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buon giorno a tutti


Cameronlochiel

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Makk
11 ore fa, senza nome ha scritto:

Franco sui generis, heidegger, invece, è una cosa ordinaria a 18 anni?

Ieri che hai fatto?

M'ha, niente, mi sono visto con una una, sono andato in piscina, poi ho riflettuto, grazie ad heidegger, di non essere altro che un progetto gettato in un mondo privo di qualsivoglia trascendenza, dato che esso non è altro che insieme complesso di strumenti e finalità al servizio dell'utile umano, che, però, in fondo, non conta assolutamente nulla, poiché solo la morte appartiene, nel senso più profondo, all'individuo.

Leggere Pasolini o "Essere e Tempo" sono due cose molto diverse, ma entrambe arricchiscono la tua coscienza in un modo infinitamente maggiore rispetto al Manuale di Franco.  E con questo non intendo certo affermare che Franco  sia un coglione, ma semplicemente il mio punto di vista è che un manuale come quello di Franco sia responsabilità del singolo leggerlo, ove ne senta la necessità; credo sia responsabilità del singolo disilludersi, c'è gente che vive nell'illusione per tutta la vita, a 25 anni si sposano e a 80 crepano insieme, a costoro il manuale di Franco sarebbe di poca necessità, in quanto diffonde un sapere segmentizzato al settore di riferimento, viceversa il sapere letterario, ancor più quello filosofico, è universale e tocca l'uomo in ogni ambito della sua vita, soprattutto in quello squisitamente intrinseco. Con questo ripeto, lungi da me dallo sminuire il lavoro di Franco, che ho letto (altrimenti non sarei qui ma nel forum zenoneplatone.com) e pure rispetto in quanto certo studioso e sapiente nella sua branca, anche se tuttavia non l'ho mai trovato più interessante degli interventi di Aivia o Human in pubblico, preferirei leggermi i secondi piuttosto che tutto il manuale di Franco, seppur molto diverso da questi, ma questo è già un altro discorso. Era piuttosto mio intento spiegare perchè, a mio giudizio, proporre un'opera di Heidegger a un diciottenne (leggasi al posto di Heidegger qualsiasi autore di altro grande egual spessore)  è assai meglio rispetto al Manuale di Franco soprattutto se il ragazzo non sente l'esigenza di leggere quest'ultimo. (Il discorso cambia se tuo figlio è appena entrato in one-itis, è distrutto e via seguendo).

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22 minuti fa, ^'V'^ ha scritto:

Io credo, per esperienze più che per informazioni, ed esperienze diverse possono farmi cambiare certamente idea, che vi sia una correlazione tra il mio aver smesso di fagocitare certa letteratura da seghe mentali e l'aver iniziato a chiavare. 

Credo vi sia questa correlazione perché le altre persone che vedevo farcirsi di quella roba, chiavavano solo se iscritti a filosofia ed invitati ad una festa di colleghe ubriache in casa e riuscivano a guadagnarsi il pane a stenti, facendo lavori umilissimi in cui spiegavano a gente cui non fregava niente qualche questione di semantica astratta.  

Aver riportato la metafisica nella filosofia sarà anche importante.Aver poi fatto parzialmente marcia indietro in seguito, anche.  

Ma se parliamo di un sistema bio psico sociale diciottenne che non ha esperienza di essere autonomo nel reperire risorse e cibo, che non ha esperienza ripetibile di potersi nutrire di sesso, che si affaccia al mondo reale, quello fisico, prima che meta-fisico...

Ecco, credo che gli distorca la coscienza, più che espandergliela o arricchirla. 

L'ente esistente, quel ragazzo, dovrebbe prima interrogarsi sul mondo, interessarsene, interrogarlo, fargli domande per mezzo di azioni (al mondo) e poi, una volta che ha esperienza, diretta, vera, allora un giorno gli verrà la curiosità di leggere cosa altri più grandi hanno trovato come risposte e come nuove domande. 

Perché spesso parliamo di libri scritti da gente che il mondo proprio non lo ha assaggiato che sui libri, che ha scritto libri costruendo astrattismi combinati che rendono impossibile anche a tavola insieme comunicare in modo netto, ove significante e significato coincidono... e altri hanno conosciuto il mondo da quei libri e da dietro una finestra poi da una cattedra, e hanno scritto infine quel libro pieno di costrutti mentali che adesso quel ragazzo ha in mano. 

Qual è secondo me il problema terribile in questo? 

E' che quando ad esempio io e Zema ci confrontiamo, notiamo che abbiamo dato un nome diverso allo stesso fenomeno, alla stessa situazione, ma che sappiamo benissimo di cosa parliamo. 

Lo stesso mi accadde anni or sono quando mi confrontai con Antonio di Onlyone, e conobbi la scuola russa che non conoscevo, avevamo gli stessi riferimenti reali, cui avevamo dato nomi diversi. 

Mi successe nella ricerca sul combattimento reale, non solo scoprii che un tizio nel 1979 aveva trovato nell'esperienza i miei stessi movimenti istintivi umani, ma in più essi furono gli stessi che aveva distillato un altro che conobbi più tardi. 

Come dire che in cima all'Everest puoi andare dal Tibet, dalla Cina, dall'India, ma sempre lì in cima arrivi. 

E invece... se parliamo di filosofia, ogni autore della storia ha tirato il mondo astratto in una direzione diversa. E poi diversa. 

E cercavano quella Sofia che non è dell'uomo, e non è del mondo. 

Ma non potevano mettersi d'accordo o capirsi, solo discutere e contraddirsi, perché non avevano alcuna esperienza reale di ciò che andavano vaneggiando. 

Beh, a parte Platone che ha le sue esperienze di viaggi nell'iperuranio. Beato lui. 

Ora... dopo 50 donne frequentate, secondo me, un uomo può prendere il manuale di filosofia sul pensiero femminile di un autore più o meno blasonato...e usare la sua esperienza come bisturi per de-cidere cosa lasciar passare e cosa no. 

Ma uno che ancora non ha chiesto al mondo chi esso sia, uno che ancora non ha provato a trovare da mangiare, che non ha fatto esperienza di auto efficacia, di relazioni... quando gli si mette in mano il libro di questo o quel filosofo... 

Lo si rincoglionisce un po'. 

Pensa se uno regalasse ad un figlio qualcosa di Kieerkegard.... dopo bisognerebbe concedergli la grazia come in Z Nation, perché non sarebbe più in grado di infilare un discorso sensato. 

E' solo una sensazione che ho avuto vedendo l'effetto su di me di libri e libri prima dell'esperienza reale per capirli davvero (ossia cancellarne il 90% del contenuto ed accenderci il fuoco), e mi viene la pelle d'oca se ripenso a quando stavo a spiegare cose a tipe affascinate invece di piantarci la minchia, e anche "dai frutti conoscerai l'albero" ricordando le varie persone che ho conosciuto che si intrippavano troppo giovani con certe letture di spessore astratto, e la loro vita sessuale e di sopravvivenza, capacità di provvedere a se stessi e di far funzionare le cose nel mondo fisico, prima che meta fisico. 

Per farla breve... secondo me leggere la filosofia del pilota di rally quando non si è mai saliti su una macchina e non si sa parcheggiare, è pericoloso. 

Non si hanno gli strumenti reali per tagliare le informazioni in modo critico, inoltre quando non hai ossigeno il senso della vita è respirare, quando non hai figa, lavoro o capacità di sopravvivere in autonomia, il senso della vita è quello, perché è quello che dà senso a tutta la tua esperienza di esistere. 

In quei frangenti, domandarsi il senso della vita e cercarlo nei voli pindarici di qualche famoso pensatore... nella mia esperienza è qualcosa che rema contro ogni proposito concreto, ma sono aperto ad esperienze diverse. 

 

Mi trovo su tutto

Quando a 16 anni leggevo Nietzsche ero scemo e nessuna mi succhiava il cazzo per quello

Quando invece ho iniziato a fare il pr in disco e a non leggere un cazzo per tanto tempo è andato tutto meglio

Stessa cosa con la musica, non so se qualcuno ascolta rap 

Ma per tirare su figa molto meglio ascoltarsi la Dark Polo o Gallagher che sono dei tossici rispetto a Murubutu che insegna filosofia alle superiori e infatti è una bomba, ma poi dopo che lo ascolti sei depresso e vaffanculo

Non ricordo se in pubblica o live, ma eri tu che mi avevi detto che sto tuo amico guardandosi a palla il video di Isla Tortuga gli si era riattivato il cervello dopo un periodo di down no?

Alla fine quello che faccio io e che farei con miei amici/figli è questo

Quando sono troppo esaltato, mi concedo qualcosa di riflessivo 

Quando invece sono triste o comunque ho bisogno di caricarmi, sicuro non leggo, e al massimo se leggo arrivo a Bukowski e bona, e ascolto cose ignoranti

Che poi alla fine è il contrario di quello che verrebbe spontaneo fare, e con me funziona bene

 

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Makk
19 minuti fa, ^'V'^ ha scritto:

Io credo, per esperienze più che per informazioni, ed esperienze diverse possono farmi cambiare certamente idea, che vi sia una correlazione tra il mio aver smesso di fagocitare certa letteratura da seghe mentali e l'aver iniziato a chiavare. 

Credo vi sia questa correlazione perché le altre persone che vedevo farcirsi di quella roba, chiavavano solo se iscritti a filosofia ed invitati ad una festa di colleghe ubriache in casa e riuscivano a guadagnarsi il pane a stenti, facendo lavori umilissimi in cui spiegavano a gente cui non fregava niente qualche questione di semantica astratta.  

Aver riportato la metafisica nella filosofia sarà anche importante.Aver poi fatto parzialmente marcia indietro in seguito, anche.  

Ma se parliamo di un sistema bio psico sociale diciottenne che non ha esperienza di essere autonomo nel reperire risorse e cibo, che non ha esperienza ripetibile di potersi nutrire di sesso, che si affaccia al mondo reale, quello fisico, prima che meta-fisico...

Ecco, credo che gli distorca la coscienza, più che espandergliela o arricchirla. 

L'ente esistente, quel ragazzo, dovrebbe prima interrogarsi sul mondo, interessarsene, interrogarlo, fargli domande per mezzo di azioni (al mondo) e poi, una volta che ha esperienza, diretta, vera, allora un giorno gli verrà la curiosità di leggere cosa altri più grandi hanno trovato come risposte e come nuove domande. 

Perché spesso parliamo di libri scritti da gente che il mondo proprio non lo ha assaggiato che sui libri, che ha scritto libri costruendo astrattismi combinati che rendono impossibile anche a tavola insieme comunicare in modo netto, ove significante e significato coincidono... e altri hanno conosciuto il mondo da quei libri e da dietro una finestra poi da una cattedra, e hanno scritto infine quel libro pieno di costrutti mentali che adesso quel ragazzo ha in mano. 

Qual è secondo me il problema terribile in questo? 

E' che quando ad esempio io e Zema ci confrontiamo, notiamo che abbiamo dato un nome diverso allo stesso fenomeno, alla stessa situazione, ma che sappiamo benissimo di cosa parliamo. 

Lo stesso mi accadde anni or sono quando mi confrontai con Antonio di Onlyone, e conobbi la scuola russa che non conoscevo, avevamo gli stessi riferimenti reali, cui avevamo dato nomi diversi. 

Mi successe nella ricerca sul combattimento reale, non solo scoprii che un tizio nel 1979 aveva trovato nell'esperienza i miei stessi movimenti istintivi umani, ma in più essi furono gli stessi che aveva distillato un altro che conobbi più tardi. 

Come dire che in cima all'Everest puoi andare dal Tibet, dalla Cina, dall'India, ma sempre lì in cima arrivi. 

E invece... se parliamo di filosofia, ogni autore della storia ha tirato il mondo astratto in una direzione diversa. E poi diversa. 

E cercavano quella Sofia che non è dell'uomo, e non è del mondo. 

Ma non potevano mettersi d'accordo o capirsi, solo discutere e contraddirsi, perché non avevano alcuna esperienza reale di ciò che andavano vaneggiando. 

Beh, a parte Platone che ha le sue esperienze di viaggi nell'iperuranio. Beato lui. 

Ora... dopo 50 donne frequentate, secondo me, un uomo può prendere il manuale di filosofia sul pensiero femminile di un autore più o meno blasonato...e usare la sua esperienza come bisturi per de-cidere cosa lasciar passare e cosa no. 

Ma uno che ancora non ha chiesto al mondo chi esso sia, uno che ancora non ha provato a trovare da mangiare, che non ha fatto esperienza di auto efficacia, di relazioni... quando gli si mette in mano il libro di questo o quel filosofo... 

Lo si rincoglionisce un po'. 

Pensa se uno regalasse ad un figlio qualcosa di Kieerkegard.... dopo bisognerebbe concedergli la grazia come in Z Nation, perché non sarebbe più in grado di infilare un discorso sensato. 

E' solo una sensazione che ho avuto vedendo l'effetto su di me di libri e libri prima dell'esperienza reale per capirli davvero (ossia cancellarne il 90% del contenuto ed accenderci il fuoco), e mi viene la pelle d'oca se ripenso a quando stavo a spiegare cose a tipe affascinate invece di piantarci la minchia, e anche "dai frutti conoscerai l'albero" ricordando le varie persone che ho conosciuto che si intrippavano troppo giovani con certe letture di spessore astratto, e la loro vita sessuale e di sopravvivenza, capacità di provvedere a se stessi e di far funzionare le cose nel mondo fisico, prima che meta fisico. 

Per farla breve... secondo me leggere la filosofia del pilota di rally quando non si è mai saliti su una macchina e non si sa parcheggiare, è pericoloso. 

Non si hanno gli strumenti reali per tagliare le informazioni in modo critico, inoltre quando non hai ossigeno il senso della vita è respirare, quando non hai figa, lavoro o capacità di sopravvivere in autonomia, il senso della vita è quello, perché è quello che dà senso a tutta la tua esperienza di esistere. 

In quei frangenti, domandarsi il senso della vita e cercarlo nei voli pindarici di qualche famoso pensatore... nella mia esperienza è qualcosa che rema contro ogni proposito concreto, ma sono aperto ad esperienze diverse. 

 

Ti dirò, ho 21 anni e da come credo si evince faccio Filosofia. Non posso certo paragonarmi a te in fatto di esperienze  Non ho iniziato a leggere testi classici o filosofici a 18 anni ma molto prima, è stata sempre la mia attitudine, una passione, come quella dello sport che pratico. Se mi trovo qui è perchè mi mancavano e mi mancano tutt'ora certe competenze e meccanismi. Non credo che la filosofia mi abbia mai precluso niente, certo non è stato semplice soprattutto dai 15 ai 17-18 anni, poi sono cresciuto le cose hanno iniziato a girare (difficile dire se per il verso giusto però hanno sicuramente iniziato a girare) e sicuramente nell'Università ho trovato la mia dimensione. Quindi ecco a 21 anni c'è chi ha scopato molto molto molto più di me, ma c'è anche chi lo ha fatto di meno, per ciò sotto questo aspetto non mi lamento, pur mantenendo la consapevolezza che si può e si deve far sempre meglio.

Una cosa però bisogna sfatarla, credo esista un'idea universale che veda il filosofo o il letterato come quello che se ne va in giro a rompere i coglioni agli altri con sistemi metafisi o con opere letterarie, ciò è un pregiudizio. Personalmente non parlo mai di filosofia con una ragazza (se non è della facoltà), a tavola,con gli amici o con qualsivoglia persona che so bene non ha minimamente interesse di sentire quelle che molti definirebbero astruse teorie. Credo che queste ultime tre righe siano uno snodo di risposta fondamentale, anche alla battuta di senza nome, ovvero leggere testi filosofici è diverso dall'andare in giro a raccontarli a destra e manca a gente a cui non frega un cazzo. Per il resto i motivi per cui farlo credo di averli precedentemente spiegati nella mia prima risposta.

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Waitforit
30 minuti fa, ^'V'^ ha scritto:

CUT

Ricordo quando per la prima volta ho avuto tra le mani “The Game”, di Neil Strauss.

L’ho sfogliato in libreria titubante, affascinato, combattuto.

Sentivo di averne bisogno, eppure quella non era una lettura “da me”. Mi sentivo sporco, sbagliato.

Vivevo in un collegio universitario, ero innamorato perso di una ragazza che avevo idealizzato e che il mio vicino di stanza - all’epoca mio migliore amico - si sbatteva rumorosamente ogni notte, mentre dal mio letto ascoltavo e piangevo.

La mia esperienza con il gentil sesso fino ad allora era stata esclusivamente una simil-scopata qualche anno prima, in una vacanza-studio, con una 5 della mia stessa comitiva, ubriaca fradicia. Mi sarei tenuto volentieri la verginità per qualche altro anno, quell’evento mi aveva solo devastato: avevo assaggiato qualcosa che non avevo la minima idea di come procurarmi, ho anche cercato di dimenticare la mia figura da cioccolataio... ma volevo di più, volevo sapere.

Il resto della mia vita sentimentale si basava su idealizzazioni e costanti friendzonature. 

Ma avevo quel libro in mano, in quel Maggio di tanti anni fa, e già la copertina sapeva turbarmi.

Non mi aspettavo la soluzione a tutti i miei problemi, ma dovevo sapere. Dovevo... capire.

Così lo comprai. Dissi in cassa che si trattava di un regalo e me lo feci impacchettare tutto, mi vergognavo che uno sconosciuto sui 50 pensasse che quel libro fosse per me (!!!!)

Lo lessi in due giorni.

Ed incredibilmente... i risultati arrivarono.

E’ il miglior libro della vita? Assolutamente no. Ma per una persona come me, principalmente riflessiva, poco propensa all’azione... avere una linea guida, per quanto inesatta e fallace, era ciò che serviva per spingermi all’azione. Per iniziare ad esplorare, se non altro.

La mappa non è il territorio... ma personalmente una mappa mi fa piacere averla, magari anche da correggere in corso d’opera con le mie esperienze. I miei manuali sono pieni zeppi di annotazioni ai lati, sottolineature, cancellature. 

Leggere la filosofia di un pilota di rally prima di prendere la patente magari non farà diventare un campione... ma può in alcuni casi essere una molla per compiere quel primo, minuscolo passo.

 

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^'V'^
1 ora fa, Makk ha scritto:

Ti dirò, ho 21 anni 

Cazzo scusa. 

Da come eri intervenuto sulla scelta di quel padre sul libro per il figlio 18 enne, avevo - senza fonte - riempito lo spazio bianco con l'idea che fossi anche tu in quella fascia d'età da papà. 

Se ti piace personalmente la filosofia, è una cosa che hai scelto da anni e stai dedicando la tua carriera universitaria e le tue idee sul futuro lavorativo a questo, lungi da me dirti che fai male!

Il problema nasce quando uno mette in mano ad un ragazzo che non è appassionato come te, un autore "seghe mentali", e - nella mia esperienza, aperto ad esperienze diverse - questo ragazzo finisce per diventare meno incisivo sul mondo reale, che è la cosa di cui ha più dannatamente bisogno a 18 anni. 

Se poi a 30 anni ha voglia e piacere di parlare con suo padre di filosofia contemporanea, di Heidegger, magari mentre giocano a scacchi... ma ben venga. 

Solo... non ci si dovrebbe mettere le scarpe prima dei calzetti. 

Almeno, nella mia esperienza. Quando ci ho dato un taglio con certe seghe mentali ho iniziato a guadagnarmi il pane e a scopare. 

Poi dopo, a 30 anni circa, ci sono tornato, con un'altra testa e un altro approccio. E ci sta.  

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^'V'^
1 ora fa, Waitforit ha scritto:

La mappa non è il territorio... ma personalmente una mappa mi fa piacere averla, magari anche da correggere in corso d’opera con le mie esperienze. I miei manuali sono pieni zeppi di annotazioni ai lati, sottolineature, cancellature. 

Leggere la filosofia di un pilota di rally prima di prendere la patente magari non farà diventare un campione... ma può in alcuni casi essere una molla per compiere quel primo, minuscolo passo.

Aspetta. 

The Game non è un testo di filosofia di un pilota rally, o seduttore, è un romanzo (sospensione dell'incredulità possibile) con cenni operativi manualistici. 

Così come saggio/manuale è il Franco. 

Quelle sono mappe. Poi il territorio sarà un po' diverso e ti farai le tue annotazioni ai lati della pagina. 

Certo, che ti fa piacere averle, le mappe e i manuali. 

Sarebbe ben diverso se tu per esempio, interessato alla seduzione, ti fossi avvicinato ad un pensiero sega mentale, filosofico, come Il Seduttore di Kierkegaard

Ti avrebbe rovinato. 

Non avresti avuto l'esperienza e le conoscenze per capire che quel tristo teologo cristiano stava proiettando la sua ombra, tutto ciò che avrebbe voluto essere ma non aveva il coraggio di vivere, in quel personaggio tormentato. 

Ti avrebbe creato sensi di colpa inutili, disfunzionali, ecc. 

E comunque parla di un tema che esiste, che puoi toccare per 50 euro e lo fa con uno stile romanzo, non saggio, per cui un po' ti puoi difendere perché stai leggendo una storia. 

Molto più insidioso sarebbe stato se lo stesso autore avesse scritto un saggio di filosofia sopra la figura tormentata e sbagliata del seduttore, trascinandoti nella sua logica. 

E non avendo esperienza delle sensazioni che andava descrivendo, e non avendo già un pensiero forte e formato sulla questione, dato che a quell'uccellaccio la logica e la dialettica non mancano, ti avrebbe probabilmente influenzato. 

A detrimento della tua efficacia, efficienza e felicità. 

E comunque, parliamo sempre di un argomento che poi, condizionato o meno, puoi riallineare con esperienze dirette. 

Ma se invece l'argomento del filosofeggiare è un meta argomento, un discorso sopra le categorie e le regole del discorso stesso... qualcosa che non potrai mai toccare, vivere, esperire, ma solo accettare o sconfiggere con la logica... cosa ti avrebbe fatto? 

A cosa ti sarebbe servito, per essere felice e sborrato, intripparti sulla comprensione dell'elaborazione del problema antico del senso dell'essere? 

Bada bene. 

Non a cosa ti sarebbe servito qualcuno che ti chiede, del senso dell'essere, forzandoti a pensare a qualcosa cui magari non avevi pensato. 

A cosa ti sarebbe servito farti trascinare nella logica di qualcuno circa la questione ontologica, se non a strapparti i piedi da terra prima ancora di aver messo radici. 

 

 

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senza nome
4 ore fa, Makk ha scritto:

Leggere Pasolini o "Essere e Tempo" sono due cose molto diverse, ma entrambe arricchiscono la tua coscienza in un modo infinitamente maggiore rispetto al Manuale di Franco.  E con questo non intendo certo affermare che Franco  sia un coglione, ma semplicemente il mio punto di vista è che un manuale come quello di Franco sia responsabilità del singolo leggerlo, ove ne senta la necessità; credo sia responsabilità del singolo disilludersi, c'è gente che vive nell'illusione per tutta la vita, a 25 anni si sposano e a 80 crepano insieme, a costoro il manuale di Franco sarebbe di poca necessità, in quanto diffonde un sapere segmentizzato al settore di riferimento, viceversa il sapere letterario, ancor più quello filosofico, è universale e tocca l'uomo in ogni ambito della sua vita, soprattutto in quello squisitamente intrinseco. Con questo ripeto, lungi da me dallo sminuire il lavoro di Franco, che ho letto (altrimenti non sarei qui ma nel forum zenoneplatone.com) e pure rispetto in quanto certo studioso e sapiente nella sua branca, anche se tuttavia non l'ho mai trovato più interessante degli interventi di Aivia o Human in pubblico, preferirei leggermi i secondi piuttosto che tutto il manuale di Franco, seppur molto diverso da questi, ma questo è già un altro discorso. Era piuttosto mio intento spiegare perchè, a mio giudizio, proporre un'opera di Heidegger a un diciottenne (leggasi al posto di Heidegger qualsiasi autore di altro grande egual spessore)  è assai meglio rispetto al Manuale di Franco soprattutto se il ragazzo non sente l'esigenza di leggere quest'ultimo. (Il discorso cambia se tuo figlio è appena entrato in one-itis, è distrutto e via seguendo).

Bello-utile non sono la legati: se ti piace ed è mirabile(per te) non è detto che sia utile nella vita, come appunto avviene in questo caso, eccetto se non vuoi essere un professore di quella materia(ed anche lì avrei da ridire).

Non parlare di un argomento non dice nulla su come quel argomento abbia cambiato le nostre sinapsi e di come, di conseguenza, siano mutati i nostri atteggiamenti e comportamenti a seguito della lettura, battute a parte.

Se proprio voi far leggere un filosofo ad un ragazzo, devi fornire a lui anche almeno una contro chiave valide: se alla "parabola" del buon selvaggio non accosti almeno un "the lord of the files"o un Hobbes, stai formando, attraverso tue credenze personali e non necessariamente "giuste", un'altra testa.

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Waitforit
1 ora fa, ^'V'^ ha scritto:

Aspetta. 

The Game non è un testo di filosofia di un pilota rally, o seduttore, è un romanzo (sospensione dell'incredulità possibile) con cenni operativi manualistici. 

Così come saggio/manuale è il Franco. 

Quelle sono mappe. Poi il territorio sarà un po' diverso e ti farai le tue annotazioni ai lati della pagina. 

Certo, che ti fa piacere averle, le mappe e i manuali. 

Sarebbe ben diverso se tu per esempio, interessato alla seduzione, ti fossi avvicinato ad un pensiero sega mentale, filosofico, come Il Seduttore di Kierkegaard

Ti avrebbe rovinato. 

Non avresti avuto l'esperienza e le conoscenze per capire che quel tristo teologo cristiano stava proiettando la sua ombra, tutto ciò che avrebbe voluto essere ma non aveva il coraggio di vivere, in quel personaggio tormentato. 

Ti avrebbe creato sensi di colpa inutili, disfunzionali, ecc. 

E comunque parla di un tema che esiste, che puoi toccare per 50 euro e lo fa con uno stile romanzo, non saggio, per cui un po' ti puoi difendere perché stai leggendo una storia. 

Molto più insidioso sarebbe stato se lo stesso autore avesse scritto un saggio di filosofia sopra la figura tormentata e sbagliata del seduttore. 

E non avendo esperienza delle sensazioni che andava descrivendo, e non avendo già un pensiero forte e formato sulla questione, dato che a quell'uccellaccio la logica e la dialettica non mancano, ti avrebbe probabilmente influenzato. 

A detrimento della tua efficacia, efficienza e felicità. 

E comunque, parliamo sempre di un argomento che poi, condizionato o meno, puoi riallineare con esperienze dirette. 

Ma se invece l'argomento del filosofeggiare è un meta argomento, un discorso sopra le categorie e le regole del discorso stesso... qualcosa che non potrai mai toccare, vivere, esperire, ma solo accettare o sconfiggere con la logica... cosa ti avrebbe fatto? 

A cosa ti sarebbe servito, per essere felice e sborrato, intripparti sulla comprensione dell'elaborazione del problema antico del senso dell'essere? 

Bada bene. 

Non a cosa ti sarebbe servito qualcuno che ti chiede, del senso dell'essere, forzandoti a pensare a qualcosa cui magari non avevi pensato. 

A cosa ti sarebbe servito farti trascinare nella logica di qualcuno circa la questione ontologica, se non a strapparti i piedi da terra prima ancora di aver messo radici. 

 

 

Sì, in quest’ottica condivido il tuo pensiero.

I sensi di colpa disfunzionali si formano quando ci si convince che la versione presentata dall’autore sia quella “giusta”, e ci si sente sbagliati ad andarci in conflitto, per esperienze personali. Non so se Kirkegaard mi avrebbe influenzato diversamente, se mi fosse capitato tra le mani al posto del libro di Strauss, ma proprio perché come dici si tratta di una materia facilmente sperimentabile sulla propria pelle... chissà, forse avrebbe avuto comunque il pregio di spingermi a provare. Ed eventualmente a cancellarne la maggior parte delle pagine.

E’ un mio grande difetto quello di dovermi documentare su qualsiasi cosa prima di agire. Ma a volte è proprio la documentazione, per quanto fallace e campata in aria, che mi infonde la determinazione necessaria per compiere il primo passo. Questo ragionamento ovviamente è applicabile a quei campi dove l’azione, la sperimentazione e le legne sui denti sono possibili. Testi sulla determinazione del sesso degli angeli o sul senso dell’essere sono esclusi dalle premesse.

Comunque sono un maiale, vedo un intervento figo di Aivia e arrivo a gamba tesa senza accorgermi che si tratta di un post di presentazione.

Chiedo venia, @Cameronlochiel. Benvenuto, e complimenti per la tua determinazione nel metterti costantemente in gioco.

Modificato da Waitforit
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AlessioC
1 ora fa, ^'V'^ ha scritto:

Cazzo scusa. 

Da come eri intervenuto sulla scelta di quel padre sul libro per il figlio 18 enne, avevo - senza fonte - riempito lo spazio bianco con l'idea che fossi anche tu in quella fascia d'età da papà. 

Occhio su questa cosa.

Ho visto tante volte su internet che le persone che nella mia percezione sono le più adulte e vissute - poi salta fuori che hanno 21 anni o anche diciotto. E viceversa.

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