotte non ho dormito, ho girato per locali e ho bevuto l'ultimo bicchiere mezzora fa, ma ora ho di nuovo sete>>

A quel punto Brigitte si sciolse e scoppiò a ridere. Un'ora dopo si baciarono.

Tre mesi sfrenati. Gigi portava fuori Brigitte ogni sera per feste e locali, fiumi di champagne e belle donne. Avevamo un tavolo sempre pronto al club Byblos e molte volte pagavamo noi... eravamo grandi giocatori d'azzardo e spesso vincevamo al casinò.

Poi la storia tra Gigi e Brigitte finì. Un pomeriggio Gigi andò a casa della Bardot e vide un uomo che le ronzava attorno, un playboy francese. Lei gli dava corda e Gigi ferito nell'orgoglio si ritirò. Mi disse:

<< Con la Bardot ho chiuso. Non andrò certo lì a piangere e supplicarla. Non sono il tipo. Se vuole, sarà lei a tornare da me>>

Ma non accadde e le loro strade si separarono.

Gigi Rizzi è l'emblema del seduttore natural. L'emblema dell'italiano latin lover.

Tra l'altro lei all'epoca era 34enne e all'apice della carriera, mentre lui aveva solo 24 anni!

Un grande esempio per IS.

Modificato da Chuck_
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Che spettacolo l'intervista sul corriere della sera.

Consiglio a tutti la lettura, bella, piacevole e scorre una meraviglia.

Devo dire che non lo conoscevo affatto, ma leggere delle sue imprese è stato grandioso.

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Dufresne

Io penso che Gigi Rizzi più che talentuoso seduttivamente abbia avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto nel momento giusto.

Essendo benestante di famiglia e avendo un bel po' di fondi è riuscito a farsi strada nel mondo dei locali notturni nell'epoca d'oro dei locali notturni (ha aperto la prima disco in Italia)

Faceva il DJ nella discoteca più famosa di Roma ai tempi della dolce vita, ovvero il top del top.

L'incredibile status associato alla botta di culo di essersi fatto Brigitte Bardot (neanche poi tanto botta di culo secondo me,considerato lo status che aveva) gli hanno permesso di vivere di rendita seduttivamente per gran parte della sua giovinezza.

Purtroppo poi non ha saputo gestire il successo accumulato ed è caduto in disgrazia,avendo avuto problemi anche con la giustizia e riducendosi a far le comparsate in tv.

Spero che il bilancio della sua vita sia stato per lui comunque positivo.

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E' incredibile, in questo forum non si dà mai merito alle persone.

E' sempre questione di caso, di fortuna. Si leggono ormai sempre le stesse frasi.

"Guardalo, è bello perchè è nato così." "Ha avuto successo perchè ha avuto la fortuna di avere soldi" "Troppo facile arrivare a conquistare BB con quei soldi e col culo di trovarsi lì"

Stocaaaaazzo ragazzi, sto gran cazzo!

Aveva il fratello che pure lui aveva i "soldi" come lui, perchè non ha fatto lo stesso? Perchè non s'è scopato il mondo come ha fatto lui? E tutti quelli che hanno i soldi scopano alla grande e hanno successo?

Il successo si C-O-S-T-R-U-I-S-C-E, punto!

E' la sua personalità che ha generato in BB la voglia di scoparselo. E' la sua personalità che lo spingeva a evadere dal suo contesto familiare-sociale. E' lui che si è creato le opportunità di andare a Saint Tropez. E' sempre lui che ha trovato il modo per scoparsi la FIGA DI LUSSO DEL MOMENTO NEL MONDO.

Non c'è da fargli una statua, perchè è vero che era benestante. Non aveva i soldi degl'altri mega miliardari che popolavano Sain Tropez, come i vari Agnelli, i fratelli Barges ecc, anzi. Spesso lui e i suoi amici terminavano i soldi in poco e nulla e dovevano rischiare tutto al Casino per poter rimanere lì.

Ha osato e ha vinto Rizzi. Quel Rizzi del 68.

Non parlo del Rizzi post 68 con tutti i problemi di cocaina che ha avuto o altro. Ma il Rizzi del '68 è senza dubbio da ammirare, è un esempio forte che Potere è Volere!

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Dufresne
Ha osato e ha vinto Rizzi. Quel Rizzi del 68.

Non parlo del Rizzi post 68 con tutti i problemi di cocaina che ha avuto o altro. Ma il Rizzi del '68 è senza dubbio da ammirare, è un esempio forte che Potere è Volere!

Dici frasi tipo "il Rizzi del 68" circoscrivendo la sua persona ad un limitato arco temporale,ammettendo che il suo successo è stato effimero.Se è vero che il successo si costruisce sempre e solo grazie alla personalità e che è stata esclusivamente la sua personalità a portarlo al successo allora devi spiegare anche il fallimento successivo (e non dirmi "è stata la droga").

Che poi abbia osato e che si sia giocato bene le sua carte siamo d'accordo.

Ho semplicemente detto che se fosse nato alcuni anni prima o dopo e in un altro posto (i suoi si erano trasferiti a genova e frequentava già da tempo la costa azzurra) e con un'altra condizione economica (quanti ragazzi di 20 anni hanno fondi a sufficienza per aprire business enormi e farsi le vacanze in località di lusso tra champagne e giri in yacht?)non avrebbe ripetuto lo stesso successo.Per cui una bella botta di fortuna l'ha avuta eccome.

Se poi vuoi esaltarlo come un mito perché ora è morto e perché si sa in Italia amiamo crerarci miti di cartapesta OK.

Ma se vogliamo analizzarlo dal punto di vista seduttivo non si possono trascurare certi dettagli e non si può valutarlo alla luce dei tempi moderni.

Modificato da Dufresne
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Ahhh, che cosa brutta le fette di prosciutto davanti gl'occhi!

Il problema sta solo nel porsi le domande sbagliate. Le domande da porsi sono:

Quanti come lui potevano andare a Saint Tropez? Infiniti.
Quanti come lui sarebbero riusciti a conquistare la diva mondiale del momento? Chiunque. Ma perchè nessuno ci riesce o comunque sono pochi gl'eletti?

Il suo successo sarebbe potuto durare, purtroppo si è fatto fottere la testa da troppe cose. Non dimenticare che era uno studente modello a scuola e aveva tutti i numeri per sfondare nel business.

Ripeto, io non sto santificando Rizzi. Ma ciò che ha potuto fare in quel di Saint Tropez è una cosa da pochi. E lui c'è riuscito con una disponibilità economica moooolto inferiore ai prezzi grossi che t'ho citato nel post più sopra.

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