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Mi ha chiesto di uscire e gli ho detto di no...è sparito


Denise1988

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^'V'^
14 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

Immagino che fosse un professore di microeconomia

Era un prof di economia aziendale, non di legge di bilancio statale o globalizzazione sostenibile. 

13 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

Non certo delle persone comuni, che hanno continuato a studiare, a lavorare e a tirare la carretta come prima.

Se ne conosci, presentamene. 

Perché se sono ad un tavolo di persone che lamentano questa loro condizione, e, rottomi il cazzo di sentire scemenze, impongo a tutti di mettere il cellulare sul tavolo prima di continuare a parlare, quello che vedo nei cellulari è che il mio dice che ho passato un minuto al mese sui social o zero, nei loro si parla di più di dieci ore al giorno su tic tok, insta, whatsapp ecc. 

Se poi parliamo di femmine, parliamo di cose come 14 ore. 

Tirare la carretta è una buona metafora, perché la tirano o un asino/mulo, o un cavallo. 

Ossia, serve un uomo che li tenga in strada. 

Non perché non sappiano quale sia la strada e non sappiano camminare dritto. 

Ma perché appena vedono un ciuffo d'erba saltano il fosso rovesciando la carretta, appena passa una macchina che si fa i cazzi suoi si spaventano del nulla e rovesciano tutto. 

Viviamo in un mondo in cui il volume e la quantità di ciuffi d'erba e spauracchi (le due cose che deragliano l'attenzione) sono molto superiori a prima, e devo testimoniare che le persone oggi non è vero che stiano lì con la testa a studiare, lavorare e tirare la carretta come prima. 

Per essere inefficiente ed inefficace come una persona comune di oggi, ieri dovevi essere un caso umano. 

I casi umani li assumeva lo stato o l'amministrazione comunale in cambio del voto di tutta la famiglia. 

Ma oggi si chiede a chi ha tutto contro e deve affrontare forze statali focillate di casi umani, di assumere con soldi che gli hanno preso per assumere casi umani, un caso umano? 

Il fatto che oggi un caso umano sia una persona comune, non lo rende meno caso umano. 

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^'V'^
17 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

nel quale la persona che sarebbe in grado di fare guadagnare 100 lire all'azienda magari non viene assunto, e il motivo è perché non c'è domanda, l'azienda è in crisi, sta tagliando gli investimenti e pensa di licenziare un po' di gente.

Non ti seguo, se non c'è domanda lui non può fare guadagnare 100 lire all'azienda. 

Ovvio che non lo assumano.

Non so perché dovrebbe essere assunto, ossia un peso grevissimo, da un'azienda i cui clienti non pagano o non ci sono. 

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ArmandoBis
1 ora fa, ^'V'^ ha scritto:

Non ti seguo, se non c'è domanda lui non può fare guadagnare 100 lire all'azienda. 

Ovvio che non lo assumano.

Non so perché dovrebbe essere assunto, ossia un peso grevissimo, da un'azienda i cui clienti non pagano o non ci sono. 

È il problema della disoccupazione involontaria.

Una percentuale elevata di persone cerca un lavoro ma non lo trova.

Questo è un problema squisitamente macro.

Se vai a vedere le percentuali di disoccupati (non ne parliamo di quella che impropriamente viene chiamata disoccupazione giovanile) vedi che dagli anni '80 in poi le cose sono molto peggiorate.

Non solo.

La gente per molti lavori guadagna meno che in passato.

Molti lavori sono intermittenti e precari, non permettono di costruirsi un percorso di vita normale.

Disoccupazione, precarietà, impoverimento (un tempo l'espressione "working poor" non esisteva), scomparsa della classe media, precipitata in basso: ecco la situazione attuale, senza alcuna speranza, senza un minimo segnale che le cose possano cambiare.

Va anche ricordato che le statistiche, tanto per cambiare, mentono: la disoccupazione effettiva è più alta di quella reale, perché l'indicatore (basato sui risultati di un'intervista somministrata a un campione) è costruito in modo tale da non catturare la totalità del fenomeno (inoltre, il dato riportato sui giornali è solo uno degli indicatori di disoccupazione, che non tiene conto del part time e dei lavoratori scoraggiati).

Per capirci, se il tasso ufficiale di disoccupazione è il 4% quella reale sarà tipo il 7%.

Nel caso sia l'8%, allora sarà probabilmente il 14%.

Mi ricordo che ai tempi di Bush erano tutti contenti perché la disoccupazione era mi pare il 5%.

Basandomi sui dati ufficiali ero arrivato a qualcosa come il 12-13% (tenendo conto anche della popolazione carceraria e di quelli in libertà sulla parola).

Ovviamente il dato dell'economia italiana degli anni '70 e '80 è impietoso se paragonato ad oggi.

Conflitti sindacali e terrorismo negli anni '70, disordine monetario con inflazione a due cifre (si toccò il 20%) negli anni '80.

Eppure l'economia cresceva a tassi tre, quattro, cinque volte superiori a quelli odierni.

È per questa semplice ragione che allora il lavoro c'era e oggi non c'è più.

Modificato da ArmandoBis
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Tony Montana
2 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

Ovviamente il dato dell'economia italiana degli anni '70 e '80 è impietoso se paragonato ad oggi.

[...]

È per questa semplice ragione che allora il lavoro c'era e oggi non c'è più.

Non sequitur davvero notevoli.

Dalla metà degli anni '70 alla fine degli anni '80 i disoccupati ufficiali (se poi tu hai altri numeri, bravo) in Italia sono raddoppiati, arrivando a doppia cifra.

Sono poi cominciati a calare a partire dalla fine degli anni '90 ritornando ai livelli di metà anni '70 nel 2007, dove la crisi finanziaria ha poi di nuovo impennato (come in tutta Europa) la disoccupazione fino al 2014. Da allora si è tornati ai valori di inizio anni '80.

EU27 l'anno scorso ha toccato i valori più bassi di disoccupazione dagli anni 2000: disoccupazione al 6%. Gli US hanno raggiunto il 3,5% nel 2023. In EU27 pesano Spagna, Grecia, Italia e la popolazione delle banlieues francesi (ci ho vissuto, li conosco benissimo, non rompetemi il cazzo) e la Svezia dell'immigrazione facile.

Tenuto conto dell'oltre 20% di analfabeti funzionali nella fascia di età da lavoro, direi che sta andando di lusso.

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^'V'^
3 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

È il problema della disoccupazione involontaria.

Una percentuale elevata di persone cerca un lavoro ma non lo trova.

Questo è un problema squisitamente macro.

Se vai a vedere le percentuali di disoccupati (non ne parliamo di quella che impropriamente viene chiamata disoccupazione giovanile) vedi che dagli anni '80 in poi le cose sono molto peggiorate.

Non solo.

La gente per molti lavori guadagna meno che in passato.

Molti lavori sono intermittenti e precari, non permettono di costruirsi un percorso di vita normale.

Disoccupazione, precarietà, impoverimento (un tempo l'espressione "working poor" non esisteva), scomparsa della classe media, precipitata in basso: ecco la situazione attuale, senza alcuna speranza, senza un minimo segnale che le cose possano cambiare.

Va anche ricordato che le statistiche, tanto per cambiare, mentono: la disoccupazione effettiva è più alta di quella reale, perché l'indicatore (basato sui risultati di un'intervista somministrata a un campione) è costruito in modo tale da non catturare la totalità del fenomeno (inoltre, il dato riportato sui giornali è solo uno degli indicatori di disoccupazione, che non tiene conto del part time e dei lavoratori scoraggiati).

Ovviamente il dato dell'economia italiana degli anni '70 e '80 è impietoso se paragonato ad oggi.

Conflitti sindacali e terrorismo negli anni '70, disordine monetario con inflazione a due cifre (si toccò il 20%) negli anni '80.

Eppure l'economia cresceva a tassi tre, quattro, cinque volte superiori a quelli odierni.

È per questa semplice ragione che allora il lavoro c'era e oggi non c'è più.

Ok, rimaniamo OT, faccio delle affermazioni ma tu correggimi perché è il tuo campo. Io vado a braccio con quello che ricordo degli anni '80. 

Spoiler

C'era un settore industriale ben sviluppato, e grazie alla lira debole una buona presenza negli scambi europei. 

Però c'erano segnali di problemi strutturali e cigolii sinistri, come il debito pubblico altissimo e la bassa produttività rispetto ai partner europei. 

Avevamo un rapporto debito/PIL tra i più alti tra i paesi sviluppati, impedendo al governo di assorbire una crisi economica anche di bassa magnitudo. Gli interessi pagati erano per questo alti, e si doveva ridurre la spesa pubblica in settori vitali. 

Sistema politico instabile, da barzelletta spesso, con una burocrazia pesante e stanca che unita ad un livello di corruzione pietoso e capillare da terzo mondo hanno spaventato investitori esterni e crescita economica. 

Poi arriva la globalizzazione, la concorrenza internazionale vera. Ossia con economie che offrivano manodopera a costi decenti da un lato, con economie di paesi più innovativi e meno incartati dall'altro. 

Li si inizia - credo - non tanto a creare quanto ad evidenziare per contrasto impietoso la debolezza strutturale dell'economia italiana, lenta e incartata nell'adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato globale. 

Arriva l'adesione all'euro e finisce il gioco di svalutare la moneta stampandone a tonnellate per favorire le esportazioni. 

Insieme all'eccessivo rapporto debito/PIL questo ha reso ancora meno elastica l'Italia nel rispondere a shock economici locali, senza considerare quelli generali come il 2007-2008. 

2008 che ha avuto un impatto globale, ma in italia a causa delle fragilità strutturali preesistenti ha avuto una magnitudo molto elevata, trascinandosi una ripresa tanto lenta da non essere probabilmente ancora a regime. 

Poi arriva il problema demografico, la sfida più che il problema. Invecchiamento della popolazione media, e allungamento della vita durante l'età in cui si riceve una pensione. Minori entrate fiscali da lavoratori produttivi e maggiori spese per pensioni e sanità, con una pressione ancora maggiore sulle finanze pubbliche. 

E sto saltando tutta la parte per cui naque la lega, che non era nata per xenofobia verso il sud, ma per esasperazione contro Roma, che prendeva al nord produttivo per buttare al sud senza che di fatto nessuno capisse o sapesse dove andassero tutti i soldi con cui rendevano meno produttivo il nord verso l'europa e il mondo, dato che al sud continuavano a buttare secchi d'acqua all'inferno con quei soldi. Si era arrivati ad assumere in Sicilia più guardie forestali che alberi, ad esempio. 

Il sistema bancario italiano come non solo in italia ha mostrato dagli anni '80 vari segni di fragilità, riducendo la capacità delle banche di erogare prestiti e così limitando ancora di più investimenti e crescita produttiva. 

Insomma, pare essere una complessa interazione tra fattori strutturali interni, cambiamenti globali e specifiche scelte politiche ed economiche che col senno di poi potevano essere diverse. 

L'appartamento in cui vivevo all'inizio degli anni '90 fu venduto per 33 milioni di lire, lo comprò un operaio specializzato che prendeva 2 milioni al mese, aveva due figli e la moglie non lavorava. Avevano anche la renault nuova a rate. 

Ma l'inflazione era a due cifre o poco meno, venivano stampate lire di continuo per svalutarle ed esportare. 

Così quell'appartamento alcuni anni dopo ne valeva cento, di milioni. 

Ma non perché ci avessero costruito un bordello di lusso accanto, o una stazione del treno. 

Perché i milioni non valevano più niente. 

Ora, fornisci una visione critica importante della indis, (disoccupazione involontaria) in italia, ma dovremmo contestualizzare la crescita degli anni '70 ed '80 rispetto ad oggi. 

Se non la contestualizziamo, sembra che stessimo crescendo e che poi sia arrivata una scelta locale sbagliata che l'ha fermata. 

Dobbiamo invece inscriverla nelle condizioni economiche globali di quel periodo, e chiederci se, date le debolezze strutturali e l'inflazione al galoppo su cui posava, sarebbe stata sostenibile fino ad oggi. 

Probabilmente no, probabilmente ad un certo punto avremmo pagato il prezzo, di tutto quel debito, di tutti quei soldi stampati a caso, di tutta quella situazione burocratica e politica demenziale che allontana investitori forti. 

E questo anche se si fosse evitato l'euro o se non fosse intervenuta la globalizzazione e il confronto internazionale reale, o se non ci fosse stato il 2008. 

Le statistiche sulla disoccupazione sono state truccate ad arte con l'inserimento dell'IVA forfettaria e delle SRL a un euro. 

In quel modo un sacco di disoccupati senza alcuna speranza di poter sostenere CAPEX ed OPEX di un'attività in proprio sono usciti dal novero dei disoccupati ed entrati nel novero degli occupati. 

E ok. 

E senza contare gli aspetti psicosociali e socioculturali della disoccupazione, perché "ai miei tempi" mi sono preso spiccioli per fare il lavapiatti a stagione, e l'imbianchino durante la scuola e se lo fai oggi per le due lire che mi davano dicono che ti fai sfruttare e che piuttosto non lavorano. Non dico abbiano ragione o torto, ma che è diversa la percezione e l'atteggiamento. 

Insomma, la situazione attuale è il risultato (io affermo, tu correggi se sbaglio che è il tuo campo) di un'interazione ultra complessa tra fattori strutturali interni, cambiamenti nel contesto economico globale sia a livello di crisi che di competizione, e specifiche scelte politiche ed economiche. 

Cita

 

Eppure l'economia cresceva a tassi tre, quattro, cinque volte superiori a quelli odierni.

È per questa semplice ragione che allora il lavoro c'era e oggi non c'è più.

 

Certo che cresceva, con lire stampate a caso a debito e inflazione a due cifre. 

Solo che ad un certo punto il gioco implode. Non sono soldi veri, quelli del monopoli che stampano per svalutarli ed esportare.  

Probabilmente per risolvere le sfide attuali sarebbe necessario abbandonare l'ipotesi dell'unica, "semplice ragione" ed abbracciare un approccio olistico, multidisciplinare che capisca e consideri riforme strutturali fondamentali, innovazione - seria, non una fiera a Milano ogni tanto per parlare di aria fritta - e un maggior adattamento (e comprensione) rispetto all'economia globale. 

Ma il singolo stronzo non può spostare un transatlantico spiaggiato con un remo da gondola. 

Ormai nemmeno se tutti remano, si risolvono i problemi strutturali del natante e la spiaggiatura. 

Quello che serve in questi casi è che ognuno faccia il suo per aggiustare la struttura dall'interno e che questo attiri la fiducia di grossi natanti con la possibilità di fare da rimorchio. 

Non credo che senza un rimorchio esterno serio, questa carcassa di ruggine senza capitano con la gente con un remo in mano e l'altra che si lamenta di non avere un remo, si tolga dalla sabbia. 

Credo che le crisi (2008 - covid) non abbiano causato i problemi economici e strutturali, ma che li abbiano esacerbati e mostrati nella loro vergognosa fragilità intrinseca. 

 

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^'V'^
4 ore fa, ArmandoBis ha scritto:

Una percentuale elevata di persone cerca un lavoro ma non lo trova.

Questo è un problema squisitamente macro.

https://it.wikipedia.org/wiki/NEET

A parte il discorso su chi cerca lavoro ma non lo trova e le considerazioni fatte sulla situazione strutturale ita e l'interazione complessa ed intricata con l'economia globale. 

Ne possiamo certamente discutere civilmente: ci sono dei problemi ed hanno radici profonde oltre che interazioni vaste nel panorama globale. 

Questi problemi riguardano quella bassa % di persone che studiano, si formano, si danno da fare e cercano un modo per essere utili e ricevere un riconoscimento economico per questo. 

Ma, parlando d'altre persone, cosa diciamo del fatto che solo il sud africa, la turchia e la colombia hanno più gente che non cerca lavoro e non studia né si forma per diventare useful a qualcosa, rispetto all'Italia?

Percentuale_di_NEET_nel_2021_tra_i_15_e_i_29_anni.png

 

 

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senza nome
6 ore fa, ^'V'^ ha scritto:

https://it.wikipedia.org/wiki/NEET

A parte il discorso su chi cerca lavoro ma non lo trova e le considerazioni fatte sulla situazione strutturale ita e l'interazione complessa ed intricata con l'economia globale. 

Ne possiamo certamente discutere civilmente: ci sono dei problemi ed hanno radici profonde oltre che interazioni vaste nel panorama globale. 

Questi problemi riguardano quella bassa % di persone che studiano, si formano, si danno da fare e cercano un modo per essere utili e ricevere un riconoscimento economico per questo. 

Ma, parlando d'altre persone, cosa diciamo del fatto che solo il sud africa, la turchia e la colombia hanno più gente che non cerca lavoro e non studia né si forma per diventare useful a qualcosa, rispetto all'Italia?

Percentuale_di_NEET_nel_2021_tra_i_15_e_i_29_anni.png

 

 

La domanda però che sporge spontanea poi, appartenente all'economia classica o semplicemente a un discorso di ragionevolezza, è perché chi vuole lavoro in Italia viene pagato così poco?

Perché se sommi neet+disoccupati avrai un'offerta molto più bassa della domanda eppure i salari sono "bassi".

Anche il discorso che devi generare più guadagno di quanto costi è vero, ma fino ad una certa, difatti, tolte eccezioni, il mercato Italiano è un gioco al ribasso il cui obiettivo è pagare meno possibile il più qualificato possibile, ed aver già messo in conto che fra 1-3 anni il mio se ne andrà per le condizioni di lavoro non ottime, ma che lo farà anche l'uomo o la donna del competitor che io potrò assumere (così come lui potrebbe assume il mio dimissionario)

Questo è il cardine di un'infinità di aziende e concezione di business dei dirigenti o imprenditori italiani, non il valore apportato o aggiunto da un lavoratore.

 

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Massimo12
7 ore fa, ^'V'^ ha scritto:

https://it.wikipedia.org/wiki/NEET

A parte il discorso su chi cerca lavoro ma non lo trova e le considerazioni fatte sulla situazione strutturale ita e l'interazione complessa ed intricata con l'economia globale. 

Ne possiamo certamente discutere civilmente: ci sono dei problemi ed hanno radici profonde oltre che interazioni vaste nel panorama globale. 

Questi problemi riguardano quella bassa % di persone che studiano, si formano, si danno da fare e cercano un modo per essere utili e ricevere un riconoscimento economico per questo. 

Ma, parlando d'altre persone, cosa diciamo del fatto che solo il sud africa, la turchia e la colombia hanno più gente che non cerca lavoro e non studia né si forma per diventare useful a qualcosa, rispetto all'Italia?

Percentuale_di_NEET_nel_2021_tra_i_15_e_i_29_anni.png

 

 

I dati nel nostro paese dicono spesso mezze verità. La storia dei NEET, dei disoccupati, dell'incrocio domanda-offerta di lavoro, ecc. fotografano una realtà sgranata, perché non considerano mai il nero, che è un pezzo fondamentale dell'economia reale.

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ArmandoBis
12 ore fa, Tony Montana ha scritto:

Non sequitur davvero notevoli.

Dalla metà degli anni '70 alla fine degli anni '80 i disoccupati ufficiali (se poi tu hai altri numeri, bravo) in Italia sono raddoppiati, arrivando a doppia cifra.

Sono poi cominciati a calare a partire dalla fine degli anni '90 ritornando ai livelli di metà anni '70 nel 2007, dove la crisi finanziaria ha poi di nuovo impennato (come in tutta Europa) la disoccupazione fino al 2014. Da allora si è tornati ai valori di inizio anni '80.

EU27 l'anno scorso ha toccato i valori più bassi di disoccupazione dagli anni 2000: disoccupazione al 6%. Gli US hanno raggiunto il 3,5% nel 2023. In EU27 pesano Spagna, Grecia, Italia e la popolazione delle banlieues francesi (ci ho vissuto, li conosco benissimo, non rompetemi il cazzo) e la Svezia dell'immigrazione facile.

Tenuto conto dell'oltre 20% di analfabeti funzionali nella fascia di età da lavoro, direi che sta andando di lusso.

Ho già spiegato come il tasso di disoccupazione riportato sui giornali

a) è solo uno dei diversi indicatori; per avere un quadro più preciso occorre valutarli tutti (prima erano sette, poi sono diventati cinque, adesso non so) ma anche se li valuti tutti puoi avere una percezione errata del fenomeno perché 

b) l'attuale sistema di conteggio lascia fuori tutti coloro che hanno smesso di cercare attivamente un lavoro e non tiene conto di quanto i lavoratori desiderino lavorare. Con questo sistema, la disoccupazione REALE può essere, ad esempio, il 50% mentre il tasso ufficiale riportato sui giornali è invece vicino allo 0%.

Il problema qui è il solito, si prende un qualsiasi argomento di cui non si sa nulla, si fa una googlatina e si accetta acriticamente quello che passa il convento.

Quando si parla di lavoro negli anni '80 si parla di tempo pieno, il part time era rarissimo.

Oggi se lavori quattro ore alla settimana sei censito tra gli occupati.

Prendiamo il caso di un lavoratore a progetto odierno.

Un tempo sarebbe stato assunto, avrebbe lavorato 40 ore alla settimana guadagnando, diciamo, 100.

Oggi quanto lavora alla settimana?

Siamo ottimisti, diciamo 30 ore.

Dovrebbe guadagnare quindi l'equivalente di 75.

Però in questi anni la quota lavoro ha perso nove punti sulla quota capitale.

Dovrebbe guadagnare quindi 64, ma in realtà guadagnerà probabilmente meno, perché è ovvio che il taglio della quota lavoro colpisce disproporzionalmente chi non ha garanzie.

Del resto, stiamo confrontando un periodo in cui l'economia cresceva a un tasso triplo o quadruplo di quello attuale con un ventennio caratterizzato da stagnazione e recessioni.

Infatti prima la gente arrivava alla fine del mese senza problemi.

Oggi le file alla Caritas e all'Opera San Francesco sono sempre più lunghe.

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ArmandoBis

 

12 ore fa, ^'V'^ ha scritto:

Ok, rimaniamo OT, faccio delle affermazioni ma tu correggimi perché è il tuo campo. Io vado a braccio con quello che ricordo degli anni '80. 

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C'era un settore industriale ben sviluppato, e grazie alla lira debole una buona presenza negli scambi europei. 

Però c'erano segnali di problemi strutturali e cigolii sinistri, come il debito pubblico altissimo e la bassa produttività rispetto ai partner europei. 

Avevamo un rapporto debito/PIL tra i più alti tra i paesi sviluppati, impedendo al governo di assorbire una crisi economica anche di bassa magnitudo. Gli interessi pagati erano per questo alti, e si doveva ridurre la spesa pubblica in settori vitali. 

Sistema politico instabile, da barzelletta spesso, con una burocrazia pesante e stanca che unita ad un livello di corruzione pietoso e capillare da terzo mondo hanno spaventato investitori esterni e crescita economica. 

Poi arriva la globalizzazione, la concorrenza internazionale vera. Ossia con economie che offrivano manodopera a costi decenti da un lato, con economie di paesi più innovativi e meno incartati dall'altro. 

Li si inizia - credo - non tanto a creare quanto ad evidenziare per contrasto impietoso la debolezza strutturale dell'economia italiana, lenta e incartata nell'adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato globale. 

Arriva l'adesione all'euro e finisce il gioco di svalutare la moneta stampandone a tonnellate per favorire le esportazioni. 

Insieme all'eccessivo rapporto debito/PIL questo ha reso ancora meno elastica l'Italia nel rispondere a shock economici locali, senza considerare quelli generali come il 2007-2008. 

2008 che ha avuto un impatto globale, ma in italia a causa delle fragilità strutturali preesistenti ha avuto una magnitudo molto elevata, trascinandosi una ripresa tanto lenta da non essere probabilmente ancora a regime. 

Poi arriva il problema demografico, la sfida più che il problema. Invecchiamento della popolazione media, e allungamento della vita durante l'età in cui si riceve una pensione. Minori entrate fiscali da lavoratori produttivi e maggiori spese per pensioni e sanità, con una pressione ancora maggiore sulle finanze pubbliche. 

E sto saltando tutta la parte per cui naque la lega, che non era nata per xenofobia verso il sud, ma per esasperazione contro Roma, che prendeva al nord produttivo per buttare al sud senza che di fatto nessuno capisse o sapesse dove andassero tutti i soldi con cui rendevano meno produttivo il nord verso l'europa e il mondo, dato che al sud continuavano a buttare secchi d'acqua all'inferno con quei soldi. Si era arrivati ad assumere in Sicilia più guardie forestali che alberi, ad esempio. 

Il sistema bancario italiano come non solo in italia ha mostrato dagli anni '80 vari segni di fragilità, riducendo la capacità delle banche di erogare prestiti e così limitando ancora di più investimenti e crescita produttiva. 

Insomma, pare essere una complessa interazione tra fattori strutturali interni, cambiamenti globali e specifiche scelte politiche ed economiche che col senno di poi potevano essere diverse. 

L'appartamento in cui vivevo all'inizio degli anni '90 fu venduto per 33 milioni di lire, lo comprò un operaio specializzato che prendeva 2 milioni al mese, aveva due figli e la moglie non lavorava. Avevano anche la renault nuova a rate. 

Ma l'inflazione era a due cifre o poco meno, venivano stampate lire di continuo per svalutarle ed esportare. 

Così quell'appartamento alcuni anni dopo ne valeva cento, di milioni. 

Ma non perché ci avessero costruito un bordello di lusso accanto, o una stazione del treno. 

Perché i milioni non valevano più niente. 

Ora, fornisci una visione critica importante della indis, (disoccupazione involontaria) in italia, ma dovremmo contestualizzare la crescita degli anni '70 ed '80 rispetto ad oggi. 

Se non la contestualizziamo, sembra che stessimo crescendo e che poi sia arrivata una scelta locale sbagliata che l'ha fermata. 

Dobbiamo invece inscriverla nelle condizioni economiche globali di quel periodo, e chiederci se, date le debolezze strutturali e l'inflazione al galoppo su cui posava, sarebbe stata sostenibile fino ad oggi. 

Probabilmente no, probabilmente ad un certo punto avremmo pagato il prezzo, di tutto quel debito, di tutti quei soldi stampati a caso, di tutta quella situazione burocratica e politica demenziale che allontana investitori forti. 

E questo anche se si fosse evitato l'euro o se non fosse intervenuta la globalizzazione e il confronto internazionale reale, o se non ci fosse stato il 2008. 

Le statistiche sulla disoccupazione sono state truccate ad arte con l'inserimento dell'IVA forfettaria e delle SRL a un euro. 

In quel modo un sacco di disoccupati senza alcuna speranza di poter sostenere CAPEX ed OPEX di un'attività in proprio sono usciti dal novero dei disoccupati ed entrati nel novero degli occupati. 

E ok. 

E senza contare gli aspetti psicosociali e socioculturali della disoccupazione, perché "ai miei tempi" mi sono preso spiccioli per fare il lavapiatti a stagione, e l'imbianchino durante la scuola e se lo fai oggi per le due lire che mi davano dicono che ti fai sfruttare e che piuttosto non lavorano. Non dico abbiano ragione o torto, ma che è diversa la percezione e l'atteggiamento. 

Insomma, la situazione attuale è il risultato (io affermo, tu correggi se sbaglio che è il tuo campo) di un'interazione ultra complessa tra fattori strutturali interni, cambiamenti nel contesto economico globale sia a livello di crisi che di competizione, e specifiche scelte politiche ed economiche. 

Certo che cresceva, con lire stampate a caso a debito e inflazione a due cifre. 

Solo che ad un certo punto il gioco implode. Non sono soldi veri, quelli del monopoli che stampano per svalutarli ed esportare.  

Probabilmente per risolvere le sfide attuali sarebbe necessario abbandonare l'ipotesi dell'unica, "semplice ragione" ed abbracciare un approccio olistico, multidisciplinare che capisca e consideri riforme strutturali fondamentali, innovazione - seria, non una fiera a Milano ogni tanto per parlare di aria fritta - e un maggior adattamento (e comprensione) rispetto all'economia globale. 

Ma il singolo stronzo non può spostare un transatlantico spiaggiato con un remo da gondola. 

Ormai nemmeno se tutti remano, si risolvono i problemi strutturali del natante e la spiaggiatura. 

Quello che serve in questi casi è che ognuno faccia il suo per aggiustare la struttura dall'interno e che questo attiri la fiducia di grossi natanti con la possibilità di fare da rimorchio. 

Non credo che senza un rimorchio esterno serio, questa carcassa di ruggine senza capitano con la gente con un remo in mano e l'altra che si lamenta di non avere un remo, si tolga dalla sabbia. 

Credo che le crisi (2008 - covid) non abbiano causato i problemi economici e strutturali, ma che li abbiano esacerbati e mostrati nella loro vergognosa fragilità intrinseca. 

 

Adesso purtroppo non ho tempo di rispondere diffusamente e in modo circostanziato.

Dico solo che fattualmente è una ricostruzione errata e non su un singolo punto ma su tutti.

Dai molto spazio, ad esempio, alle questioni valutarie.

Bene, ti sorprenderà sapere che la lira non è mai, dico mai, stata debole.

La leggenda della debolezza della lira è appunto una fola.

Serviva a spaventare la gente per combattere le rivendicazioni salariali.

Quello che conta in una valuta non è il cambio nominale, ma quello reale, cioè cosa puoi comprare realmente all'estero con i tuoi soldi.

Quando si è disgregato il sistema di cambi fissi di Bretton Woods il cambio nominale della lira è stato piuttosto ballerino ma non si è mai deprezzato in termini reali sulle altre monete, se non è eventualmente di qualche punto percentuale.

La gente, a cominciare dai giornalisti economici, confonde ad esempio i riallineamenti, cioè l'adeguamento del cambio al tasso di inflazione interno con le svalutazioni (fenomeno diffuso ai tempi dello SME).

Lo stampare moneta di cui parli non è mai avvenuto.

Quindi, l'inflazione a due cifre degli anni '80 non ha nulla a che fare con un'espansione monetaria.

Per la cronaca:

- il 90% di moneta in circolazione è creato dalle banche, solo il 10% è in moneta cartacea emessa dalla Banca Centrale (per il dollaro la faccenda è diversa)

- emettere titoli di debito (da parte dello Stato o di un privato la cosa non cambia) non equivale a stampare moneta, la cui quantità resta inalterata.

Sempre per stupirti, c'è stato un periodo in cui la lira ha cambiato il suo valore reale rispetto alle altre valute europee, ed è stato nell'ultima fase dello SME, quella detta dello SME credibile, quando la lira è stata PESANTEMENTE RIVALUTATA sulle altre divise, in primis il Marco tedesco.

Lo scopo era mandare l'economia italiana in recessione, una terapia brutale che aveva lo scopo di stroncare l'inflazione.

L'obiettivo fu raggiunto. Alcuni però hanno pagata cara questa manovra.

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