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Chiudere con il proprio passato (dedicato a chi non lo accetta con serenità)


Dani89

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phoenix0012

giusto, anche io ho avuto un passato diciamo non tanto felice per svariate cause, però rivangarlo sempre non ti porta a niente, io certe volte ringrazio di aver subito certe scoppole che in quel momento mi hanno fatto molto male, ma mi hanno formato e sono una base per i tanti miglioramenti della mia persona (fisica e psichica) che devo portare avanti

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imperfetto

Curiosando sul forum mi sono imbattuto in un post che mi ha fatto riflettere. Non lo citerò, perché non voglio mettere in croce l'autore che, a suo dire, avrebbe raggiunto un suo equilibrio.

La frase che mi ha colpito (anzi mi ha fatto quasi rabbrividire) è stata questa:

disprezzo il me stesso di 10-15 anni fa.

Per come sono fatto io, non potrei concepire questa frase. O meglio, non potrei concepirla oggi.

Non sono un guru del forum: il mio game è lacunoso e traballante e troppe volte mi ritrovo a contare gli errori che faccio. O a indulgere in pensieri negativi

Né sono nemmeno lontanamente sargisticamente paragonabile a quei pochi qua dentro che scopano parecchio e con qualità (ammesso che la cosa sia un titolo d'onore).

Però mi sento di aver raggiunto un equilibrio, forse impensabile per me un tempo. Ho imparato a convivere molto bene con me stesso.

E molto recentemente (in parte grazie a un utente del forum, tra l'altro) e per questo forse, per quanto potrebbe sembrare contradditorio, vorrei mettere due cose per iscritto sul chiudere i conti col passato.

Ho quasi 26 anni. Ci ho messo un po'. Avessi avuto un altro carattere e un'altra famiglia forse ci avrei messo di meno. Ma poco importa.

È evidente (per come intendo io la vita) che il mio equilibrio è provvisorio, destinato ad evolversi in nuove forme. Ma non per questo è meno stabile.

E visto che il ricordo di alcune situazioni e sensazioni è ancora vivo, forse questi miei pensieri potrebbero essere più utili di chi con il passato ha chiuso da molto.

Chiudere con il passato.

In molti, tra quelli che frequentano IS, hanno pensato questa frase più di una volta, ne sono sicuro. In molti si sono vergognati, disconosciuti, presi in giro a posteriori. Io non faccio eccezione.

Va bene, ci sta. Ti senti diverso, nuovo, migliore. E vuoi urlarlo, in faccia al mondo e al te stesso passato (e magari sei ancora più vicino a quel te stesso passato che al te stesso finale). Ma è proprio questo l'errore.

Ti senti migliore.

Ti stai giudicando.

Peggio: stai giudicando il te stesso passato, uno con cui allo stesso tempo hai poco a che fare e a cui devi molto.

Giudichi te come eri e quindi tutti quelli che sono il te che fosti.

Come mai? Forse perché ti manca ancora qualcosa.

Chi è soddisfatto della propria vita non giudica, specialmente chi lo ha fatto arrivare lì, vale a dire il se stesso passato.

Chi è soddisfatto si vuole bene, non si compiace dei propri errori ma nemmeno si deride. Guarda al se stesso di un tempo con tenerezza.

Sa che è nell'ordine delle cose.

Si cambia.

O magari questo è solo come sono fatto io. Malinconico.

Magari qualcun altro dice apertamente: che coglione che ero. E ride.

Ma comunque ride. Non si odia.

Sembra banale ma è così:

Sei arrivato dove sei soprattutto grazie a te.

Magari hai avuto gli input giusti, ma anche lì... la maggior parte delle volte hai saputo cercarli, riconoscerli e ascoltarli.

Sembra banale ma è così: sono le tue esperienze passate, tutte, che hanno contribuito a formare il tuo te presente.

Ovviamente non è scientificamente dimostrabile che non potresti essere arrivato allo stesso risultato mediante altri percorsi (a meno che non si voglia prendere la trilogia di Ritorno al futuro come prova scientifica) ma... è così importante il percorso rispetto a una destinazione che è comunque provvisoria?

Sei contento di come sei? E allora perché ti giudichi?

Potevo fare di più, prima.

Magari è vero. Ma potevi anche rimanere bloccato allo stato di prima.

Non crucciarti se sei diventato rospo tardi. Ringrazia quel girino di essersi evoluto.

Ma non basta sapere questo. Questo lo sapevo da un po' di anni.

Mi mancava un pezzo.

A scriverlo sembra, ancora una volta, banale, ma tant'è...

Così come tuoi sono la maggior parte dei meriti, tue sono la maggior parte delle colpe (eccettuati casi di vissuto veramente traumatici).

Superata una certa età non esiste più:

ero un adolescente introverso

la mia famiglia non mi accettava

mio padre non mi voleva bene

le ragazze non mi guardavano

Questo non è colpa tua. Quello che subisci non è mai colpa tua, al massimo è una conseguenza delle tue azioni.

Ma è colpa tua come lo recepisci, come lasci che la cosa ti intacchi, scalfisca, rompa. E più vai avanti più è colpa tua.

Perché un adulto provvede a se stesso da sé (vedi anche il libro delle coccole di Giacobbo)

Se per anni ti culli sulle scuse, anche inconsciamente, non evolverai mai.

Vai avanti e perdona. Te e gli altri. Sorvola, che le cose importanti sono poche.

Un mese fa ho incontrato in spiaggia uno di quelli che a scuola erano i miei incubi. Un telegiornale allarmista o un sistema giudiziario troppo protettivo direbbe che mi aveva bullizzato verbalmente per anni.

Eppure ci siamo salutati e abbracciati come se non fosse mai successo nulla.

Perché non era mai successo nulla. Io ero un ragazzo introverso e secchione che si vestiva in maniera ridicola (o meglio, si faceva vestire in maniera ridicola dalla madre), lui uno dei più belli e atletici della scuola, oltre che largamente sprovvisto di sale in zucca. Un contrasto di natura etologica, direi.

Siamo stati mezzora a parlare ed eravamo veramente felici di farlo.

Non avevo rancore perché non c'era nulla per cui essere rancorosi. Io ero stato uno sfigato, lui un coglione giudicante. Ma avevamo diciasette anni. Non posso avercela con nessuno dei due. Se lui è rimasto uguale non lo so, non credo. Ma sono problemi suoi.

La realtà è che a ventisei anni già ci siamo ritrovati molto più simili.

E come questo potrei fare mille esempi.

Mio padre, ad esempio.

Un uomo intrattabile.

Scontroso, duro, senza mai una parola di incoraggiamento verso di me, sempre a mettere in discussione le mie capacità di discernimento, anche basiche. Mi avrà detto "bravo" tre volte in vita mia. Forse due.

Penso di aver capito che è il suo modo di volere bene: rompere i coglioni sempre e comunque, tenere il punto, fino alla logorrea. Non ha avuto un infanzia facile, e anche questo lo ho capito (o saputo) tardi, ma mi contraddirei se liquidassi i suoi atteggiamenti così.

La realtà è che lui è debole, vive nella preoccupazione e in una forma molto ben celata e sotterranea di ansia. Ha avuto delle carenze e non ha saputo compensarle. Quello che volevo evitare per me (e che ora lo so, ci riuscirò). Ma va bene così. Lo so e gli voglio bene (per il tempo che il suo carattere me lo rende sopportabile).

E comunque a venticinque anni suonati non importa chi ti vuole bene. Te ne devi volere da solo. (grazie F.)

Già, anche qui non ci voleva una scienza.

Il passato non va chiuso fuori.

Il passato va fatto fermentare, distillato, assimilato.

E quindi dimenticato, per far spazio al presente e al futuro.

L'odio, la negazione, il rancore, non aiutano. Ti bloccano solo, sono una catena.

Non so quanti di voi hanno visto il film Babadook. È un horror ma è anche una metafora meravigliosa.

Nutrite le vostre paure, i vostri fantasmi. Parlateci, condividetele. E scoprirete che non vi faranno più male, non possono. Sono inconsistenti, trasparenti, immateriali.

the-babadook-worms.jpg

Anche il passato è una paura, se lo nominate troppo spesso, se lo rimpiangete o lo denigrate.

Non vi appartiene più, dovete lasciarlo andare, con serenità, quando sarete pronti.

Può apparire banale a molti, ma spero che possa essere utile per chi ancora non ci è arrivato o si è perso un pezzo per strada. ;)

Dani sei arrivato alle mie stesse conclusioni solo che io ho quasi 10 anni di più....

L'imperfetto di 10 o 20 anni fa ho imparato ad amarlo infondo a 16 anni ero solo adoloscente un timido, insicuro e arrabbiato con il mondo intero ma nonostante tutto e grazie a lui se sono qui ora, il viaggio è iniziato allora, non so se ci sia una meta, ma non ho nessuna intenzione di smettere di correre.

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