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Depressione: conoscerla per combatterla


Dott.Mauro Grillini

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1 minuto fa, ispettore Coliandro ha scritto:

non so se ti ho risposto

In parte sì, esatto io parlavo proprio degli occhiali rosa style, e mi chiedevo se ci fosse un nesso

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Dott.Mauro Grillini
31 minuti fa, EdoardoG ha scritto:

In parte sì, esatto io parlavo proprio degli occhiali rosa style, e mi chiedevo se ci fosse un nesso

Quello che trovo interessante nel tuo racconto e’ il fastidio che provi di fronte a questi atteggiamenti..

E’ una reazione molto comune..data dal fatto che probabilmente avverti l’incongruenza tra l’atteggiamento “finto” è una realtà interna non limpida..e ci possiamo sentire irritati perché e’ come se ce la stessero raccontando..

bisogna dire anche che l’irritazione puoi averla anche di fronte all’atteggiamento opposto, ossia all’amplificazione del negativo con lamentosita associata o al perdurare di una condizione di passività sostanziale da parte della persona con depressione...questo perché il senso di impotenza e’qualcosa che difficilmente ci capita di reggere..specie in una società che fondamentalmente premia l’essere attivi,solari e vincenti..e la rabbia ci da una scossa che ci toglie da lì in qualche modo

nello stesso tempo..possiamo essere tentati di incazzarci pesante con queste persone anche per “scuoterle un po’”..con l’ottima intenzione di aiutarle ad attivarsi..anche se non sempre funziona..

che fare?

posto che ogni situazione va vista caso per caso in specifici luoghi con specifiche regole (il setting terapeutico)...una cosa importante e generale a mio giudizio e’ riconoscere che noi per primi..vicino a una persona con depressione..possiamo vivere di riflesso emozioni negative..e ciò non ci rende pessime persone o pessimi ascoltatori..semplicemente siamo in una dinamica che ci mette in difficoltà..una difficoltà che se non riconosciuta rischia di logorare noi per primi..impedendoci di fare anche quel poco che possiamo fare date le circostanze e il nostro ruolo di parente/amico ecc.

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7 minuti fa, ispettore Coliandro ha scritto:

probabilmente avverti l’incongruenza tra l’atteggiamento “finto” è una realtà interna non limpida..e ci possiamo sentire irritati perché e’ come se ce la stessero raccontando..

Esatto, proprio così anche se pensandoci mal tollero più i "buonisti" che i lamentosi di sproposito, forse perché con i secondi mi sento più incline a farli stare a due cm dalle palle (cit)

Con i seguaci degli occhiali rosa non so mai come comportarmi: sento che mi danno tanto fastidio ma in qualche modo mi sembra di sparare sulla croce Rossa ad allontanarli. Di solito va a finire che scadono ai miei occhi senza possibilità di recupero (mentre invece i lamentosi se cambiano ho piacere a recuperarli), un po' come se scopro che una persona che stimavo molto crede nell'oroscopo o segue filosofie di vita e nutrizione totalmente fuori da ogni logica o cose così: c'è il rammarico per aver perso una persona che mi piaceva ma è una sensazione che dura relativamente poco fino a giungere alla totale espulsione mentale del soggetto in questione (anche se magari ci continuo ad aver a che fare per obblighi sociali), è un po' come se quello per me fosse morto civilmente

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Dott.Mauro Grillini
34 minuti fa, EdoardoG ha scritto:

Esatto, proprio così anche se pensandoci mal tollero più i "buonisti" che i lamentosi di sproposito, forse perché con i secondi mi sento più incline a farli stare a due cm dalle palle (cit)

Con i seguaci degli occhiali rosa non so mai come comportarmi: sento che mi danno tanto fastidio ma in qualche modo mi sembra di sparare sulla croce Rossa ad allontanarli. Di solito va a finire che scadono ai miei occhi senza possibilità di recupero (mentre invece i lamentosi se cambiano ho piacere a recuperarli), un po' come se scopro che una persona che stimavo molto crede nell'oroscopo o segue filosofie di vita e nutrizione totalmente fuori da ogni logica o cose così: c'è il rammarico per aver perso una persona che mi piaceva ma è una sensazione che dura relativamente poco fino a giungere alla totale espulsione mentale del soggetto in questione (anche se magari ci continuo ad aver a che fare per obblighi sociali), è un po' come se quello per me fosse morto civilmente

Mi viene da pensare anche a un discorso di scarsa autenticità: può essere che diventiamo buonisti un po’ in maniera passivo-aggressiva, nel senso che attraverso quel buonismo censuro emozioni sconvenienti e aderisco a ciò che gli altri si aspettano da me..così tengo il quieto vivere e nessuno mi rompe i coglioni

alla fine si tratta di maschere..servono proprio a contenere tutto ciò che di noi e’ poco accettabile in primis ai nostri occhi..di fatto e’ negare di avere anche parti “oscure”..

Mi chiedo anche quanta della rabbia che senti nei confronti di quegli atteggiamenti non covi segretamente nel cuore di quelle persone..

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Signorina77
9 ore fa, EdoardoG ha scritto:

@ispettore Coliandro pur non avendo avuto personalmente a che fare con questa patologia, i tuoi scritti mi piacciono molto perché i depressi intorno a me ci sono sempre stati, quindi ben vengano i tuoi post sul tema

E in proposito ti chiedo una cosa. Ho notato che spesso chi ne sta uscendo tende a iper accentuare il comportamento opposto cioè mostrando stupore per cavolate o vedendo tutto bello e tutto buono intorno a sé: c'entra qualcosa con la depressione avuta o no!? Chiedo perché è un atteggiamento che tollero poco, cioè mi dà proprio il nervoso di pancia, un po' come alcuni ministri di culto del porgi l'altra guancia, siamo tutti fratelli, perdona il prossimo ecc ecc

Quindi questo atteggiamento buonista che per alcuni preti è dottrina, per chi sta uscendo dalla depressione è conseguenza del suo disturbo (e quindi mi armo di pazienza, e ci mancherebbe) o dipende da altro?

Grazie

Quando ho letto queste osservazioni ho sorriso. Perchè, almeno nella mia personale esperienza, un fondo di verità c'è. Io anni fa ho probabilmente avuto una lieve forma di depressione per un periodo ( mai diagnosticata, ma so che non era semplice tristezza e avevo molti dei sintomi ). E' vero che dopo la guarigione si può percepire dall'esterno una sorta di cambio drastico del modo di pensare, io ricordo che qualcuno restava sorpreso e diceva di non rivedere più la stessa persona di prima nei miei ragionamenti. Ma ero semplicemente più positiva. Questo a me è successo perchè con la guarigione ho visto la fine di una condanna che credevo sarebbe stata a vita. L'aspetto peggiore era sentire di non avere le energie emotive per fare le attività quotidiane, e la totale apatia e incapacità di essere serena o emozionarmi. Può sembrare assurdo, ma io ne sono uscita grazie a una persona che è stata in grado di colpirmi talmente tanto nel profondo con la sua energia, vitalità, allegria e ambizione, da riuscire a smuovermi dentro una voglia di reagire e di vivere che non sapevo ancora di avere. Il percorso è stato graduale, e per me è stato davvero come avere occhi nuovi. Ma non direi proprio di essere scaduta in atteggiamenti buonisti o essere entrata nel mood “ochiali rosa style, tutto bello, tutti belli, sempre al top / sempre carichi”. Dopo essere guarita sentivo di avere finalmente acquisito un giusto atteggiamento e di possedere gli strumenti per non ricadere in futuro nel tunnel (e per saperlo eventualmente gestire). E per chi attraversa il buio, questa è la più grande delle liberazioni.

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Dott.Mauro Grillini
5 minuti fa, Signorina77 ha scritto:

Quando ho letto queste osservazioni ho sorriso. Perchè, almeno nella mia personale esperienza, un fondo di verità c'è. Io anni fa ho probabilmente avuto una lieve forma di depressione per un periodo ( mai diagnosticata, ma so che non era semplice tristezza e avevo molti dei sintomi ). E' vero che dopo la guarigione si può percepire dall'esterno una sorta di cambio drastico del modo di pensare, io ricordo che qualcuno restava sorpreso e diceva di non rivedere più la stessa persona di prima nei miei ragionamenti. Ma ero semplicemente più positiva. Questo a me è successo perchè con la guarigione ho visto la fine di una condanna che credevo sarebbe stata a vita. L'aspetto peggiore era sentire di non avere le energie emotive per fare le attività quotidiane, e la totale apatia e incapacità di essere serena o emozionarmi. Può sembrare assurdo, ma io ne sono uscita grazie a una persona che è stata in grado di colpirmi talmente tanto nel profondo con la sua energia, vitalità, allegria e ambizione, da riuscire a smuovermi dentro una voglia di reagire e di vivere che non sapevo ancora di avere. Il percorso è stato graduale, e per me è stato davvero come avere occhi nuovi. Ma non direi proprio di essere scaduta in atteggiamenti buonisti o essere entrata nel mood “ochiali rosa style, tutto bello, tutti belli, sempre al top / sempre carichi”. Dopo essere guarita sentivo di avere finalmente acquisito un giusto atteggiamento e di possedere gli strumenti per non ricadere in futuro nel tunnel (e per saperlo eventualmente gestire). E per chi attraversa il buio, questa è la più grande delle liberazioni.

Ti ringrazio di cuore per il contributo!!

 

A dire il vero speravo che questo topic abbandonasse presto una rigida impostazione a mò di lezione universitaria...per prendere una piega sempre più esperienziale e di scambio...anche in considerazione della difficoltà generale nel parlare di questi vissuti..

 

Due cose mi hanno colpito della tua esperienza: l'incontro con qualcuno che ti ha reso più facile ritrovare quell'energia per reagire e riconquistare la tua vita..e la consapevolezza di poter affrontare nuovamente il tunnel 

 

Se ti va ti chiedo di parlarcene meglio..

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Giraluna

Si, si vorrei saperne di più anche io! Condivido molto il tuo commento. Mi pareva di essere la scema del villaggio ad affrontare da sola le risposte dell efficientissimo ispettore. 

Finalmente qualcuno che ne parla, poi una donna ancora meglio. 

È davvero molto bello. 

@Signorina77

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Dott.Mauro Grillini

Antidoto n.1: il supporto sociale. Come avere a che fare con persone con Depressione

 

Scrivo queste righe evidenziando sin da subito che le cose presentate NON sostituiscono un adeguato trattamento farmacologico e/o psicoterapico in termini di efficacia dimostrata…sebbene si possano rivelare elementi utili e favorenti un buon ingaggio della persona con Depressione all’interno di una terapia, oltre che ad attivare risorse emotive, relazionali e logistiche che il paziente può sentire disponibili per sostenersi in caso di difficoltà al di fuori dallo studio del professionista.

 

Parliamo di familiari, amici, colleghi di lavoro…che si trovano in un dato momento della loro vita ad avere a che fare con persone che sviluppano problematiche di tipo depressivo.

 

Una domanda naturale che ci si può porre è: “come mi comporto con questa persona?”

 

E spesso chi te lo dice si sente per primo in difficoltà, vivendo in prima persona una serie di emozioni non propriamente gradevoli…mentre dall’altro lato sente l’esigenza di stare vicino al paziente e si trova impreparato nell’affrontare tutte le conseguenze pratiche che la condizione clinica comporta.

 

Vissuti di impotenza, imbarazzo, ma anche di rabbia nei confronti dello stesso paziente possono disturbare non di poco la comunicazione, mettendo ulteriore stress nella relazione, a discapito di entrambi.

 

Fermo restando che ogni situazione è assolutamente a sé e ciascuno di noi vive in modo personalizzato e soggettivo la fatica nella comunicazione con la persona con Depressione e la gestione quotidiana della sua assistenza…vi sono alcuni accorgimenti generali utili che possono essere considerati.

 

Il primo è quello forse più importante: riconoscersi la fatica che si sta facendo!!

 

Spesso infatti chi assiste persone con disturbi psichici o condizioni croniche sperimenta un forte e continuativo stress noto come “caregiver burden” o “carico assistenziale” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3512360/) , di solito maggiormente pressante sulla figura principale a cui è demandata l’assistenza.

Tale sindrome porta a un progressivo logoramento e se non riconosciuta e trattata per tempo rischia di creare una “torcia umana”, comportando un sostanziale esaurimento psicofisico di chi assiste e una ricaduta negativa in termini di salute generale.

 

Uno dei passi più importanti per attenuare questa tendenza consiste nel prendere consapevolezza di quanto sta succedendo all’interno della situazione difficile vissuta e riconoscersi degli spazi nei quali la persona possa “staccare” e occuparsi ANCHE di sé stessa, mantenendo alcune abitudini private e momenti di stop. Diversamente, il rischio è di non essere più d’aiuto per la persona con Depressione.

 

Cercare e percepire il supporto di amici, familiari, operatori costituisce un grande fattore di protezione per il caregiver E per il paziente, poiché permette di ridurre l’affaticamento fisico ed emotivo, il senso di eccessiva responsabilizzazione e aumenta la sensazione di poter disporre bene del proprio tempo, aspetti che si riflettono anche su una comunicazione più fluida ed empatica.

 

Il caregiver e i familiari possono valutare inoltre di intraprendere un percorso di supporto psicologico per primi, sia per affrontare ed elaborare i propri vissuti difficili, sia poiché ciò può essere fonte di incoraggiamento per la persona con Depressione che può aumentare il proprio impegno nel proprio di percorso.

 

 

(Di seguito un link che offre alcune piccole idee su questioni quotidiane: www.depressione-ansia.it/wp.../Per_i_familiari_dei_pazienti_domande_e_risposte.pdf  )

 

 

 

Un altro suggerimento per chi sta vicino al paziente può essere quello di adottare una comunicazione empatica.

 

Cosa significa?

 

 Essenzialmente, si tratta di riconoscere esplicitamente che il paziente sta vivendo un pessimo momento, che ci sono difficoltà che possono essere anche parecchio limitanti il proprio agire quotidiano, ribadendo la propria disponibilità a stare vicino e a contribuire ove possibile.

Questo può aiutare la persona con Depressione a sentirsi compresa e supportata…presa sul serio nella propria condizione transitoria; ma aiuta anche colui che gli sta vicino, in quanto stimolato a operare a “carte scoperte”, condividendo il carico emotivo-assistenziale e mostrandosi vicino da una posizione mentale non soverchiante.

 

 

Si tratta essenzialmente di costruire un’alleanza contro la malattia.

 

 

 

 

 

 

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Giraluna
1 ora fa, ispettore Coliandro ha scritto:

Uno dei passi più importanti per attenuare questa tendenza consiste nel prendere consapevolezza di quanto sta succedendo all’interno della situazione difficile vissuta e riconoscersi degli spazi nei quali la persona possa “staccare” e occuparsi ANCHE di sé stessa, mantenendo alcune abitudini private e momenti di stop. Diversamente, il rischio è di non essere più d’aiuto per la persona con Depressione.

In che modo comunicare loro questa esigenza di spazi senza urtare la loro sensibilità e dunque peggiorare la situazione quando non non li rispettano?

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Dott.Mauro Grillini
3 ore fa, Giraluna ha scritto:

In che modo comunicare loro questa esigenza di spazi senza urtare la loro sensibilità e dunque peggiorare la situazione quando non non li rispettano?

Non intendevo questo..

intendevo dire che e’ bene sia il caregiver o la persona vicina in primis a trovare questa sana distanza

spesso con patologie croniche..nonostante il supporto pratico e medico..chi ha in carico un familiare con disturbo psichico non riesce mentalmente a staccare..vivendo il tutto con un eccesso di responsabilizzazione e di preoccupazione che se persistono rischiano di esaurire le nostre risorse...

da una posizione più favorevole per tutti e due può essere più facile comunicare in modo empatico e lasciare trasparire una buona vicinanza..

poi di solito il vissuto di una persona con depressione prevede più un ritiro relazionale che non un’insistenza e richiesta di vicinanza..cosa che mi fa pensare più a come aiutare il caregiver a gestire il prevedibile scoraggiamento a ciò dovuto..

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