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Visto che in Italia nel giro di qualche anno sarà difficile sopravvivere, dove emigrare?


The President

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3 ore fa, Gamebred ha scritto:

 

Se non vuoi andar via dall'Italia per il meteo e per il cibo....va beh, meglio se non dico nulla.

Sarai sempre considerato un immigrato, eh sì....brutto eh? Forse allora dovresti rivedere il tuo modo di considerare chi emigra in un altro paese.

 

Comunque se non per guadagnare di più perché dovresti andare a lavorare all'estero?

Sono stato all'estero ho avuto l esperienza . 

 

Ho visto le persone che fanno palesemente finta di non capire quello che dici perché ti vedono come "invasore". 

Sono stato nelle nazioni in cui arrivi in inverno a meno 30 gradi , e in estate piove ogni 5 minuti.  

Se per 2k in più rispetto all'italia devo vivere di merda mi farei due domande. 

 

Se uno ha un lavoro che in Italia guadagna mille euro e in uk (prendo d esempio) guadagna 10 mila euro al mese da subito, ma si parti cazzo aspetti. 

Ma onestamente casi così non ne ho ancora conosciuti.  

Ma ho conosciuto tante persone che su Facebook fanno le fighe a postare selfie vida loca e poi in chat privata con me piangono perché vorrebbero tornare qui. 

E chiariamo ve lo sta dicendo uno che prima o poi dovrà partire per l estero (tra due/tre anni immagino)

Perché qui rimarrei sempre allo stesso punto senza prospettive di crescita.  

Ma io non faccio testo, sono un lupo solitario , un reietto della società, uno di quelli che a volte si sente immigrato anche nella sua stessa nazione. 

Ma io GIÀ so a cosa vado incontro.  

Il mio messaggio è rivolto ai molti che pensano che andando all estero tutti i loro problemi si risolveranno con uno schiocco di dita. 

Ad uno che in Italia è integrato, socialmente abile, materiale da ltr, posto con possibilità di carriera anche qui, legato alla famiglia, non consiglierei MAI di prendere e partire. 

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  • 4 settimane dopo...
comeback

Sono un ingegnere in Germania, incontro decine e decine di expats al mese (Germania vanta una comunità immensa di italiani) e il discorso è complesso.

1. La sola leva economica non è una scelta ponderata per lasciare l'Italia o il paese di origine. Questa avrebbe un qualche senso su cifre pesanti.

Faccio un esempio, un conto è passare dalla disoccupazione più totale o retribuzioni da fame (casi anche di neo laureati) ad uno stipendio decente, altro è decidere di muoversi all'estero per incrementare il proprio stipendio come un informatico junior che in Italia fa 1,5/2 k. al mese e che all'estero arriva a 3k (calcolate anche il costo della vita). Nel primo caso, un individuo ha un significativo aumento del proprio benessere, in termini di dignità, nel secondo caso va valutato il peso sociale/personale di una scelta del genere. Proseguo, nel caso dell'informatico non è facendo qualche ora in più di shopping o passando da una auto del valore di 6K a 10k ha un significativo miglioramento della vita.  

2. Scelta personale.

Quando ero a Londra mi capitava di incontrare decine di persone che avanzavano questa famigerata scelta personale, orbene annoiati dell'Italia e dell' italian-life style, mentalità e persone compresi, questi prodi amici si spostavano verso Londra. Più fuggitivi che altro. Questo esercito di gente che voleva ripartire da zero, in una fascia generalmente 25-35, il più delle volte rientrava in Italia nel giro di un anno, non riuscendo a colmare quel disagio personale, dopo essersi scontrati nella realtà dei fatti che per ripartire da zero in un paese straniero ci vogliono due palle grandi quanto la London Eye.

3. Curiosità.

La curiosità è il più pericoloso vicolo cieco. E' una scelta inconsistente. In Italia è spinta all'inverosimile la credenza che ogni paese diverso da noi abbia universalmente migliori condizioni. In molti casi gli expats italiani viaggiano su queste frequenze che hanno sviluppato nella vacanza a Londra, Berlino o nelle intrepide notti a Formentera. Ci sono paesi che funzionano meglio, senza dubbio, ma i cambiamenti vanno considerati nella loro interezza.

4. Seguire qualcuno.

Inutile argomentare.

5. Casualità.

Alcune persone finiscono in alcuni posti per caso, ad esempio una opportunità professionale un pizzico meglio remunerata dopo un periodo di delusione lavorativa, un contatto di un amico, desiderio di esperienze professionale estero, e via discorrendo.

5+1 Bonus track:

O crei la tua piccola cerchia fidata, culturalmente vicina e hai una donna stabile o tempo due o tre anni dai di matto anche se punti a scopate occasionali. 

 

In sintesi, deve essere una scelta ben bilanciata, l'espatrio è una pesante scelta di investimento che da benefici solo nel lungo termine, dissuadete da amici ridenti nelle foto all'estero, dovreste ascoltarli lontani dai loro smartphone. Per ciò che mi concerne, per lunghi mesi qui in Germania, a causa di svariate trasferte anche in Europa, la vita professionale ha sovrastato quella personale. Ad oggi, fatte eccezioni per alcune grandi opportunità che sto avendo (viaggi di lavoro, corsi, e altro) non mi sento ancora del tutto realizzato. 

Modificato da comeback
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IO.SI.TU.NO
19 ore fa, comeback ha scritto:

Sono un ingegnere in Germania, incontro decine e decine di expats al mese (Germania vanta una comunità immensa di italiani) e il discorso è complesso.

1. La sola leva economica non è una scelta ponderata per lasciare l'Italia o il paese di origine. Questa avrebbe un qualche senso su cifre pesanti.

Faccio un esempio, un conto è passare dalla disoccupazione più totale o retribuzioni da fame (casi anche di neo laureati) ad uno stipendio decente, altro è decidere di muoversi all'estero per incrementare il proprio stipendio come un informatico junior che in Italia fa 1,5/2 k. al mese e che all'estero arriva a 3k (calcolate anche il costo della vita). Nel primo caso, un individuo ha un significativo aumento del proprio benessere, in termini di dignità, nel secondo caso va valutato il peso sociale/personale di una scelta del genere. Proseguo, nel caso dell'informatico non è facendo qualche ora in più di shopping o passando da una auto del valore di 6K a 10k ha un significativo miglioramento della vita.  

2. Scelta personale.

Quando ero a Londra mi capitava di incontrare decine di persone che avanzavano questa famigerata scelta personale, orbene annoiati dell'Italia e dell' italian-life style, mentalità e persone compresi, questi prodi amici si spostavano verso Londra. Più fuggitivi che altro. Questo esercito di gente che voleva ripartire da zero, in una fascia generalmente 25-35, il più delle volte rientrava in Italia nel giro di un anno, non riuscendo a colmare quel disagio personale, dopo essersi scontrati nella realtà dei fatti che per ripartire da zero in un paese straniero ci vogliono due palle grandi quanto la London Eye.

3. Curiosità.

La curiosità è il più pericoloso vicolo cieco. E' una scelta inconsistente. In Italia è spinta all'inverosimile la credenza che ogni paese diverso da noi abbia universalmente migliori condizioni. In molti casi gli expats italiani viaggiano su queste frequenze che hanno sviluppato nella vacanza a Londra, Berlino o nelle intrepide notti a Formentera. Ci sono paesi che funzionano meglio, senza dubbio, ma i cambiamenti vanno considerati nella loro interezza.

4. Seguire qualcuno.

Inutile argomentare.

5. Casualità.

Alcune persone finiscono in alcuni posti per caso, ad esempio una opportunità professionale un pizzico meglio remunerata dopo un periodo di delusione lavorativa, un contatto di un amico, desiderio di esperienze professionale estero, e via discorrendo.

5+1 Bonus track:

O crei la tua piccola cerchia fidata, culturalmente vicina e hai una donna stabile o tempo due o tre anni dai di matto anche se punti a scopate occasionali. 

 

In sintesi, deve essere una scelta ben bilanciata, l'espatrio è una pesante scelta di investimento che da benefici solo nel lungo termine, dissuadete da amici ridenti nelle foto all'estero, dovreste ascoltarli lontani dai loro smartphone. Per ciò che mi concerne, per lunghi mesi qui in Germania, a causa di svariate trasferte anche in Europa, la vita professionale ha sovrastato quella personale. Ad oggi, fatte eccezioni per alcune grandi opportunità che sto avendo (viaggi di lavoro, corsi, e altro) non mi sento ancora del tutto realizzato. 

 

D’accordo con praticamente tutto...

Parlando qui all’estero con tantissimi connazionali (e immigrati di altre nazioni) mi sono reso conto infatti che gli unici VERAMENTE felici di aver lasciato l’Italia sono:

1) quelli che hanno mangiato merda all’infinito in Italia e hanno vissuto in situazioni economico-sociali da terzo mondo...li riconosci perché spesso si sentono ricchi con 200€ in tasca e non fanno altro che parlare male dell’Italia

2) i talenti non valorizzati...architetti, ingegneri, medici, informatici presi per il culo con stage da 500€ al mese; che all’estero guadagnano cifre dalle 3/4 volte in su di uno stipendio italiano

3) chi ha già in progetto di restare giusto il tempo di imparare la lingua del posto o farsi la stagione turistica o fare un’esperienza di un anno che fa curriculum 

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  • 9 mesi dopo...
White Lion

Ciao ragazzi,

mi piacerebbe aprire un nuovo filone di discussione incentrato sui rapporti umani esistenti al di là del confine tralasciando il lavoro e il denaro (sebbene questi influenscano certamente i primi).

Più cresco e cerco il mio posto quì, più mi trovo alle strette nella società italiana che è permeata da una continua ossessione verso il lavoro e il denaro, un senso del vivere civile sotto le scarpe abbinato a comportamenti grezzi e ripetitivi, gruppi sociali molto chiusi intrisi da un'eterna diffidenza verso l'altro e via discorrendo.

Quando ho modo di parlare con alcuni studendi internazionali o espatriati sento un vibe tranquillo e sereno che altrove non riesco a trovare né replicare, tanto meno a lavoro.

Dunque, dato che questa è soltanto una mia visione parziale del mondo che ci circonda, mi piacerebbe se voi potreste darci la vostra idea, trasmetterci la vostra esperienza, sul come le persone degli altri paesi vivono le relazioni umane, i loro contesti culturali e i loro processi mentali, il modo di rapportarsi con la vita, con gli altri e con il lavoro (specificando il paese).

A buon rendere!


ps. due esempi per rendere l'idea:
- in un paese dell'est Europa dove ho vissuto, considerato dai più, abitato da gente "fredda" a me pareva che invece i rapporti umani fossero molto più profondi appena superata la prima fase della conoscenza rispetto a quelli italiani dove si parte bene sorridendo di facciata ma poi sotto sotto si covano invidie, cattiverie e tradimenti.
- un finlandese che dormiva da me, quando siamo usciti il sabato sera, camminava per il centro in ciabatte ma non perché fosse chissà chi ma semplicemente perché, imho, nella sua cultura nessuno lo guarda male se gira come cazzo gli pare. Qui da noi se non vai dal panettiere in tiro sei considerato un emarginato.

Modificato da White Lion
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Roose Bolton
31 minuti fa, White Lion ha scritto:

Qui da noi se non vai dal panettiere in tiro sei considerato un emarginato.

Penso sia più una cosa dei terroni, ma là è normalissimo finire in mano agli usurai pur di farsi vedere col macchinone e l'aifonne.

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Urban_Fender
1 ora fa, White Lion ha scritto:

ps. due esempi per rendere l'idea:
- in un paese dell'est Europa dove ho vissuto, considerato dai più, abitato da gente "fredda" a me pareva che invece i rapporti umani fossero molto più profondi appena superata la prima fase della conoscenza rispetto a quelli italiani dove si parte bene sorridendo di facciata ma poi sotto sotto si covano invidie, cattiverie e tradimenti.
- un finlandese che dormiva da me, quando siamo usciti il sabato sera, camminava per il centro in ciabatte ma non perché fosse chissà chi ma semplicemente perché, imho, nella sua cultura nessuno lo guarda male se gira come cazzo gli pare. Qui da noi se non vai dal panettiere in tiro sei considerato un emarginato

SUi rapporti umani in genere, credo che servano analisi molto più profonde e meno generalizzanti.
Sicuro,nel nostro piccolo italiano, quanto spesso sentiamo dire che al "nord sono freddi,mentre al sud bla bla bla".

La mia esperienza con Veneti,Friulani,Piemontesi dice altro,così come con Pugliesi,Campani,etc.
Questo perchè ho sempre ritenuto che mantenendo  elevato il senso civico e l'orientamento  alla cultura, le occasioni in cui tendere verso il basso e dare modo ai luoghi comuni più "bassi" di manifestarsi si riducessero.
E così,più o meno è stato fino ad ora.

Del camminare in ciabatte, concordo solo sul fatto che bisogna sentirsi liberi di non essere giudicati e soprattutto non sentirsi autorizzati a giudicare nessuno né per l'aspetto esteriore e a maggior ragione senza saperne i contorni di vita.
D'altro canto, a supporto del senso civico e del mantenimento/elevamento culturale, ritengo che nel 2020 in certi contesti vada mantenuto uno stile ed un decoro.

Agli Uffizi, la libertà di vestirsi come ad un qualsiasi lungomare, non dovrebbe esser concessa.
Semplicemente perchè a mio modo di vedere, oggi si concede QUESTA di libertà...domani si cede su altro, dopodomani su altro ancora e via.

Lo stesso vale per "considerarsi in tiro".
In alcune zone di Italia esiste ancora l'abito della domenica. Quello che si indossa per andare a messa, si.

Ma farei anche attenzione a voler equiparare modi di fare/usanze/atteggiamenti di varie Nazioni.

Modificato da Urban_Fender
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comeback

Non pochi italiani all'estero si lamentino delle condizioni sociali all'estero perchè hanno di base un livello di aspettative eccessivo o perchè sono generalmente illusi dall'idea che l'italiano all'estero debba essere trattato da tutti come una celebrità. Quindi, al netto di tutto, se la sciura che abita vicino non eccede in un saluto affettuoso, caldo, quasi materno, subito l'italiano medio inizia ad imbronciarsi. Allo stesso tempo si impantana la mente se non stringe profonde amicizie con i locali nel giro di 48 h, accusandoli di freddezza, chiusura o antipatia di default. 

Ammetto di aver incontrato sempre persone gentile nei miei confronti e sono stato tra Svizzera, UK e molto più tempo in Germania. In più svariate permanenze in diversi paesi europei in alcuni dei quali vi è una componente culturale di base molto accentuata.

Mai avuto il minimo problema, anzi comparando tutte le esperienze socialmente più negative le ho avute in Italia o con persone italiane o con altri stranieri all'estero appartenenti a culture che non ho mai trovato compatibili al mio modo di essere.  Evito di elencare. Da qui, lungi da me semplificazioni o razzismi vari ma riporto solo delle esperienze dirette.

Credo che la partita si giochi tutta sul capire le regole d'ingaggio lontano dall'Italia. Devi capire come funziona il gioco altrove, quasi sono le regole e come ci si deve relazionare. Ho visto molti italiani cercare più accentuare a mille la loro italianità in terra straniera anche con qualche eccesso, o a volte anche di imporla, o in altri casi con modalità di socializzazione molto grossolane (che poi altri italiani pagano indirettamente). Continuo però a ritenere la cultura (buona) italiana forse la più completa e intercambiabile tra tutte. 

 

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White Lion

Tutto giusto, ma qui mi sarebbe piaciuto/piacerebbe avere una raccolta di opinioni, una specie di Wikipedia, sul com'è vivere all'estero (non considerando l'aspetto meramente economico o di possibilità lavorative).
Non specifico l'ovvio, la persona più chiusa d'Italia la si potrebbe trovare in Puglia come la persona più solare magari la potremmo incrociare a Milano, ma io qui parlo di media. E mediamente, è palese che a Torino si vive diversamente che a Rimini, lasciatemi dire, dove i romagnoli hanno un altro modo di porsi rispetto ai piemontesi.

 

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comeback

@White Lion ho scritto diverse volte in altri post, ultimi tre anni circa passati tra Londra, Svizzera e Germania. Nei primi due permanenze per un totale di 7/8 mesi. In più ho viaggiato per lavoro in una serie di paesi europei ma al massimo permanenze di 3 settimane.  Non ero alle primissime esperienze, in quanto ero stato anni prima per un mese da amici studenti (come lo ero io) in Olanda, poi qualche tempo ricerca tesi in Estonia e uno stage (poi dimissionario, dopo qualche mese) sempre in Germania. 

Parto dalla socialità. Non mi sono mai trovato male ovunque sono stato, oggi che sono più maturo posso dire che tutti i miei rimorsi o cose che avrei potuto gestire meglio, sono dovute solo alla mia incapacità, alla mia scarsa abilità di riuscire ad impattare meglio certi momenti della mia vita. Solitamente si attribuisce agli altri o al contesto, alla città, alla società o alla cultura, i nostri insuccessi o le cose che avremmo potuto far meglio. Sono modi per deviare dalle proprie responsabilità, alias fallimenti. Non è il mio caso. 

Generalmente le grandi differenze che ho trovato fra l'estero e l'Italia stanno nei tempi in cui si fanno le cose. In Italia si arriva in ritardo su tantissime cose, banalmente ci si sposa più tardi, si inizia a lavorare stabilmente più tardi, si fa carriera più tardi, si lascia casa dei genitori più tardi, in più si nota palesemente che molti italiani a 28/35 giocano ancora a fare i ragazzini di 20. L'ultima parte può essere anche bella, godersi la vita è sacro ma assurge anche ad un certo livello di pateticità se poi ti trovi in posti dove sei il fuori-quota. Tutte queste cose appena dette creano situazioni dove tenti di abbordare una di 25/26 e ti risponde che è diventata mamma da poco, un collega sbarbatello te lo trovi comprare i pannolini ed eri quasi tentato nel proporgli una carriera da wing o che gran parte dei giovani d'Europa si imbatta in problemi come trovare un mutuo, comprare una auto con i controcazzi, mentre tu sei intento come un indemoniato a ricercare i locali del sarge perfetto. Ognuno fa la vita che vuole ma questo scenario crea problemi e condizioni pratiche che in(direttamente) ti trovi a gestire, ad esempio meno ragazze single, casi umani (ne trovi a valanga) di donne (4/5 hb, 6 se sei benedetto dalla sorte) che iniziano ad essere fuori mercato, e molti limiti da manovra anche per ciò che riguarda le persone che hai intorno, in quanto molti hanno altri impegni che farti da spalla o star dietro la tua volontà di fare festa. Inoltre hai una percezione diversa delle donne se a 27 / 30 / 35 all'estero sei ancora single, se sei di bell'aspetto o di buon aspetto hai solo due interpretazioni positive: sei un divorziato o sei un Don Giovanni che le usa e le getta. 

Personalmente a chi vuole fare esperienza all'estero, consiglio di non partire oltre i 25.

La mia esperienza è buona finora, esistono però paesi nettamente più interessanti per il sarge e non considero le tedesche autoctone in media molto belle. 

Per il lavoro le opportunità ci sono ma il tuo livello di inglese deve essere perfetto, una laurea è gradita, se parli qualche altra lingua hai maggior vantaggi ma in generale per me sei un pizzico sotto dei locali. Tedesco almeno A2 in partenza e B1 nel giro di 1/2 anni.

 

 

 

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sfulcrum
Il 25/9/2018 alle 07:04 , decatron ha scritto:

Rega ma voi pensate che fuori dall'Italia se sta tanto meglio? 

Troppi ne vedo che tornano... detto da uno che voleva partire.

Direi che c'è un equilibrio i cui fattori sono vita lavorativa, affettiva ed amici; se tutti vanno molto male per parecchio si vive male ed andando all'estero si cambiano molti fattori nell'equazione (cambiando l'ordine degli addendi il risultato cambia).

Grosso modo fino ai 30 anni è più semplice adattarsi, passati i 30 nella nuova realtà c'è ne va parecchio ad integrarsi, e pure senza fare errori, non è sempre matematico riuscirci bene....dopo un po' di tempo questo può pesare; a 20 anni si è molto più incoscienti e, almeno nella mia esperienza, la si vive diversamente.

E' un passo che va ben ponderato: se un 19 enne volesse andare a Londra a lavorare come barista gli direi di andare tranquillo perché alla peggio imparerà un po' di inglese, a stirarsi le camicie e fare i conti con spesa e stipendio. A un 30 enne ingegnere, abbastanza inserito nel contesto lavorativo del territorio, mi permetterei di consigliare di valutare il rapporto pro/contro...poi nella vita ci va anche culo.

Modificato da sfulcrum
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