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Ce la posso fare!! L'Autoefficacia nella Seduzione


Dott.Mauro Grillini

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Dott.Mauro Grillini

CE LA POSSO FARE!!! L’AUTOEFFICACIA NELLA SEDUZIONE

Uno dei problemi che vengono maggiormente riferiti nella Community riguarda la difficoltà nel condurre un approccio nei confronti dell’altro sesso

“E adesso…cosa le dico?”

“Come posso fare per avvicinarla?”

“Quale frase/atteggiamento posso usare in questa situazione?”

Domande di questo tipo fanno riferimento ad una probabile carenza di quella che Bandura (2000) definisce Autoefficacia, ossia quell’insieme di convinzioni circa il possedere abilità personali e saperle utilizzare con profitto per realizzare i risultati desiderati. 

Quando, infatti, ci sentiamo in grado di fare cose per soddisfare i nostri bisogni o realizzare i nostri piani di vita, possiamo avvertire un forte senso di sicurezza in noi stessi, ci poniamo obiettivi elevati e sfidanti e tendiamo a perseguirli in modo attivo: ci sentiamo, in quei momenti, di agire da protagonisti della nostra vita. 

Viceversa, un basso livello di autoefficacia rischia di farci giocare “di rimessa”, ci sentiamo più insicuri e possiamo aggirare o evitare apertamente situazioni nelle quali potremmo non avere successo e che vediamo come “troppo complicate” da affrontare. 

Nel caso di un approccio…questo può significare evitare in modo sistematico di avviare nuove conoscenze, oppure approcciarci a queste in modo titubante e poco incisivo, con possibili esperienze di ansia e frustrazione.

Inoltre, pur essendo distinta dal concetto di Autostima , l’esperienza di una bassa Autoefficacia ripetuta nel tempo rischia di indebolire il nostro stesso valore personale, alimentando vissuti spiacevoli.

Nel corso di questi post presenterò alcune caratteristiche generali di una buona e di una cattiva Autoefficacia, con lo scopo di favorire la conoscenza di questo elemento e aggiungere un punto di vista in più nell’ambito dei rapporti interpersonali.

Qualora desideraste una consulenza personalizzata su questi argomenti, mi trovate qui: https://www.officinadelsuccesso.com/downloads/consulenza-psicologica-online-con-mauro-grillini/

Mi piacerebbe, inoltre, che questo thread diventi terreno di confronto tra noi: credo molto nello scambio di informazioni e conoscenze, in modo da personalizzare sempre più i contenuti che condividerò.

  

BIBLIOGRAFIA

Bandura, A. (2000). Autoefficacia: Teoria e Applicazioni. Trento: Erickson.

Giusti, E., Testi, A. (2006). L’Autoefficacia: vincere quasi sempre con le 3 A. Roma: Sovera.

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Gamebred

Bellissimo thread! Una ventata d'aria fresca in un mare di marciume inutile. 

11 ore fa, Dott.Mauro Grillini ha scritto:

Nel caso di un approccio…questo può significare evitare in modo sistematico di avviare nuove conoscenze, oppure approcciarci a queste in modo titubante e poco incisivo, con possibili esperienze di ansia e frustrazione.

 

Questo punto secondo me è fondamentale. Troppi ragazzi che semplicemente si buttano(e qui si dovrebbe riparlare dello street game ahahaha) ma lo fanno nel modo sbagliato, non capiscono dove sia l'errore e sviluppano pattern disfunzionali, frustrazione e rassegnazione.  

  • Grazie! 2
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Dott.Mauro Grillini

INCAPACITA’ E ANSIA

Torniamo per un istante alle domande che il nostro ipotetico player si pone nei pressi di un tentativo di approccio o di conoscenza: 

“E adesso…cosa le dico?”

“Come posso fare per avvicinarla?”

“Quale frase/atteggiamento posso usare in questa situazione?”

Proviamo ora ad immaginare…come ci sentiamo mentre dentro di noi si alternano queste domande…

In molti casi l’emozione che la fa da padrona è l’ansia: il cuore batte forte, il respiro si affanna, sudiamo, abbiamo tremori sparsi per il corpo, i muscoli tesi e contratti, ci può venire difficile parlare senza balbettare e la nostra visuale può tendere a stringersi a tunnel.

Di per sé…non sarebbe neanche una cattiva notizia: sperimentare ansia infatti ci permette di prepararci a rispondere in modo più veloce, pronto e immediato a tutto ciò che valutiamo come una minaccia, interna o esterna a noi.

Potremmo considerarla un’emozione “potenziante”, proprio nel senso che ci predispone a mettere in campo azioni volte o a sottrarci a quella minaccia, oppure ad affrontarla in modo diretto, reazione nota come fight or flight response (https://medicinaonline.co/2014/01/25/combatti-o-fuggi-cosa-accade-nel-nostro-corpo-quando-siamo-terrorizzati/). 

E allora…come mai invece quando proviamo ansia molte volte sentiamo di andare nel pallone? Come mai anziché sentirci attivamente focalizzati – come le modifiche ne nostro corpo vorrebbero che fossimo – tendiamo a perdere concentrazione, a farci sopraffare da un eccesso di ansia e a rimanere impantanati in reazioni poco efficaci o condotte in modo eccessivamente rigido e automatico?

Una delle possibili risposte riguarda quella che Salkowsky definisce equazione dell’ansia (https://www.stateofmind.it/2012/06/salkovskis/).

In sintesi: meno ci sentiamo preparati a rispondere a una minaccia percepita come imminente e grave, più tendiamo a essere sovrastati dall’ansia e condotti verso risposte inefficaci o controproducenti: possiamo ad esempio tendere ad evitare sistematicamente tutte le occasioni di approccio, oppure affrontarle “alla bersagliera” nel tentativo di camuffare il nostro reale stato d’animo.

In questo senso, una buona percezione di Autoefficacia può aiutare a rafforzare la nostra capacità percepita di rispondere adeguatamente alla situazione, sgravando di conseguenza la percezione di una minaccia insormontabile.

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Dott.Mauro Grillini

QUANTO CONTANO I RISULTATI?

 

 

 

Qui mi rendo conto di toccare un tema scottante, che evoca in tutti noi che facciamo parte di una Community legata al miglioramento personale un turbine di ansie, aspettative, aspirazioni e desideri più o meno manifeste.

 

 

 

Tutti noi, infatti, ci aspettiamo che l’acquisizione di informazioni sul rapporto uomo/donna e la possibilità di fare esperienze nuove che sfidino il nostro abituale status quo, ci porti ad aumentare la probabilità di ottenere maggiori appuntamenti, maggiore attrattiva agli occhi dell’altro sesso e un numero per noi congruo di avventure, esperienze sessuali e sentimentali.

 

 

 

In altre parole, vogliamo RISULTATI di successo.

 

 

 

In molti testi si legge che i risultati positivi che conseguiamo rappresentano una delle più importanti fonti di Autoefficacia  (poiché, oltre che darci piacere e appagamento, andrebbero a costituire una conferma dell’esistenza e del buon livello delle nostre abilità personali).

 

 

 

“Vincere aiuta a vincere”, come recita il detto in ambito sportivo

 

 

 

Tuttavia, è opportuno precisare alcune cose:

 

 

 

Non è sempre detto che la sola presenza di riscontri positivi delle nostre abilità ci renda automaticamente più sicuri di noi, in quanto potremmo aver assimilato tali esperienze con una “codifica mentale” errata o non propriamente funzionale

 

 

 

 

Seligman parla di stili attributivi o esplicativi (https://www.stateofmind.it/2014/06/speriamo-cavo-spieghiamo-accade/) per indicare queste modalità di classificazione di un’esperienza, la quale può avvenire su tre dimensioni principali:

 

 

 

-Stabilità: riguarda il ritenere che un evento sia continuo nel tempo o più di natura occasionale

 

 

 

-Pervasività: riguarda il ritenere che un evento abbia effetto su un’area specifica di vita piuttosto che sulla totalità della propria esistenza

 

 

 

- Personalizzazione: riguarda il ritenere che le cause di un successo o di un insuccesso dipendano sé stessi e/o dalle proprie abilità e caratteristiche, piuttosto che a fattori esterni, quali la s(fortuna), il caso, ecc.

 

 

 

 

Un’alta Autoefficacia viene generalmente favorita da un cosiddetto stile esplicativo ottimistico, nel quale i risultati positivi che otteniamo vengono prevalentemente ricondotti a cause interne a noi, stabili e generali, mentre gli eventi negativi sono spiegati con cause esterne a noi, temporanee e specifiche.

 

 

 

 

Viceversa, quando risultati positivi sono ritenuti derivanti da casualità, temporaneità e a influenze esterne, mentre quelli negativi sono etichettati come personali, stabili e totalizzanti, ci troviamo di fronte a quella modalità definita di impotenza appresa, e ad un generale abbassamento della nostra Autoefficacia.

 

 

 

 

Quanto siamo abituati ad essere “ottimisti”?

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