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Coronavirus: qualche suggerimento


Dott.Mauro Grillini

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"E SE... ANCH'IO AVESSI IL CORONAVIRUS?" QUANDO IL TROPPO STROPPIA 

 

 

Quando parliamo di patologie mediche ci viene normale considerarne prevalentemente gli aspetti più fisici e immediati: dolori improvvisi, stanchezza particolare, giramenti di testa, temperatura corporea più elevata possono essere alcuni segnali che ci spingono ad accertarci personalmente, o tramite appositi esperti, del nostro effettivo stato di salute, permettendoci, qualora si evidenziasse una patologia, di mettere in campo determinati strumenti e atteggiamenti che facilitino il ritorno ad uno stato di salute.

 

 

 

Questi segnali, tuttavia, non sempre si legano a una effettiva compromissione del nostro stato fisico: uno stato di stanchezza e debolezza, ad esempio, potrebbe essere dovuto a cattive abitudini di vita, a carenza di sonno, così come un crampo o dolori muscolari diffusi potrebbero dipendere da eccessi o disabitudine nell'attività fisica.

 

 

Nonostante ciò, la nostra mente potrebbe in ogni caso leggerli come indice di una patologia in corso, spesso vissuta come qualcosa di non ben definito, sicuramente grave e invalidante. In questo modo la domanda che può sorgere è: "E se avessi la tal malattia?".

 

 

Tanto più questo dubbio cattura la nostra mente, tanto più possiamo essere tentati dallo scongiurare questa eventualità, cercando frequentemente rassicurazioni presso esperti e non, oppure misurandoci da noi i parametri diagnostici fondamentali, mettendo dunque in atto atteggiamenti di check corporeo, finalizzato a rassicurarci sulla nostra reale condizione di salute.

 

 

Non sempre questi check possono soddisfarci: un altro pensiero che potrebbe avvcinarsi a noi suonerebbe più o meno come un "vabè, per adesso non ce l'ho...ma....se poi mi viene?".

 

 

Inoltre, il rischio di confondere segnali naturali del corpo con sintomi patologici nasce anche da un'eccesso di attenzione rivolta dentro di noi. Tale attenzione rischia di amplificare, infatti,  i segnali che stiamo monitorando, facendoceli vivere come vaghi e di grande intensità, portandoci di conseguenza a rafforzare il timore di "avere qualcosa" nonostante ciò che il medico o il termometro possono affermare.

 

 

Si viene dunque a creare un circolo vizioso, nel quale la preoccupazione di malattia - dovuta alla lettura erronea dei segnali del corpo - e l'eccesso di attenzione rivolto dentro di noi, mantengono uno stato di disagio spesso resistente a elementi che sembrano "scagionarci".

 

 

Tutto questo, nel caso del virus Covid19,  rischia di proporsi fortemente: la sua natura, in principio spesso asintomatica o con sintomi vicini ad altre categorie diagnostiche, rende la lettura generale del nostro stato di salute più difficile, lasciando grossi spazi al montare di dubbi e preoccupazioni ("E se l'avessi davvero?!!").

 

 

Inoltre, il costante rimando dei media a notizie legate alla pandemia, o il sapere di casi di contagio nella nostra zona, ci può rendere difficile focalizzare l'attenzione anche su altro, e ciò rischia di contribuire a fomentare un eccesso di ansia e una chiave di lettura distorta del nostro corpo, mantenendoci nel circolo vizioso.

 

 

Come possiamo fare?

 

 

Di seguito espongo qualche piccola idea generale, legata ai meccanismi che ho esposto in precedenza:

 

 

- Consideriamo altre possibilità: se siamo di fronte a un caso sospetto, una cosa che può risultare utile è mettere tutte le carte sul tavolo. "A cos'altro può essere dovuto questo sintomo? Ho per caso corso troppo ieri sera per avere così male o sentirmi così stanco?". Più possibilità realistiche abbiamo di spiegarci cosa sta succedendo più è probabile che arriviamo a contenere la preoccupazione principale, dandole il giusto peso. 

 

 

- Usiamo la nostra attenzione in modo alternativo: non parlo semplicemente di "distrarsi", quanto piuttosto di provare a cogliere intorno a noi le cose che ci succedono. "C'è proprio un bel sole là fuori" "sento il cinguettio degli uccellini" "sento l'orologio che batte i suoi minuti", "sento la pressione dei mie piedi sul pavimento". Più ci ricolleghiamo al mondo esterno più è probabile che la nostra attenzione non venga risucchiata esclusivamente nel nostro corpo, contribuendo così a moderare la preoccupazione.

 

 

- Evitare di controllare troppo i nostri parametri: se può essere utile, di tanto in tanto, rilevare la temperatura del corpo, un eccesso di attenzione a queste misurazioni rischia di inchiodare la nostra attenzione all'interno del corpo, attivando i meccanismi prima evidenziati. Provate a stabilire un numero minimo di "controlli" e tenetelo costante nella giornata.

 

 

- Ridurre l'apporto di notizie su Covid19: come nel caso precedente, evitate di esporvi in eccesso a notizie su social, televisione ecc., in modo da limitare l'attenzione sulla minaccia e mantenere più "fresche" le nostre risorse psicofisiche.

 

 

 

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IMPORTANTE PRECISAZIONE: il post precedente NON vuole essere un'esortazione a minimizzare la protezione della propria salute fisica. Si consiglia di richiedere SEMPRE l'aiuto medico in casi sospetti e/o con sintomi conclamati. 

 

Le informazioni riportate riguardano consigli per gestire emotivamente situazioni di preoccupazione NONOSTANTE un eventuale esito negativo degli esami medico clinici, piuttosto che un aiuto al contenimento della preoccupazione in casi sospetti, limitandone la portata e mettendoci nelle condizioni di proteggerci meglio, favorendo eventualmente un'individuazione precoce di sintomi realistici.

 

BIBLIOGRAFIA:

 

https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019

 

Hartmann, A.S., Cordes, M., Hirschfeld, G., Vocks, S. (2019). Affect and worry during a checking episode. A comparison of individuals with symptoms of obsessive compulsive disorder, anorexia nervosa, bulimia nervosa, body dysmorphic disorder, illness anxiety disorder, and panic disorder. Psychiatry Research, 272, 349-358

 

Papageorgiu, C., Wells, A. (1998). Effects of attention training on hypocondriasis. A brief case series. Psychological Medicine, 28(1), 193-200.

 

Wells, A. (2012). Terapia Metacognitiva dei disturbi d'ansia e della depressione. Firenze: Eclipsi

 

 

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ISOLAMENTO: CARCERE O POSSIBILITA'?

 

 

Il fatto di essere costretti a rimanere a casa non è, per una specie ad organizzazione sociale come la nostra, una situazione esattamente semplice.

 

 

La mancata possibilità di interagire faccia a faccia e di avere contatto fisico diretto con le altre persone costituisce un'importante deprivazione, che può portare con sè una certa quota di disagio: possiamo sentirci assaliti da grande frustrazione, rabbia, e vivere tutto ciò con un sottofondo di impotenza e di amara rassegnazione allo sconvolgimento delle nostre abitudini di vita.

 

 

Se condividiamo l'abitazione con qualcuno, la frustrazione e la preoccupazione ricorrenti rischiano di creare un terreno che faciliti l'innesco di conflitti: possiamo diventare più irritabili, spesso con il proposito nascosto di sfogare la tensione in eccesso, oppure questa tensione può favorire il riemergere di esperienze conflittuali passate non del tutto elaborate o accantonate a data da destinarsi, rischiando così di aumentare il malessere e rendere nei fatti più ostica la convivenza.

 

 

Inoltre, in alcuni casi, questa situazione costringe a "guardare dentro sè stessi": progetti di vita bruscamente interrotti, nodi emotivi che "vengono al pettine" spinti dalla tensione generale, possono monopolizzare la nostra giornata con il rischio di peggiorare il nostro stato emotivo.

 

 

Anche queste sfaccettature possono essere limitate e controllate con alcuni piccoli accorgimenti:

 

 

-  Mantenere contatti sociali con persone importanti a distanza: questa abitudine, favorita dalla tecnologia, ci può aiutare, almeno in parte, a compensare l'assenza fisica di persone care, e a conservare scambi affettivi che possono avere un grande beneficio sul nostro umore. In questo senso, può essere importante farsi domande del tipo "come mi sono sentito a parlare con lui/lei?" "di cosa abbiamo parlato prevalentemente?" "ho la sensazione che lui/lei mi ascoltava davvero?". Ci consentiamo in questo modo di individuare le persone che sentiamo più vicine e che possono diventare una valida fonte di supporto emotivo.

 

 

- Stabilire dei momenti da dedicare a noi stessi: questo sia se abitiamo da soli che se abitiamo in coppia o in famiglia. Coltivare spazi di autonomia, che possiamo dedicare alla cura di noi stessi, al riposo, allo svago, alla ricerca di nuovi progetti che ci diano la carica ci aiuta nell'interrompere la forzata routine giornaliera e ci permette di focalizzarci su quello che siamo e su quello che è davvero importante per noi. Una domanda da farci può essere: "In che momento della giornata mi posso dedicare a XYZ?" "Come mi fa stare occuparmi di XYZ?" "Come ci possiamo organizzare se abito in comune con altri?".

 

 

- Riscoprire noi stessi: questo periodo di "carcere duro" può diventare paradossalmente una bella opportunità per fare i conti con chi siamo e con le cose per noi davvero importanti. Oltre a riflettere su cosa ci fa stare bene con noi stessi e con gli altri, può essere utile approfondire la natura di eventuali disagi che sentiamo perdurare nel tempo: se è vero che in parte dipendono dagli elementi sollecitati da tutta queste situazione, altre volte lo stato di frustrazione generale può far emergere con più facilità vissuti dolorosi e problematici che precedentemente non abbiamo considerato a sufficienza. In questi casi, il ricorso a un professionista qualificato può rivelarsi utile per iniziare a sciogliere questi nodi.

 

 

- Aiutare gli altri: contribuire al benessere di un altro individuo per il piacere di farlo ci aiuta a stare meglio anzitutto con noi stessi. Oltre al sentimento di gratitudine e di piacere personale, infatti, ci pone in una prospettiva attiva e ci spinge a compiere azioni che riducono quel senso di "non posso fare nulla" che rischia di lasciarci in balia della situazione. Proviamo a pensare "c'è qualcuno che voglio aiutare?" "in che modo posso farlo?" "cosa provo nel farlo?" "che effetto ha fatto il mio aiuto?".

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Keith, P.M., Braito, R., Breci, M. (1990). Rethinking isolation among the married and the unmarried. The American Journal of Orthopsychiatry, 60(2), 289-297.

 

Lozada, M., D’Adamo, P., Fuentes, M.A. (2011). Beneficial effects of human altruism. Journal of Theoretical Biology, 289, 12-6.

 

Prokhvatilov, A. (1992). Human social activity under conditions of relative social isolation. Aviakosmcheskaia i ekologicheskaia meditsina, 26 (5-6), 10-4.

 

Rook, K.S. (1987). Social support vs companionship: effects on life stress, loneliness and evaluations by others. Journal of Personality and Social Psychology, 52(6), 1132-1147.

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E COL LAVORO...COME FARO'?!!! SCRIVERE OGGI.. IL NOSTRO DOMANI

 

 

La compromissione delle nostre abitudini di vita in questo periodo tocca una delle aree più importanti della nostra esistenza: il lavoro.

 

 

Avere e mantenere un impiego, qualunque esso sia, porta infatti con sè tutta una serie di aspetti legati non solo al reddito che generiamo mese dopo mese, ma anche di soddisfazione personale, di senso di integrazione con la nostra comunità, ci sentiamo rivestiti di un ruolo che occupa buona parte della nostra giornata e con il quale possiamo venire più o meno etichettati, e a nostra volta possiamo farne un cardine della nostra identità personale.

 

 

Questi elementi, ugualmente importanti, rischiano di venire travolti e profondamente ridimensionati, almeno sul piano delle aspettative future: potremmo sorprenderci a chiederci cose come "quando tutto sarà finito tornerà tutto come prima?" "sarò lasciato a casa dalla mia azienda?" "i miei clienti mi contatteranno ancora?" "e se...perdessi il lavoro? come farò? cosa penserà la gente?"

 

 

Tutti questi interrogativi si possono accompagnare a vissuti marcatamente ansiosi, a loro volta resi più pesanti da un senso di sostanziale impotenza e non possibilità di muoversi in modo pieno. Ci possiamo sentire bloccati, nell'attesa di un futuro che non sappiamo che faccia possa avere e che nel dubbio la nostra mente tende a tingere di colori cupi e spaventosi.

 

 

Se gli effetti obiettivi di questo momento di crisi, attualmente di difficile previsione, non possono essere ignorati, può diventare importante il provare ad uscire da quel gorgo di preoccupazioni che, miste ad una generale difficoltà di azione in questo momento specifico, possono farci sentire spaesati e impedirci di ragionare con efficacia, pianificando eventualmente per tempo azioni future.

 

 

Cosa possiamo fare dunque?

 

 

Un po' di fantasia può venirci in soccorso: immagina di avere la famosa "bacchetta magica" e di poter dipingere con questa il tuo avvenire. Come te lo immagini?

 

 

E se dovessi risponderti: "Uno schifo"...che cosa cambieresti?  Come ti piacerebbe che vada diversamente? Cosa vuoi per te stesso? 

 

 

Questo passaggio, specie se svolto in modo specifico e in linea con le nostre attitudini ci aiuta a riprendere, almeno mentalmente, una certa sensazione di controllo sulla situazione, data da un riquadro mentale più definito e da scenari più vividi ed evocabili mentalmente.

 

 

Sviluppare aspettative positive, realistiche e personalizzate ci aiuta inoltre ad attivare il cosiddetto "Effetto Pigmalione", secondo il quale se crediamo vividamente in una cosa siamo maggiormente portati a mettere in campo quelle risorse - motivazione, perseveranza, azione ecc. - che servono affinchè ciò che abbiamo pensato si realizzi davvero.

 

 

Si tratta dunque di scrivere oggi...il nostro domani.

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Rosenthal, R., Jacobson, L. (1992). Pygmalion in the Classroom, Expanded Edition. New York: Irvington.

 

Sassaroli, S., Ruggiero, G.M. (2013). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Milano: Cortina Editore.

 

https://www.stateofmind.it/2011/12/bacchetta-magica/

 

 

 

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GESTIONE DELLA LIBIDO: LA DIPENDENZA SESSUALE

 

 

Parlare di sessualità, nonostante ci si trovi in un forum che tratta esplicitamente di seduzione e di sesso come argomenti principali, spesso può non essere semplice: se guardiamo la totalità dell'esperienza, dobbiamo considerarne non solo l'aspetto legato al piacere fisico e biologico, ma anche quella serie di sfaccettature emotive, relazionali, e sociali che inevitabilmente vi si mischiano.  Inoltre, il ruolo della morale personale può influire notevolmente nel dare un valore del tutto personale a questa esperienza.

 

 

Parlare di disfunzionalità sessuale rischia di essere ancora più complicato: problemi in questa sfera di vita infatti possono significare molto sul piano della stima di sè, della propria percezione rispetto al genere di appartenenza e innescare ben più che comprensibili sensazioni di vergogna o di colpa.

 

 

In considerazione di tutto ciò, e nel rispetto delle sensibilità di ognuno, le informazioni qui illustrate avranno semplice scopo conoscitivo e informativo, invitando, in caso di necessità o di presa di coscienza di eventuali disfunzioni, a rivolgersi a professionisti qualificati per una loro più serena e anonima trattazione.

 

 

Per "Dipendenza Sessuale" si fa riferimento a una serie di idee e fantasie legate al sesso che si manifestano in modo eccessivamente intenso, ripetitivo e disturbante, accompagnate spesso da atteggiamenti di ricerca meccanica di rapporti sessuali o sostituti di questi (masturbazione ricorrente, uso ricorrente di pornografia ecc.).

 

 

Si tratta di una condizione spesso difficile da individuare: al di là di comprensibili imbarazzi che possono scoraggiare la ricerca di aiuto, la stessa comunità scientifica ha problemi ad inquadrarla con precisione e a distinguerla sia da altre forme patologiche che da condizioni sane di alta libido personale.

 

 

In ogni caso, si tratta di una problematica in grado di condizionare fortemente la libertà personale e una buona qualità di vita, tanto più quanto tali atteggiamenti, idee e fantasie, espresse in modo ossessivamente ripetitivo, invadono e monopolizzano la quotidianità, ostacolando la creazione di più valide e piacevoli relazioni sessuali e sentimentali.

 

 

Tale problematica rischia di emergere in modo significativo nel corso di questo periodo di isolamento forzato: secondo alcuni autori, infatti, ideazioni, atteggiamenti e comportamenti ripetitivi legati al sesso possono essere finalizzati a dare una sorta di “scudo” emotivo di fronte ad altre emozioni “difficili” quali la noia, l’ansia o la rabbia: la sessualità, in questi casi, verrebbe esasperata con il proposito semi-consapevole di tenere a bada tali carichi emozionali, sganciandosi dunque da una ricerca di intimità e di piacere “pure”.

Ancora una volta, fermo restando il consiglio di rivolgersi a un adeguato professionista per consulenze personalizzate e mirate – o in caso di sintomatologie di eccessiva entità –  può essere importante provare a coltivare una consapevolezza di base di come funzioniamo di fronte a particolari momenti e vissuti.

 

 

Uno strumento che può aiutare in questo senso è l’analisi ABC delle situazioni problematiche:

 

 

Esempio:

 

 

SITUAZIONE

EMOZIONE

PENSIERO

AZIONE

ESITO

Sono a casa da solo per la quarantena

Ansia/Rabbia/Noia

Fantasie sessuali ossessive e ripetitive

Impulso ripetuto a masturbarmi

Mi sento più carico/stanco/dispiaciuto ecc.

 

 

Riuscire a individuare il pattern mentale che innesca i pensieri e i comportamenti problematici può favorire sia un temporaneo distacco dall’automatismo in corso, che la presa in considerazione di strategie alternative per gestire le emozioni negative (chiamo un amico e mi confido con lui, lavoro al pc, leggo quel libro che è da un po’ che ho tralasciato ecc.).

 

 

L’obiettivo è quello di ritrovare una sensazione di controllo e di libertà che ci permetta di gestire diversamente le emozioni problematiche e rilanci una migliore qualità di vita.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Cantelmi, T., Lambiase, E. (2015). Schiavi del sesso. Sesso patologico, eccessi, dipendenza e technosex. Roma: Alpes Italia.

 

Fuss, J., Briken, P., Stein, D.J., Lochner, C. (2019). Compulsive sexual behavior disorder in obsessive compulsive disorder: prevalence and associated comorbidity. Journal of Behavioral Addictions, 8(2), 242-248.

 

Karila, L., Wery, A., Weinstein, A., Cottencin, O., Petit, A., Reynaud, M., Billieux, J. (2014). Sexual addiction or hypersexual disorder: different terms for the same problem?A review of the literature. Current Pharmaceutical Design, 20(25), 4012-4020.

 

Sassaroli, S., Ruggiero, G.M. (2013). Il colloquio in psicoterapia cognitiva. Milano: Raffaello Cortina.

 

 

 

 

 

 

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Dott.Mauro Grillini
Il 16/3/2020 alle 23:44 , Dott.Mauro Grillini ha scritto:

PUGNI E CAREZZE: le strategie di coping

 

Con il termine "strategie di coping" facciamo riferimento a tutte quelle modalità con le quali le persone si apprestano a gestire eventi stressanti nella vita, con lo scopo di superarli o di adattarsi ad essi.

 

 

In linea di massima è possibile dividere queste modalità in due grossi filoni: strategie centrate sul problema e strategie centrate sull'emozione: le prime riguardano prevalentemente la messa in pratica di azioni volte a modificare la situazione disturbante (ad esempio, il ricercare informazioni accurate sull'evento da affrontare), mentre le seconde fanno leva sulla regolazione del nostro stato interno (ad esempio ricercare qualcuno con cui parlare e condividere il nostro disagio).

 

 

Entrambi i tipi comportano la pianificazione e l'esecuzione di azioni attive e dirette da parte della persona, guidate rispettivamente dallo scopo di "scazzottare" la minaccia e di crearsi un buon adattamento ad essa, evitando prolungate e logoranti reazioni emotive.

 

 

Vi sono inoltre strategie che puntano all'evitamento della minaccia stessa (ad esempio distogliere l'attenzione dalla situazione in corso per dedicare le proprie risorse ad altre attività).

 

 

Una domanda che può sorgere a questo punto è: qual è la strategia migliore?

 

 

Beh...in senso assoluto....NESSUNA.

 

 

Ciascuna strategia infatti può essere utile o inutile, o più o meno facilmente attivabile, a seconda tanto della persona che la mette in atto - e soprattutto della sua particolare percezione globale della minaccia e di sè stesso in rapporto alla minaccia - quanto a seconda dell'ambiente e del contesto in cui tale minaccia si manifesta: non sempre, ad esempio, ci si può facilmente allontanare o fare finta di niente quando una situazione come quella che attualmente stiamo vivendo ha di fatto contaminato la nostra realtà quotidiana; similmente, non sempre possiamo trovare persone con cui comunicare agevolmente i nostri sentimenti, e talvolta non siamo in grado di agire in maniera sufficientemente incisiva e annullare da soli la situazione.

 

 

Inoltre, una strategie può essere efficace per un certo periodo di tempo, per poi progressivamente scadere e diventare deleteria: ignorare una minaccia reale e imminente, se nel breve periodo ci può far risparmiare preziose energie, si trasforma in una pesante zavorra quando siamo nel bel mezzo della battaglia, rischiando anche di farci sentire meno pronti e più vulnerabili; un eccesso di richiesta di rassicurazione può portare a tensioni e conflitti con le altre persone, aumentando il carico ansiogeno globale; ripetute azioni che si rivelano inefficaci ci possono lasciare con un senso di rassegnazione e nuovamente di vulnerabilità nel momento del massimo bisogno.

 

 

Dunque...che fare?

 

 

Uno degli elementi che può aiutare maggiormente consiste nello sviluppo o nell'attivazione simultanea del maggior numero possibile delle strategie dei 3 gruppi generali: in altre parole, più frecce abbiamo al nostro arco, più facilmente riusciremo a sentirci in grado di fare qualcosa o ad astenerci a compiere azioni inutili che ci danneggino o ci logorino nel lungo periodo.

 

 

Avere più strategie attive a disposizione ci permette di percepire più facilmente un certo livello di controllo sull'ambiente e soprattutto su noi stessi,che ci aiuta a ridurre il senso di incertezza e di impotenza spesso legato a eccessi di esperienze ansiogene. 

 

 

Inoltre, risulta particolarmente utile giudicare il buon funzionamento delle strategie selezionate e applicate ascoltandone attentamente il feedback: come ci sentiamo dopo aver applicato per un po' questi suggerimenti? La nostra ansia è aumentata, è stabile o è diminuita?

 

 

Di seguito condivido una breve carrellata di esempi di strategie appartenenti ai vari gruppi, per offrire una gamma di opzioni che possiamo prendere in considerazione (se ne trovate altre aggiungete pure, può essere di spunto per tutti):

 

 

- Coping centrato sulle AZIONI:

 

Reperire informazioni affidabili sull'evento da affrontare

Pianificare passi concreti per gestire la quotidianità e attuarli gradualmente

Ricerca attiva di soluzioni per evitare il propagarsi del contagio e applicarle gradualmente

 

 

- Coping centrato sulle EMOZIONI:

Scegliere persone con cui condividere il proprio stato emotivo

Osservare e dare un nome al proprio stato emotivo interno

Dare un senso all'evento in modo personalizzato e positivo (es. sfida stimolante, occasione per conoscersi meglio e/o evolversi)

Ironizzare per sdrammatizzare la situazione

 

 

-Coping centrato sull' EVITAMENTO:

 

Dedicarsi ad attività ludico-ricreative che ci distraggano

Limitare la quantità di notizie dai telegiornali o dai social network

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

Lazarus, R.S. (1991). Emotion and adaptation. New York: Oxford University Press.

 

Sica, C., Novara, C., Dorz, S., & Sanavio, E. (1997a). Coping Orientations to Problems Experienced: traduzione e adattamento italiano. Bollettino di Psicologia Applicata, 223, 25-34.

 

 

 

Di seguito una breve espansione sui livelli di controllo citati nel post

 

 

QUARANTENA: L’OCCASIONE MIGLIORE PER “SCOPRIRE IL NOSTRO POTERE”

 

 

 

Questo potrà sembrare un post provocatorio e qualcuno potrebbe addirittura offendersi a leggere il titolo:

 

“Dottore, ma che xxxxxxx sta dicendo?”

 

“Dottore…ma ha visto che razza di situazione c’è là fuori? Le pare il momento di dire ste cose?”

 

“Questa è tutta filosofia…ma nel pratico funziona diversamente!!!”

 

 

Comprendo pienamente reazioni di questo tipo, figlie di una crescente frustrazione e nervosismo…ma anche…di un approccio al problema…reale…concreto…esistente…che può non essere dei più efficaci.

 

 

Intendo dire che…le difficoltà….economiche, relazionali, emotive legate a questa situazione ci sono e mettono ciascuno di noi a dura prova.

Però…c’è un elemento che spesso ci viene da trascurare.

 

 

Un elemento su cui forse siamo meno abituati a porre l’attenzione, la cui importanza tuttavia può rivelarsi decisiva PROPRIO in un momento di forte crisi generale come questo.

 

 

COME SCELGO DI GESTIRE LA SITUAZIONE?

 

 

“Ma che vuol dire, Dottore?!! Mica possiamo scegliere se ammalarci o meno?!!”

 

 

In senso stretto…questa cosa è vera.

 

 

Infatti…quando parlo di SCELTA non mi riferisco tanto a improbabili influenze dirette su un problema di così ampia portata…quanto sulla nostra capacità di REAGIRE ATTIVAMENTE e fare il meglio che possiamo sia per scongiurare il più possibile la minaccia e/o per mantenere un buon equilibrio emotivo e relazionale nel pieno della tempesta.

 

Diversamente, un approccio di carattere passivo e dominato dall’idea del “non posso fare nulla, sono completamente indifeso” rischia di spingerci in una posizione dove ci sentiamo in balia degli eventi, facendo da “cassa di risonanza” al malessere oggettivo che proviamo di fronte al fantasma Covid-19.

 

Questa “cassa di risonanza” rischia, nel lungo periodo, di portarci fuori dal nostro equilibrio quotidiano, oppure minare, in modo più o meno incisivo, equilibri psicologici già precari precedentemente.

 

 

Rischio, tra l’altro, ben documentato nella letteratura scientifica:

 

https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)30460-8/fulltext

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3323345/

 

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23584534/

 

 

“Eh ma Dottore…mi sembra strana come cosa…”

 

 

Si immagino…di fronte a queste circostanze è normale sentirsi impotenti e di subire gli eventi senza poterci fare nulla…il fatto è che questa CONVINZIONE, con tutta probabilità contribuisce a farci sentire ancora più impreparati e vulnerabili, con il rischio di peggiorare il nostro stato d’animo e la qualità della nostra vita, già provata dalla situazione di quarantena.

 

 

Ripropongo, in proposito, quella domanda:

 

 

COME SCELGO DI GESTIRE LA SITUAZIONE?

 

 

 

Proviamo…anche per gioco…a rispondere.

 

 

Buone alternative sono anche:

 

 

COSA POSSO FARE PER TENERE A BADA L’EMOTIVITA’?

 

COSA POSSO FARE PER PROTEGGERMI MEGLIO DAL RISCHIO CONTAGIO?

 

COME POSSO TENERE BUONA RELAZIONI NONOSTANTE LE DIFFICOLTA’ DI MOVIMENTO?

 

 

 

Coltivare questo potere di scelta sulla reazione più efficace da mettere in campo aiuta a sentirci meno “vittime delle circostanze”, limitando le fonti di disagio e consentendoci di resistere meglio a quest’avversità…potendo essere…perché no…un interessante modello per le nostre difficoltà quotidiane…

 

 

Buona coltivazione!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Dott.Mauro Grillini
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"NON AVVICINARTI APPESTATO!!!" IL RUOLO DELLO STIGMA SOCIALE NELLA PANDEMIA

 

 

Cosa succederebbe se sospettassimo che una persona a noi vicina possa potenzialmente aver contratto Covid-19?

 

 

Quali possono essere le nostre reazioni di fronte alla notizia certa di un contagio che riguarda la nostra cerchia di conoscenti o di familiari?

 

 

E ancora...come ci potremmo sentire se fossimo NOI i bersagli questi sospetti e reazioni?

 

 

In situazioni di paura diffusa può emergere il problema dello stigma sociale, ovvero di quella serie di stereotipi e pregiudizi verso certe categorie di persone, spesso di carattere negativo e svalutante, che si può accompagnare ad atteggiamenti di attivo rifiuto, esclusione o manifesta ostilità nei confronti di tali individui.

 

 

La persona affetta da Covid-19 - o semplicemente sospettata di esserlo - può diventare dunque oggetto di diffidenza, di paura, e rischia, più o meno direttamente, di vedersi negata un'adeguata vicinanza e un tempestivo supporto umano e relazionale proprio nel momento del massimo bisogno.

 

 

Ignorare queste esigenze - fermo restando il rispetto della quarantena obbligatoria in caso di positività al virus - rischia di lasciare la persona in balia della situazione, peggiorando ulteriormente il suo stato di isolamento oggettivo e l'emotività negativa associata al contagio. 

 

 

Oltre alle influenze esterne, la persona potrebbe sviluppare  pregiudizi su sé stesso e sulla propria condizione, con atteggiamenti di marcata auto-critica interna e tendenza spontanea all’evitamento sociale:

 

 

“Che stupido sono stato a FARMI contagiare!!!”

 

 

“Cosa penseranno gli altri se sapessero/pensano che sono contagiato?!!”

 

 

Tutto questo può portare a sostanziale diffidenza nei confronti di una tempestiva richiesta di aiuto, ritardando quindi possibili interventi medici.

 

 

Riconoscere in noi e negli altri queste dinamiche rappresenta il primo passo da compiere per ridimensionarne la portata: spesso infatti ci troviamo a viverle “da dentro”…nella nostra testa…in modo automatico e pre-riflessivo.

 

 

In questo modo siamo come “telecomandati”, mentre è indispensabile osservarsi e notare che effetto ci fanno certi messaggi e cosa muovono dentro e fuori di noi; spesso il ripeterci costantemente frasi negative che ci portano a vivere un eccesso di colpa e vergogna verso gli altri sono un buon campanello d’allarme.

 

 

Possiamo inoltre provare, una volta riconosciuti, a sostituire questi messaggi con atteggiamenti più concilianti nei confronti di noi stessi:

 

 

“Questa è UNA COSA CHE MI E’ CAPITATA…brutta ma non dice nulla su di me!!”

 

 

“Ci sono persone a cui mi posso rivolgere in condizioni di sicurezza per ricevere aiuto e comprensione”

 

 

Un linguaggio empatico e una maggiore accettazione di quanto è avvenuto o rischia di avvenire può contribuire a distenderci e a permetterci di ricercare valide fonti di supporto che sappiano accoglierci e starci vicino in modo soddisfacente.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:

 

 

Kular, A., Perry, B.I., Brown, L., Gajwani, R., Jasini, R., Islam, Z., Birchwood, M., Singh, S.P. (2019). Stigma and access to carein first episode psycosis. Early Intervention in Psychiatry, 13(5), 1208-1213.

 

 

Turan, B., Budhwani, H., Fazeli, P.L., Browning, W.R., Raper, J.L., Mugavero, M.J., Turan, J.M. (2017). How does stigma affect people living with HIV? The mediating roles of internalized and anticipated HIV Stigma in the effects of perceived community stigma on health and psychosocial outcomes. AIDS and Behavior, 21(1), 283-291.

 

 

https://www.stateofmind.it/2012/10/stigma-definizione-psicopedia/

 

 

http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4149

 

 

 

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  • 3 settimane dopo...
Dott.Mauro Grillini

#GESTIONE FASE 2 : IL POTERE DELLA GRATITUDINE

 

 

Siamo ormai in piena Fase 2 della gestione emergenziale di questa pandemia.

 

 

Accanto al lento e graduale recupero di alcune nostre libertà di movimento e di relazione, spesso ci siamo trovati a vivere una rinnovata frustrazione per una mancata totale liberazione – che per certi versi più o meno illusoriamente speravamo dal 4 Maggio in avanti – e per il perdurare di sostanziali preoccupazioni economiche e cliniche.

 

 

Incertezza sul nostro futuro, polemiche, più o meno fondate, sbandierate ai quattro venti sui social, e il mai cessato obbligo di mantenere distanze interpersonali significative per lungo tempo possono continuare a incidere non poco sulla qualità del nostro stile di vita e del rapporto con gli altri.

 

 

“Perché parlare, dunque, di gratitudine?”

 

 

“Di cosa esattamente dovremmo essere grati, Dottore?”

 

 

Ci riferiamo, con il termine gratitudine, a una disposizione d’animo di affetto e di ringraziamento nei confronti di qualcuno o qualcosa che sentiamo averci dato un beneficio o che ci abbia fatto o ci faccia vivere esperienze di soddisfazione e di felicità.

 

 

Secondo alcuni studi, un atteggiamento di genuino ringraziamento per qualcosa gioca un ruolo importante nel moderare i livelli del tono dell’umore deflesso e appare avere inoltre ricadute positive sui ritmi del sonno: elementi che risultano spesso compromessi o alterati in situazioni di limitata libertà personale.

 

 

Appare inoltre un elemento importante per favorire la stabilità e il mantenimento di relazioni affettive durature in presenza di problematiche emotive e/o finanziarie, elementi che in situazioni di crisi come quella attuale rischiano di venire esasperati.

 

 

Per il nostro stesso benessere interiore e relazionale può dunque diventare importante imparare (o re-imparare) a sviluppare autenticamente in noi un atteggiamento di questo tipo.

 

 

“Si d’accordo…ma come?”

 

 

Una delle cose che trovo più utili inizialmente è notare la presenza di questi benefici: la cosa può non essere immediata, specie sotto stress, ma generalmente anche in momenti particolarmente neri possiamo arrivare a cogliere alcune cose che in precedenza potevamo dare per scontate e che proprio perché compromesse oggi ne riconosciamo un valore pieno.

 

 

Potremmo, ad esempio, realizzare come il riprendere a passeggiare all’aria aperta, la possibilità di incontrare i propri congiunti ecc. abbia in questo momento un sapore di freschezza e di rinnovato piacere, che proprio questa situazione ci permette di assaporare pienamente…

 

 

Per dispiegarne a pieno il potere, può essere molto utile condividere il sentimento di gratitudine: comunicare, nella forma che preferiamo, il valore che questi elementi hanno o hanno guadagnato per noi, ci aiuta a diffondere un senso di benessere e di vederlo più agevolmente negli occhi degli altri, creando cicli virtuosi di stimolazione emotiva positiva.

 

 

“Chi/cosa potrei ringraziare in questo momento per tutto quello che ho/ho ricevuto?”  

 

 

 BIBLIOGRAFIA:

 

 

https://www.stateofmind.it/2020/05/fase2-fine-lockdown/

 

 

https://www.stateofmind.it/2015/06/gratitudine-salute-mentale-fisica/

 

 

https://www.stateofmind.it/2015/11/importanza-dire-grazie/

 

 

 

 

 

 

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33 minuti fa, Dott.Mauro Grillini ha scritto:

#GESTIONE FASE 2 : IL POTERE DELLA GRATITUDINE

 

 

Siamo ormai in piena Fase 2 della gestione emergenziale di questa pandemia.

 

 

Accanto al lento e graduale recupero di alcune nostre libertà di movimento e di relazione, spesso ci siamo trovati a vivere una rinnovata frustrazione per una mancata totale liberazione – che per certi versi più o meno illusoriamente speravamo dal 4 Maggio in avanti – e per il perdurare di sostanziali preoccupazioni economiche e cliniche.

 

 

Incertezza sul nostro futuro, polemiche, più o meno fondate, sbandierate ai quattro venti sui social, e il mai cessato obbligo di mantenere distanze interpersonali significative per lungo tempo possono continuare a incidere non poco sulla qualità del nostro stile di vita e del rapporto con gli altri.

 

 

“Perché parlare, dunque, di gratitudine?”

 

 

“Di cosa esattamente dovremmo essere grati, Dottore?”

 

 

Ci riferiamo, con il termine gratitudine, a una disposizione d’animo di affetto e di ringraziamento nei confronti di qualcuno o qualcosa che sentiamo averci dato un beneficio o che ci abbia fatto o ci faccia vivere esperienze di soddisfazione e di felicità.

 

 

Secondo alcuni studi, un atteggiamento di genuino ringraziamento per qualcosa gioca un ruolo importante nel moderare i livelli del tono dell’umore deflesso e appare avere inoltre ricadute positive sui ritmi del sonno: elementi che risultano spesso compromessi o alterati in situazioni di limitata libertà personale.

 

 

Appare inoltre un elemento importante per favorire la stabilità e il mantenimento di relazioni affettive durature in presenza di problematiche emotive e/o finanziarie, elementi che in situazioni di crisi come quella attuale rischiano di venire esasperati.

 

 

Per il nostro stesso benessere interiore e relazionale può dunque diventare importante imparare (o re-imparare) a sviluppare autenticamente in noi un atteggiamento di questo tipo.

 

 

“Si d’accordo…ma come?”

 

 

Una delle cose che trovo più utili inizialmente è notare la presenza di questi benefici: la cosa può non essere immediata, specie sotto stress, ma generalmente anche in momenti particolarmente neri possiamo arrivare a cogliere alcune cose che in precedenza potevamo dare per scontate e che proprio perché compromesse oggi ne riconosciamo un valore pieno.

 

 

Potremmo, ad esempio, realizzare come il riprendere a passeggiare all’aria aperta, la possibilità di incontrare i propri congiunti ecc. abbia in questo momento un sapore di freschezza e di rinnovato piacere, che proprio questa situazione ci permette di assaporare pienamente…

 

 

Per dispiegarne a pieno il potere, può essere molto utile condividere il sentimento di gratitudine: comunicare, nella forma che preferiamo, il valore che questi elementi hanno o hanno guadagnato per noi, ci aiuta a diffondere un senso di benessere e di vederlo più agevolmente negli occhi degli altri, creando cicli virtuosi di stimolazione emotiva positiva.

 

 

“Chi/cosa potrei ringraziare in questo momento per tutto quello che ho/ho ricevuto?”  

 

 

 BIBLIOGRAFIA:

 

 

https://www.stateofmind.it/2020/05/fase2-fine-lockdown/

 

 

https://www.stateofmind.it/2015/06/gratitudine-salute-mentale-fisica/

 

 

https://www.stateofmind.it/2015/11/importanza-dire-grazie/

 

 

 

 

 

 

Sono d'accordissimo, non che ti serva il mio assenso, ovviamente, ma per dire che mi trovo in linea con quanto hai scritto

Già solo essere grati per essere vivi e in salute lo trovo un ottimo motivo di gratitudine

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