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Il significato del XXI secolo


ArmandoBis

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In tutta la mia ormai lunga carriera di bipede implume non ho mai incontrato un professionista, un laureato, una persona colta e informata, e si suppone civilmente impegnata, che si sia accorta del cambiamento epocale che è intercorso tra XX e XXI secolo.

Questi individui hanno aderito alla storiella che sono state le nuove tecnologie a indurre i cambiamenti che stiamo vivendo, come se la storia seguisse un percorso già scritto, immanente e immodificabile. La difficoltà starebbe nell'interpretarlo in anticipo. Detto questo, non ci resta che metterci in poltrona e osservare lo svolgimento delle cose.

Ovviamente le cose non stanno così.

Il XX secolo è infatti diviso fra la prima parte, che si conclude nel 1945, dominata dall'economia neoclassica e la seconda parte, 1945-1980, dove a trionfare è stato il paradigma keynesiano.

La prima parte ci ha riservato due guerre mondiali e la più grande crisi finanziaria di ogni tempo. La seconda parte il periodo di massima prosperità nella storia umana, con tassi di crescita economica mai eguagliati e soprattutto condivisi.

È stata un'epoca caratterizzata dal compromesso fra capitale e lavoro. Oggi viene descritta come una fase oscurantista, con le imprese vessate dallo Stato e dai sindacati. Ma se si va a vedere ai tassi di crescita del PIL, siamo due volte e mezzo-tre volte la crescita media di un paese dell'area euro.

Cosa è cambiato da allora?

Praticamente tutto.

Ma volendo subito andare al nocciolo della questione, a come siamo riusciti a trasformare un continente prospero in un'area depressionaria che dal 2008 in poi zavorra l'economia mondiale, basta rifarsi alla più semplice identità macroeconomica, quella che trovate a pagina uno di qualsiasi manuale.

Ovvero l'identità fra produzione e consumo.

La produzione viene consumata.

A pagina due, si introduce un nuovo concetto, quello di propensione marginale al consumo. In sostanza, se guadagnate 100 euro in più, quanti ne spenderete? Il 50%? Il 60%? L'80%? Il rimanente sarà risparmiato.

Questo dato servirà a calcolare il moltiplicatore keynesiano, cioè quale sarà l'incremento di PIL che si registra a ogni aumento di spesa (ad esempio, di spesa pubblica).

Bene, non tutte le classi sociali hanno la stessa propensione marginale al consumo.

Per le classi basse la tendenza è spendere quasi tutto il reddito disponibile per ovvie ragioni. Più si sale a livello di classe sociale, più invece l'incremento di reddito viene risparmiato, e questo per ovvie ragioni (i bisogni sono più che soddisfatti).

Cosa succede se in un'economia di mercato riuscite a spostare il reddito dalle classi basse a quelle altre? Che la propensione al consumo diminuirà e con essa il PIL. Anche le imprese, in tempi di domanda fiacca, investiranno meno. E l'investimento è una componente importante del PIL, quella che supporta la crescita economica e l'aumento della ricchezza.

Se prima avevate tassi di crescita del 3-4% con la nuova geografia economica dovrete accontentarvi dell'1-2%.

Adesso siamo all'1%. Uno per cento di media. Ma la distribuzione di questo incremento non è omogenea. Questo 1% in più va tutto ai percentili superiori.

Le fasce basse della popolazione vedono invece i loro redditi e le loro condizioni di vita diminuire costantemente.

I dati al riguardo parlano abbastanza chiaro: è circa dalla metà degli anni '70 che la metà inferiore della popolazione americana non beneficia di alcun incremento di reddito.

In Europa la situazione è diversa, la stretta americana è arrivata dopo, ma la logica e gli effetti sul piano politico sono i medesimi.

Abbiamo quindi gli Usa e l'Europa che crescono sempre meno e con sempre più persone impoverite (e incattivite).

Il populismo non se ne andrà mai.

Prima l'economia cresceva, i benefici erano condivisi e c'era la pace sociale.

Adesso l'economia è depressa, i benefici vanno solo a chi è già ricco e i sistemi politici si stanno disfacendo.

Eppure i laureati, le persone colte e informate, non si sono accorte di nulla.

Non conoscono i dati sulla crescita economica, sulla disoccupazione, sulle disuguaglianze.

Non sanno che le regole sono cambiate. Vagamente hanno letto che c'è un fenomeno detto "globalizzazione" ma gli hanno spiegato che è una cosa positiva, che ha portato fuori dalla povertà miliardi di persone.

Non è vero. Ma loro ci credono.

Non hanno mai letto neanche mezza riga di economia, ma pensano di averla capita, perché sono persone informate, leggono i giornali e sanno cosa succede nel mondo.

Si creano così un loro pensiero economico allucinatorio, con regole inventate, senza senso. Uno dei tanti esempi è la concezione dei vasi comunicanti: se io in questo momento guadagno un dollaro c'è qualcuno che da qualche parte nel mondo ha perso esattamente un dollaro.

Quindi è moralmente giusto che qui si perdano dei posti di lavoro, perché vuol dire che se ne crea un eguale ammontare nei paesi poveri.

Dettomi da una dirigente del sindacato europeo dei tessili,una che compariva nelle classifiche delle donne più influenti d'Italia, che ebbe in seguito una carriera ministeriale.

Parliamo di una persona collocata a sinistra, che nel XX secolo, cioè agli inizi della carriera, era sicuramente classificata come marxista e comunista.

Con questo, ho detto tutto. La situazione di degrado politico, istituzionale, culturale sono il riflesso della povertà ormai endemica e intrattabile.

Non c'è nessun complotto, nessuna trama. Semplicemente una volta che tu hai distrutto i meccanismi di trasmissione dei prezzi non puoi più ricostruirli.

Se i soldi vanno tutti e solo alle classi alte, l'economia non può ripartire, perché l'economia si basa sui consumi.

Perché la gente riprenda a consumare deve trovarsi dei soldi in più nella busta paga. Ma nessuno è disposto a darglieli: troppi disoccupati in giro, troppi paesi stranieri che fanno dumping monetario e salariale.

Ecco il motivo per cui l'imponente programma di investimenti americano per superare la fase post Covid non ha avuto i risultati sperati.

Troppi disoccupati, troppa gente disposta a lavorare per niente.

Viene in mente gli anni '80 in Italia, quando gli operai venivano pagati cifre che per i giornali di allora venivano considerate esorbitanti. Che cosa fecero gli imprenditori? Investirono in tecnologie labour saving? Le imprese diventarono più competitive, il PIL e la ricchezza continuava ad aumentare e gli operai continuavano a guadagnare cifre esorbitanti.

Bisognava fare qualcosa.

E la fecero.

Nel giro di vent'anni, dal 1980 al 2000 il modello keynesiano venne accerchiato e distrutto.

La gente colta, informata, impegnata, non se ne accorse. Gli dissero che stavano modernizzando il sistema, lo stavano rendendo più efficiente, stavano eliminando le ingiuste rendite di posizione di alcuni che impoverivano u meno fortunati.

La sinistra disse che non era giusto che alcuni fossero garantiti e protetti me altri non potevano godere degli stessi privilegi. Quindi le protezioni dovevano essere tolte a tutti.

Da Keynes si tornò alla vecchia economia neoclassica che aveva retto il mondo fino alla seconda guerra mondiale.

Il resto è cronaca.

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Fabbio
49 minuti fa, ArmandoBis ha scritto:

In tutta la mia ormai lunga carriera di bipede implume non ho mai incontrato un professionista, un laureato, una persona colta e informata, e si suppone civilmente impegnata, che si sia accorta del cambiamento epocale che è intercorso tra XX e XXI secolo.

Nella vita ho incontrato vagonate di professionisti e laureati sconcertantemente ottusi, ma penso anche tu.

Post estremamente interessante e complesso. Mi riprometto senz'altro di rispondere, dopo una più accurata lettura e una riorganizzazione più chiara possibile dei miei pensieri al riguardo.

Intanto grazie Armando.

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2 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

In tutta la mia ormai lunga carriera di bipede implume non ho mai incontrato un professionista, un laureato, una persona colta e informata, e si suppone civilmente impegnata, che si sia accorta del cambiamento epocale che è intercorso tra XX e XXI secolo.

Questi individui hanno aderito alla storiella che sono state le nuove tecnologie a indurre i cambiamenti che stiamo vivendo, come se la storia seguisse un percorso già scritto, immanente e immodificabile. La difficoltà starebbe nell'interpretarlo in anticipo. Detto questo, non ci resta che metterci in poltrona e osservare lo svolgimento delle cose.

Ovviamente le cose non stanno così.

Il XX secolo è infatti diviso fra la prima parte, che si conclude nel 1945, dominata dall'economia neoclassica e la seconda parte, 1945-1980, dove a trionfare è stato il paradigma keynesiano.

La prima parte ci ha riservato due guerre mondiali e la più grande crisi finanziaria di ogni tempo. La seconda parte il periodo di massima prosperità nella storia umana, con tassi di crescita economica mai eguagliati e soprattutto condivisi.

È stata un'epoca caratterizzata dal compromesso fra capitale e lavoro. Oggi viene descritta come una fase oscurantista, con le imprese vessate dallo Stato e dai sindacati. Ma se si va a vedere ai tassi di crescita del PIL, siamo due volte e mezzo-tre volte la crescita media di un paese dell'area euro.

Cosa è cambiato da allora?

Praticamente tutto.

Ma volendo subito andare al nocciolo della questione, a come siamo riusciti a trasformare un continente prospero in un'area depressionaria che dal 2008 in poi zavorra l'economia mondiale, basta rifarsi alla più semplice identità macroeconomica, quella che trovate a pagina uno di qualsiasi manuale.

Ovvero l'identità fra produzione e consumo.

La produzione viene consumata.

A pagina due, si introduce un nuovo concetto, quello di propensione marginale al consumo. In sostanza, se guadagnate 100 euro in più, quanti ne spenderete? Il 50%? Il 60%? L'80%? Il rimanente sarà risparmiato.

Questo dato servirà a calcolare il moltiplicatore keynesiano, cioè quale sarà l'incremento di PIL che si registra a ogni aumento di spesa (ad esempio, di spesa pubblica).

Bene, non tutte le classi sociali hanno la stessa propensione marginale al consumo.

Per le classi basse la tendenza è spendere quasi tutto il reddito disponibile per ovvie ragioni. Più si sale a livello di classe sociale, più invece l'incremento di reddito viene risparmiato, e questo per ovvie ragioni (i bisogni sono più che soddisfatti).

Cosa succede se in un'economia di mercato riuscite a spostare il reddito dalle classi basse a quelle altre? Che la propensione al consumo diminuirà e con essa il PIL. Anche le imprese, in tempi di domanda fiacca, investiranno meno. E l'investimento è una componente importante del PIL, quella che supporta la crescita economica e l'aumento della ricchezza.

Se prima avevate tassi di crescita del 3-4% con la nuova geografia economica dovrete accontentarvi dell'1-2%.

Adesso siamo all'1%. Uno per cento di media. Ma la distribuzione di questo incremento non è omogenea. Questo 1% in più va tutto ai percentili superiori.

Le fasce basse della popolazione vedono invece i loro redditi e le loro condizioni di vita diminuire costantemente.

I dati al riguardo parlano abbastanza chiaro: è circa dalla metà degli anni '70 che la metà inferiore della popolazione americana non beneficia di alcun incremento di reddito.

In Europa la situazione è diversa, la stretta americana è arrivata dopo, ma la logica e gli effetti sul piano politico sono i medesimi.

Abbiamo quindi gli Usa e l'Europa che crescono sempre meno e con sempre più persone impoverite (e incattivite).

Il populismo non se ne andrà mai.

Prima l'economia cresceva, i benefici erano condivisi e c'era la pace sociale.

Adesso l'economia è depressa, i benefici vanno solo a chi è già ricco e i sistemi politici si stanno disfacendo.

Eppure i laureati, le persone colte e informate, non si sono accorte di nulla.

Non conoscono i dati sulla crescita economica, sulla disoccupazione, sulle disuguaglianze.

Non sanno che le regole sono cambiate. Vagamente hanno letto che c'è un fenomeno detto "globalizzazione" ma gli hanno spiegato che è una cosa positiva, che ha portato fuori dalla povertà miliardi di persone.

Non è vero. Ma loro ci credono.

Non hanno mai letto neanche mezza riga di economia, ma pensano di averla capita, perché sono persone informate, leggono i giornali e sanno cosa succede nel mondo.

Si creano così un loro pensiero economico allucinatorio, con regole inventate, senza senso. Uno dei tanti esempi è la concezione dei vasi comunicanti: se io in questo momento guadagno un dollaro c'è qualcuno che da qualche parte nel mondo ha perso esattamente un dollaro.

Quindi è moralmente giusto che qui si perdano dei posti di lavoro, perché vuol dire che se ne crea un eguale ammontare nei paesi poveri.

Dettomi da una dirigente del sindacato europeo dei tessili,una che compariva nelle classifiche delle donne più influenti d'Italia, che ebbe in seguito una carriera ministeriale.

Parliamo di una persona collocata a sinistra, che nel XX secolo, cioè agli inizi della carriera, era sicuramente classificata come marxista e comunista.

Con questo, ho detto tutto. La situazione di degrado politico, istituzionale, culturale sono il riflesso della povertà ormai endemica e intrattabile.

Non c'è nessun complotto, nessuna trama. Semplicemente una volta che tu hai distrutto i meccanismi di trasmissione dei prezzi non puoi più ricostruirli.

Se i soldi vanno tutti e solo alle classi alte, l'economia non può ripartire, perché l'economia si basa sui consumi.

Perché la gente riprenda a consumare deve trovarsi dei soldi in più nella busta paga. Ma nessuno è disposto a darglieli: troppi disoccupati in giro, troppi paesi stranieri che fanno dumping monetario e salariale.

Ecco il motivo per cui l'imponente programma di investimenti americano per superare la fase post Covid non ha avuto i risultati sperati.

Troppi disoccupati, troppa gente disposta a lavorare per niente.

Viene in mente gli anni '80 in Italia, quando gli operai venivano pagati cifre che per i giornali di allora venivano considerate esorbitanti. Che cosa fecero gli imprenditori? Investirono in tecnologie labour saving? Le imprese diventarono più competitive, il PIL e la ricchezza continuava ad aumentare e gli operai continuavano a guadagnare cifre esorbitanti.

Bisognava fare qualcosa.

E la fecero.

Nel giro di vent'anni, dal 1980 al 2000 il modello keynesiano venne accerchiato e distrutto.

La gente colta, informata, impegnata, non se ne accorse. Gli dissero che stavano modernizzando il sistema, lo stavano rendendo più efficiente, stavano eliminando le ingiuste rendite di posizione di alcuni che impoverivano u meno fortunati.

La sinistra disse che non era giusto che alcuni fossero garantiti e protetti me altri non potevano godere degli stessi privilegi. Quindi le protezioni dovevano essere tolte a tutti.

Da Keynes si tornò alla vecchia economia neoclassica che aveva retto il mondo fino alla seconda guerra mondiale.

Il resto è cronaca.

Non è che hai semplicemente ragione Armà...

...hai perfettamente ragione, secondo me, e la storia degli ultimi 30 anni lo dimostra.

Ora, è qualche anno che leggo di uno spostamento, negli Stati Uniti, verso i post-keynesiani, nello specifico anche esponenti della MMT. Ad esempio Stephanie Kelton .

Secondo te è una tendenza, per il futuro, o sono stati fuochi di paglia?

 

 

 

 

 

 

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ArmandoBis
1 ora fa, Aghori ha scritto:

Non è che hai semplicemente ragione Armà...

...hai perfettamente ragione, secondo me, e la storia degli ultimi 30 anni lo dimostra.

Ora, è qualche anno che leggo di uno spostamento, negli Stati Uniti, verso i post-keynesiani, nello specifico anche esponenti della MMT. Ad esempio Stephanie Kelton .

Secondo te è una tendenza, per il futuro, o sono stati fuochi di paglia?

 

 

 

 

 

 

Fuochi di paglia sicuramente non sono.

Per due motivi.

Il primo è che i meccanismi attraverso i quali viene creata la moneta non sono quelli raccontati dai libri di testo.

La MMT diventa quindi uno strumento necessario anche per gli economisti ortodossi. Se vogliono cercare di gestire una situazione che gli è completamente sfuggita di mano devono cominciare a capirla. E la MMT, ma non solo lei, li può aiutare. Scopriranno, per inciso, quanta inflazione si è creata in questi anni, nella forma di asset dal valore gonfiato (fondi azionari, immobili di lusso, ecc.) Mentre per i beni non di lusso l'inflazione non c'è stata per la semplice ragione che la gente aveva sempre meno da spendere.

L'altro motivo è che una volta che capiranno il casino in cui si sono cacciati, dovranno loro malgrado prendere in considerazione il nocciolo della politica economica prescritta dalla MMT, ovvero l'assunzione dei disoccupati per lavori di utilità generale.

È noto che l'aspetto spaventoso di questa politica risiede nel terrore dell'inflazione, vista come una sorta di demone che uscito dalla lampada non si può più fermare.

Può darsi che prendere coscienza dell'enorme inflazione che ha gonfiato il valore degli asset dei ricchi li aiuti a trovare il coraggio necessario a reflazionare l'economia partendo dal basso, cioè assumendo chi non ha un lavoro.

Ho letto oggi che il PNRR ha un moltiplicatore di 0,9.

È come dire che si tratta di una misura non solo inefficace ma anche controproducente (ai tempi di Monti si calcolò il coefficiente negativo delle misure di austerità ed era ben superiore a uno...).

Se non si riesce a mettere i soldi in tasca a chi non li ha, tutto è destinato a risultare inutile.

Io sono un fan della soluzione di Gesell, in pratica emettere moneta a scomparsa (demurrage è il termine tecnico impiegato) distribuendola, in cambio di una prestazione, a chi non ha un reddito e come integrazione per i redditi bassi.

Sarebbe un esperimento utile anche a valutare una riforma monetaria radicale (il problema del capitalismo non è il capitale, come pensava Marx, ma la moneta.)

 

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  • 2 settimane dopo...
Bozzarelly
Il 17/7/2022 at 13:57, ArmandoBis ha scritto:

Per le classi basse la tendenza è spendere quasi tutto il reddito disponibile per ovvie ragioni. Più si sale a livello di classe sociale, più invece l'incremento di reddito viene risparmiato, e questo per ovvie ragioni (i bisogni sono più che soddisfatti).

Questo non mi è molto chiaro. Io faccio sicuramente parte della classe bassa, ma col cazzo che spendo tutto quello che ho in busta. 

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ArmandoBis
Inviato (modificato)
Il 30/7/2022 at 20:45, Bozzarelly ha scritto:

Questo non mi è molto chiaro. Io faccio sicuramente parte della classe bassa, ma col cazzo che spendo tutto quello che ho in busta. 

Giusto. Immagina però che il tuo stipendio raddoppi. Spenderai di più e risparmierai di più, ovvio. Ma con che rapporto?

Se oggi risparmi il 20% diciamo, è probabile che tu non spenda l'80% di ciò che guadagni, cioè che raddoppi i tuoi consumi.

Ma immagina la cosa nel lungo periodo.

Immaginiamo che tu porti a casa 8.000 euro al mese. Probabilmente ti sei attestato a un livello di consumi che ti garba.

I pochi punti percentuali in più di incremento che ti entrano in casa con il passare degli anni non modificano i tuoi comportamenti.

Ma se invece guadagni più o meno quello che guadagni oggi e il tuo stipendio cala (sale meno dell'informazione) è probabile che tu riduca i risparmi in modo da mantenere i consumi costanti, ma è anche facile che se risparmi in vista di un acquisto futuro, ridurrai fin da oggi i consumi.

Visto che la quota di reddito che va alle classi alte sta aumentando rispetto a quella dei lavoratori non qualificati, è normale aspettarsi un calo dei consumi.

Nel periodo post bellico, la tendenza era opposta, le disuguaglianze si stavano riducendo. C'era carenza di manodopera specializzata, e anche quella generica era richiesta.

Oggi che i salari sono al tappeto, i consumi non possono riprendere.

È chiaro che questo è un ragionamento astratto, ma le risultanze empiriche tendono a confermarlo. Anche se non ti saprei dare delle percentuali di esempio, che credo cambino a seconda dei luoghi e del periodo.

Modificato da ArmandoBis
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Tony Montana
Il 17/7/2022 at 13:57, ArmandoBis ha scritto:

I dati al riguardo parlano abbastanza chiaro: è circa dalla metà degli anni '70 che la metà inferiore della popolazione americana non beneficia di alcun incremento di reddito.

In Europa la situazione è diversa, la stretta americana è arrivata dopo, ma la logica e gli effetti sul piano politico sono i medesimi.

Abbiamo quindi gli Usa e l'Europa che crescono sempre meno e con sempre più persone impoverite (e incattivite).

I dati a riguardo dicono che in Europa la situazione non è cambiata molto negli ultimi 40 anni. Il bottom 50% si aggiudica circa il 20% del reddito nazionale.

E' vero che al contempo il top 1% e top 10% hanno aumentato la percentuale del reddito nazionale che si mangiano. Questo tuttavia a discapito di parte del restante top 50%, non del bottom 50%.

https://worldpopulationreview.com/country-rankings/wealth-inequality-by-country

La situazione americana è profondamente diversa.

https://www.npr.org/2019/12/05/783001561/why-americas-1-percenters-are-richer-than-europe-s?t=1659443870479

 

Dopodiché la qualità della vita non è determinata solo dalla crescita del GDP. Metriche più comprensive mostrano che mediamente la qualità della vita è migliorata pure in USA nelle ultime decadi.

https://www.brookings.edu/blog/ben-bernanke/2016/10/19/are-americans-better-off-than-they-were-a-decade-or-two-ago/


Un altro po' di dati: https://fullstackeconomics.com/24-charts-that-show-were-mostly-living-better-than-our-parents/


Senza nulla togliere a fattori di peggioramento della qualità di vita media, che fanno parte del pacchetto globalizzazione: multiculturalismo, difficoltà di accesso al credito, urbanizzazione sfrenata con conseguente raddoppio o triplicazione dei prezzi degli affitti nelle grandi città e maggiore salari/costo-vita, ...
 

C'è un fattore estremamente importante che non sembri considerare affatto: l'invecchiamento della popolazione.

Nel 1950 e praticamente dei 20 anni successivi l'età mediana dell'Europa era di 30 anni. Nel 1980 era di 33 anni. Nel 2000 era 38. Ora sta a 44 (in Italia 46).

Greying of Europe, dove 1 su 5 ha più di 65 anni. Mentre 2 su 5 devono produre per tutti e farsi carico degli oneri di una tale demografia. Un 20% di popolazione che non produce, consuma poco e richiede l'80% di una gigantesca spesa sanitaria.

 

Ora, al di là delle lagne riguardo a numeri e fatti su cui abbiamo 0 capacità di intervento, qual è l'informazione funzionale e actionable che si può dedurre?

Che se sei nel top 20% starai sempre meglio.

L'obiettivo dovrebbe quindi entrare nel top 20%. Questà è la morale.

Come si fa?

Be', un buon modo di iniziare è guardarsi PREDATOR PENTAGRAM.

 

  • Cuore Nero 1
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^'V'^
33 minuti fa, Tony Montana ha scritto:

 

 

Ora, al di là delle lagne riguardo a numeri e fatti su cui abbiamo 0 capacità di intervento, qual è l'informazione funzionale e actionable che si può dedurre?

Che se sei nel top 20% starai sempre meglio.

L'obiettivo dovrebbe quindi entrare nel top 20%. Questà è la morale.

Come si fa?

Be', un buon modo di iniziare è guardarsi PREDATOR PENTAGRAM.

 

Vero

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6 ore fa, ^'V'^ ha scritto:

Vero

V ma tu non é che sei la reincarnazione di San Francesco d'Assisi? 😂😂

Perché l'altro giorno nel video i colombi ti venivano addosso

 in più la preghiera semplice di San Francesco ....

Tutti i riferimenti allo spazio naturale , alla natura, i movimenti naturali ...

Mmm...

Comunque ho percepito che sei una brava persona e di gran Cuore.

Un abbraccio.

Fra' Cristian.

  • Cuore Nero 2
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ArmandoBis
15 ore fa, Tony Montana ha scritto:

I dati a riguardo dicono che in Europa la situazione non è cambiata molto negli ultimi 40 anni. Il bottom 50% si aggiudica circa il 20% del reddito nazionale.

E' vero che al contempo il top 1% e top 10% hanno aumentato la percentuale del reddito nazionale che si mangiano. Questo tuttavia a discapito di parte del restante top 50%, non del bottom 50%.

https://worldpopulationreview.com/country-rankings/wealth-inequality-by-country

La situazione americana è profondamente diversa.

https://www.npr.org/2019/12/05/783001561/why-americas-1-percenters-are-richer-than-europe-s?t=1659443870479

 

Dopodiché la qualità della vita non è determinata solo dalla crescita del GDP. Metriche più comprensive mostrano che mediamente la qualità della vita è migliorata pure in USA nelle ultime decadi.

https://www.brookings.edu/blog/ben-bernanke/2016/10/19/are-americans-better-off-than-they-were-a-decade-or-two-ago/


Un altro po' di dati: https://fullstackeconomics.com/24-charts-that-show-were-mostly-living-better-than-our-parents/


Senza nulla togliere a fattori di peggioramento della qualità di vita media, che fanno parte del pacchetto globalizzazione: multiculturalismo, difficoltà di accesso al credito, urbanizzazione sfrenata con conseguente raddoppio o triplicazione dei prezzi degli affitti nelle grandi città e maggiore salari/costo-vita, ...
 

C'è un fattore estremamente importante che non sembri considerare affatto: l'invecchiamento della popolazione.

Nel 1950 e praticamente dei 20 anni successivi l'età mediana dell'Europa era di 30 anni. Nel 1980 era di 33 anni. Nel 2000 era 38. Ora sta a 44 (in Italia 46).

Greying of Europe, dove 1 su 5 ha più di 65 anni. Mentre 2 su 5 devono produre per tutti e farsi carico degli oneri di una tale demografia. Un 20% di popolazione che non produce, consuma poco e richiede l'80% di una gigantesca spesa sanitaria.

 

Ora, al di là delle lagne riguardo a numeri e fatti su cui abbiamo 0 capacità di intervento, qual è l'informazione funzionale e actionable che si può dedurre?

Che se sei nel top 20% starai sempre meglio.

L'obiettivo dovrebbe quindi entrare nel top 20%. Questà è la morale.

Come si fa?

Be', un buon modo di iniziare è guardarsi PREDATOR PENTAGRAM.

 

Il mio discorso era centrato sul perché le economie avanzate sono stagnanti.

La ragione è che le crescenti disuguaglianze impediscono di consumare ciò che si è prodotto (che diventa ben presto "ciò che si sarebbe potuto produrre", ovvero l'economia lavora al di sotto del suo potenziale lasciando senza lavoro una percentuale sempre crescente di individui).

Hai portato alcuni dati da cui risulterebbe che, se non tutto a posto, è tutto come prima, almeno in Europa.

Quindi il mio ragionamento dovrebbe cadere.

Ma non è così.

Partiamo da una disamina empirica di ciò che sta accadendo.

Come si conciliano i dati che hai riportato con la sensazione di povertà crescente, con il fatto che sempre più famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese?

Pura sensazione o realtà effettiva?

Possono le condizioni di vita delle persone peggiorare anche se l'indice di Gini è rimasto invariato?

Sì. Ed è esattamente quello che è successo.

L'indice di Gini è infatti utile come fotografia di una situazione, ma ha il difetto che non registra gli incrementi assoluti, ma solo quelli percentuali.

Immaginiamo una situazione di pronunciata disparità: A guadagna 2.000 euro al mese, B 10.000. L'economia cresce a un ritmo sostenuto, per cui dopo tre anni A e B percepiscono il 10% in più. L'indice di Gini è restato invariato.

Eppure, se A alla fine dell'anno guadagna 2.400 euro in più, l'incremento di B è stato di 12.000 euro.

In valore assoluto, B, che è già messo molto meglio di A, guadagnerà altri 9.600 euro in più rispetto ad A.

Per il senso comune, la disuguaglianza è aumentata. Per gli economisti (almeno per una parte di essi) no.

E questo è solo uno dei due corni del problema.

L'altro è dare una risposta alla domanda di cui sopra: è vero che la gente fa sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese? O hanno ragione i "dati" e tutto va bene?

A breve la risposta.

 

 

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