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La ferita narcisistica


fede91

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Pubblico di seguito due articoli che spero possano interessare...

La ferita narcisistica e il destino delle relazioni

Parlerò in questo articolo dell’Innamoramento, ed in particolare di come esso riveli preziose informazioni sui nostri modelli relazionali interiorizzati.

Partendo dalla osservazione che l’innamoramento somiglia curiosamente (e apparentemente) ad una forma estrema di Dipendenza affettiva.

In esso infatti ritroviamo tutte quelli che, a ben vedere, potremmo definire i sintomi della Dipendenza, vale a dire: l’idealizzazione, il desiderio di stare continuamente con la persona amata, l’ansia di separazione, l’ossessione" per l’altro, le manifestazioni somatiche (batticuore, rossore, eccitazione).

D’altronde è osservazione di senso comune che il folle e l’innamorato si comportano allo stesso modo.
Con la differenza, di non poco conto, che l’innamorato emana una gioia ed una vitalità che le persone “sane” possono solo invidiare.
In ogni caso, l’Innamoramento è una esperienza, tipicamente umana, limitata nel tempo.

Il modo in cui viene vissuta, ma soprattutto il modo in cui si conclude, è causa ed effetto allo stesso tempo, ovvero fornisce un indicatore del modo in cui affrontiamo le relazioni (in termini infantili piuttosto che con modalità più adulte)

In un certo senso l’innamoramento ci consente di ri-vivere una esperienza di cui non abbiamo memoria conscia, ma che il nostro corpo ricorda: quella in cui eravamo appagati totalmente e l’Altro era in assoluta sintonia con i nostri bisogni.

Mi riferisco ovviamente alla vita intra-uterina, ed all’Amore incondizionato che ci ha nutrito nelle prime fasi dell’esistenza.
(Escludo da tale discorso gli individui per i quali tale esperienza è stata più traumatica che appagante, perche in tali casi ci troviamo solitamente di fronte a patologie gravi, che non verranno trattate in questo articolo).

In ogni caso per ognuno di noi c’è stato un momento in cui siamo stati estromessi dal paradiso terrestre, in cui abbiamo smesso di essere il centro assoluto dell’interesse del mondo.
Esattamente come, nel momento in cui finisce l’innamoramento, siamo costretti a fare i conti con e la delusione, e la realtà “per quella che è”.
Perché l’innamoramento è innanzitutto una esperienza trascendentale, nel senso di trascendere i limiti della nostra personalità e delle nostre abitudini, e l’altro ci appare non nella dimensione reale ma in quella ideale.

Il passaggio dall’Ideale al reale è sempre traumatico, ma ci consente di ricontattare la nostra ferita narcisistica primaria: Il giorno in cui il mondo ha smesso di girare intorno a noi.
Il modo in cui noi siamo stati aiutati ad elaborare la perdita ed integrare tale ferita, è fortemente predittivo della nostra capacità di vivere la relazione.
In termini psicanalitici tale processo viene definito l’interiorizzazione di un oggetto buono: il bambino impara, attraverso le cure e la sensibilità dell’altro, che egli è una persona degna d’amore. Questo sentimento, che in genere lo accompagna per tutta la vita, nutre l’amor proprio e la fiducia verso se stessi e gli altri.

Nel momento in cui invece tale integrazione non è stata portata a termine in modo compiuto, l’individuo ridefinirà la ferita in termini svalutativi e difensivi.

Il processo di auto-svalutazione si basa su idee del tipo: è colpa mia, non merito l’amore altrui, ho fatto qualcosa che rovinato tutto, c’è qualcosa di sbagliato in me…

In sostanza si basa sull’assunto: non vado bene così come sono.
Molte forme di Dipendenza affettiva (forse tutte)si basano su questo assunto di base.

Il processo difensivo invece delega all’esterno la responsabilità [Dissonanza Cognitiva]: c’è qualcosa di sbagliato nell’altro, non mi ama veramente, non mi capisce…
Se vogliamo è una modalità “narcisistica” di integrare la perdita.
E’ evidente che le due modalità, descritte molto sinteticamente, possono coabitare all’interno della stessa persona. Molto spesso comunque appartengono distintamente ai due partner, che anche per tali ragioni restano “agganciati”.

In ogni caso la modalità più sana per passare dall’innamoramento all’Amore, resta, molto semplicemente, riconoscere noi stessi e l’altro, accettare quello che siamo, anche (o soprattutto?) i limiti umani ed esistenziali: dell’individuo, e della relazione.

La ferita narcisistica genera rabbia Cos’è l’equilibrio narcisistico:

L’equilibrio narcisistico è fondamentale per l’ esistenza di ogni essere umano e con equilibrio mi riferisco a ciò che intende la psicoanalisi del sè, ossia la condizione interna in cui i nostri valori, ideali, principi, ambizioni e mete siano in qualche modo attivi, organizzati e armonizzati in termini di coesione e vitalizzazione verso il nostro naturale senso di autorealizzazione. E’ riferito alla capacità di sperimentare le gioie e i dolori dell’esistenza e di vivere nella coerenza con se stessi; ciò è frutto di una profonda conoscenza e dell’essere a contatto con l’ambizione di realizzare la propria persona “attraversando” e “tollerando” maggiormente le inevitabili sfumature emotive presenti nella nostra vita.

La sensazione di stare bene con se stessi, la capacità di tollerare le sconfitte senza necessariamente cadere in un abisso senza fine, le buone relazioni e la capacità di scegliere persone con le quali stare bene è indice che il nostro equilibrio narcisistico (autostima) funziona bene. L’essere affermativi e il sapersi confrontare senza essere necessariamente rabbiosi, la capacità di ascoltare il punto di vista dell’altro, la capacità di attivare azioni costruttive anzichè distruttive, è indice che la nostra vita è attiva, funzionale e matura. Significa che il nostro stato di conoscenza è tale da permettere che la nostra linea di sviluppo sia meno soggetta a deragliamenti e conflitti incompresi ma più vicina a ciò che è benevolo per noi. Sentiamo che il nostro senso di esistenza è vitale. Ciò non nega le inevitabili vicissitudini dolorose della vita, ma rende possibile un nuova responsabilità per affrontarle e come affermava il buon Freud “il primo dovere dell’uomo è rendere la vita sopportabile”.

I fantasmi dell’infanzia e il presente: l’assenza empatica e l’ incomprensione genera ferite; frequentemente “sabotando se stessi”:

Capita spesso a chi ha subito con continuità ferite narcisistiche, ossia a chi ha vissuto nell’esperienza di un’’incomprensione assoluta e continuativa dei propri bisogni già in età precoce, di porsi continuamente a dura prova in un’ incessante sfida con l’altro con “l’obiettivo inconscio di cancellare l’offesa di chi ha osato opporglisi, incomprendere, dissentire o fargli ombra”. Questa forte difesa inconscia non permette di viversi bene e di viversi l’altro.

La ferita, riguarda soprattutto, un mancato riconoscimento, che può essere al proprio bisogno, al proprio stato, al proprio impegno, al proprio dolore, alle proprie conquiste e in generale al proprio esserci.
L’altro, a volte diviene un nemico, confuso e generalizzato dalla visione oramai distorta. Diviene un tormento che blocca in qualche modo il raggiungimento della propria meta narcisistica.

La rabbia cresce e dirompe quindi, quando il proprio essere ma anche gli altri non riescono a vivere all’altezza delle proprie aspettative e in qualche modo si sabota se stessi” per non ottenere mai quel sano riconoscimento di cui paradossalmente si ricerca. Si è in un impasse di un “profondo conflitto emotivo” che è soggettivo e va approfondito con la comprensione. ..

Ogni qual volta ci si sente incompresi o l’altro non aderisce al proprio pensiero, oppure quando il confronto è vissuto come attacco è facile avvertire questo senso di vulnerabilità che si può scatenare appunto con la rabbia, con l’arroganza o la presunzione, con un’eccessiva ansia, “poichè in realtà ci si sente feriti nel profondo e radicato passato riattivato da esperienze presenti” e il modo in cui si è organizzata l’esperienza interna ci rende spesso vulnerabili di fronte a situazioni analoghe a esperienze trascorse. Ciò non solo porta ad un malessere interno psico-fisiologico ma al contempo a conseguenze sociali significative.

Le reazioni alle ferite narcisistiche:

La percezione del sé e dell’altro viene vissuta e guidata da esperienze reattive molto forti. La risposta rabbiosa, la percezione di grandiosità, a volte di arroganza, l’eccessiva svalutazione dell’altro, oppure la risposta psicosomatica (ansia, ipocondrie, bulimia, dipendenze) in cui spesso è il corpo a parlare, l’incapacità di comprendere l’altro, il senso di vergogna sono indici di un malessere interno.

Queste reazioni ci parlano di ciò che pervade la nostra esistenza e dell’ impossibilità di condividerne l’esperienza in modo sano nel continuo gioco dialettico della vita di sentirsi individuati con la propria soggettività e al contempo somiglianti per il bisogno di appartenza umana.

Nella reazione di rabbia, che può divenire una caratteristica di quella specifica persona, a volte si nasconde la pretesa di avere la disponibilità di qualcuno sempre e incondizionatamente a rispondere nel modo in cui ci si aspetta: l’aspettativa di quella conferma mai avvenuta poichè la comprensione passata è stata fallimentare.

Questa aspettativa è inverosimile e la non risposta genera una nuova ferita, perchè si è strutturara una particolare vulnerabilità nei confronti dell’incomprensione. Si è scarsamente in contatto con la propria organizzazione interna e si è spinti verso l’altro con impeto, in uno stato emotivo che provoca una risposta dell’altro distonica cioè poco sintonizzata con lo stato emotivo vissuto.

La ferita e la ricerca incessante della mancanza:

E’ come se ci fosse un arresto a modalità relazionali arcaiche, trascorse, rimaste immodificate e insoddisfatte, isolate dal resto della psiche perché mai comprese e a cui mai nessuno ha dato una risposta di convalida, per esempio, l’approvazione per una passione particolare, cela la possibilità di realizzare quella specifica passione che invece renderebbe entusiasta la vita di quella persona.

La conseguenza si traduce come incessante e famelica ricerca di diffuse conferme in aree sbagliate che tendenzialmente non appartengono a sé ma tendono a sabotare la propria realizzazione poichè incomprese ed incastrate in modalità ripetitive che trovano una via di uscita con la rabbia.

Marialba Albisinni

(Riferimenti teorici- La ricerca del sé - Heinz Kohut, 1978, Boringhieri – La guarigione del sè – H.Kohut – La cura psicoanalitica H. Kohut- Potere, coraggio e narcisismo – H.Kohut – I contesti dell’essere Storolow).

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PSICOTERAPIA

La psicoanalisi del sè e inter-soggettiva si occupa in particolare delle ferite narcisistiche:

La psicoanalisi del sé, in particolare si occupa di queste problematiche e la mobilitazione della rabbia è uno dei tanti punti importanti nella terapia. Questi pazienti sono apparentemente intrattabili, ma è ancor più difficile per loro ammettere che abbiano bisogno di un aiuto e ad entrare nel dolore per elaborarlo e vivere in terapia una “nuova esperienza” per riavviare processi emotivi bloccati o carenti. In questo senso la psicoterapia attiva diversi processi tra terapeuta e paziente in una relazione evoluzionistica più che ripetitiva. Ma inevitabilmente anche all’interno della terapia si riattivano modalità relazionali ripetitive e il terapeuta attento e dedito alla relazione col tempo aiuterà il paziente ad uscire da tali modalità ostacolanti.

La nuova situazione analitica, in termini di nuova esperienza relazionale e l’elaborazione di ciò che è avvenuto e di ciò che avviene, sono protese a comprendere e trasformare il proprio sé, arricchendolo in modo più maturo e sano avviandolo in aree più vicine alla propria persona.

Il cambiamento in questo senso offre una nuova modalità di vedere se stessi e gli altri, in cui non è la sola organizzazione narcisistica carica di rabbia a dominare il proprio io, ma si tende ad un nuovo modo di organizzare l’esperienza, più consona con il proprio “benessere” e la propria “autostima” (narcisismo sano) in termini di vitale esistenza e di coerenza con ciò che si è e si vuole essere aldilà delle mancante esperienze o umiliazioni consapevolmente o inconsapevolmente vissute. E’ una situazione complessa, poichè si celano conflitti inconsci e scarsa conoscenza di sè e dei propri processi emotivi e mentali.

La psicoterapia psicoanalitica in questo senso aiuta, l’empatia è lo strumento o direi un modo di essere di chi segue questo tipo di approccio anche nel comprendere i tempi necessari, i ritmi del paziente, le digregolazioni ed è tesa ad aiutare la persona a fare pace con se stessa ma anche con gli altri prescelti, a tollerare maggiormente le condizioni di vulnerabilità, a orientare e poi gradualmente godere maggiormente del trovato senso del sè in modo più autentico, proteso al rispetto per se stessi e una maggiore comprensione per gli altri.

Marialba Albisinni

(Riferimenti teorici- La ricerca del sé - Heinz Kohut, 1978, Boringhieri – La guarigione del sè – H.Kohut – La cura psicoanalitica H. Kohut- Potere, coraggio e narcisismo – H.Kohut – I contesti dell’essere Storolow).

Comincia, piccolo fanciullo,

a riconoscere dal sorriso tua madre,

comincia piccolo fanciullo;

a chi i genitori non sorrisero,

nessun dio lo degnerà della mensa,

nessuna dea del suo letto.

(Virgilio: Ecloga IV,vv 60-63)

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  • 7 anni dopo...
thehappyunicorn

Riattivo un posto datato 2013 in quanto la mia risposta credo stia tra queste righe, ma vorrei confrontarmi con chi prova cose simili.

Avete presente la paura del rifiuto? Non è quella, ma credo sia in pratica qualche cosa di paragonabile. Avvicino donne da sempre, con altalenanti fortune. Lo faccio da ben prima di internet, credo non esistesse nemmeno, l'ho sempre fatto perché mi andava di farlo e perché dovevo dimostrare qualcosa a me stesso, anche. Non lo nego. Ho ricevuto più no io che non quanti ne riceverebbe un bambino obeso mentre cammina per la corsia dei dolci al supermercato mentre da la mano al suo nutrizionista indicandogli ciò che vuole. Ho anche portato a casa soddisfazioni ovviamente. Il punto non è il no. Sono a posto da molto con i no, che a volte tra l'altro si trasformano in sì. Il punto è questa rabbia che sento dentro a tratti. In genere non tratto male le persone, cerco di essere sempre equilibrato in come mi pongo. Anche se in seduzione posso fare il finto prevaricatore diciamo, assumere tale parte. La rabbia che sento rimane dentro e compare a volte. È una rabbia mia. Ho cercato vari modi per descrivere ciò che sento, ma credo che il più semplice per rappresentare la faccenda sia questo: avete presente quando su Instagram guardate le foto di una ragazza senza né arte né parte, ma solo per il fatto che sia esteticamente graziosa le viene dato un riconoscimento? Voi sapete che quella ragazza non offre sul piatto nulla, se non appunto sul piano estetico. La conoscete, sapete di che pasta è fatta. Se non ha un disturbo narcisistico dichiarato poco le manca. È un vuoto a perdere. Eppure la volete. Ossia, vorreste non volerla. Ma vi dovete arrendere al fatto che la volete lo stesso. Sapete che non fa per voi, come una barretta di cioccolata al bambino obeso di prima. Eppure dovete arrendervi, arrendervi a voi stessi. La disprezzate, sì, ma ne siete attratti e per questo oltre a disprezzare lei disprezzate voi stessi. Anzi, forse disprezzate solo voi stessi quando finite a pensare a questo. E conoscete inoltre bene questo gioco, dove porta, potreste scrivere la sequenza di eventi in anticipo  È un circolo involontario che genera rabbia. L'esempio l'ho ambientato su Instagram, ma si applica beninteso nel reale. La precisazione è che qui, nel reale, giudicate una ragazza su sensazioni che si possono benissimo rivelare errate se poi avanzate con il conoscere la persona. È come se partissi prevenuto con la bellezza, e solo dopo, a posteriori, possa fermarmi a valutare quella persona e dire: cavoli era veramente in gamba, non solo bella. E arrivare a sentirmi in colpa per questo. Ma percentualmente poi arrivano invece anche le conferme di ciò che si sospettava. In pratica il problema è che la bellezza ha troppo peso, ma non riesco a toglierglielo. Ma il problema ancora più a monte non è nemmeno quello. Il vero problema è in effetti riportato negli articoli di qui sopra:

Il 7/9/2013 at 11:41, fede91 ha scritto:

La conseguenza si traduce come incessante e famelica ricerca di diffuse conferme in aree sbagliate che tendenzialmente non appartengono a sé ma tendono a sabotare la propria realizzazione poichè incomprese ed incastrate in modalità ripetitive che trovano una via di uscita con la rabbia.

Forse dietro la bellezza di queste donne si nasconde la bellezza della propria madre, colei che mentre piangevi ti guardava come un intralcio alla sua vita, come un problema? O magari sono solo interpretazioni del cazzo e la cosa più simile alla verità è che il mio è solo un fottuto bias che vale per le belle donne. Guardando solo quelle uno si crea idee strampalate, ma in realtà le donne sono variegate diciamo, belle brutte medie e con problemi probabilmente speculari a questo. Però se così fosse dovrei avere più cuori per la foto del mio culo su instagram, ho un bel culo pure io a conti fatti. Non capisco e forse non ha senso questa mia questione. E voi, sentite questa rabbia, simile per sapore ad un rifiuto platonico, o non sapete di che parlo?  

 

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  • 1 mese dopo...
Yuber
Il 26/8/2021 at 17:33, thehappyunicorn ha scritto:

Riattivo un posto datato 2013 in quanto la mia risposta credo stia tra queste righe, ma vorrei confrontarmi con chi prova cose simili.

Avete presente la paura del rifiuto? Non è quella, ma credo sia in pratica qualche cosa di paragonabile. Avvicino donne da sempre, con altalenanti fortune. Lo faccio da ben prima di internet, credo non esistesse nemmeno, l'ho sempre fatto perché mi andava di farlo e perché dovevo dimostrare qualcosa a me stesso, anche. Non lo nego. Ho ricevuto più no io che non quanti ne riceverebbe un bambino obeso mentre cammina per la corsia dei dolci al supermercato mentre da la mano al suo nutrizionista indicandogli ciò che vuole. Ho anche portato a casa soddisfazioni ovviamente. Il punto non è il no. Sono a posto da molto con i no, che a volte tra l'altro si trasformano in sì. Il punto è questa rabbia che sento dentro a tratti. In genere non tratto male le persone, cerco di essere sempre equilibrato in come mi pongo. Anche se in seduzione posso fare il finto prevaricatore diciamo, assumere tale parte. La rabbia che sento rimane dentro e compare a volte. È una rabbia mia. Ho cercato vari modi per descrivere ciò che sento, ma credo che il più semplice per rappresentare la faccenda sia questo: avete presente quando su Instagram guardate le foto di una ragazza senza né arte né parte, ma solo per il fatto che sia esteticamente graziosa le viene dato un riconoscimento? Voi sapete che quella ragazza non offre sul piatto nulla, se non appunto sul piano estetico. La conoscete, sapete di che pasta è fatta. Se non ha un disturbo narcisistico dichiarato poco le manca. È un vuoto a perdere. Eppure la volete. Ossia, vorreste non volerla. Ma vi dovete arrendere al fatto che la volete lo stesso. Sapete che non fa per voi, come una barretta di cioccolata al bambino obeso di prima. Eppure dovete arrendervi, arrendervi a voi stessi. La disprezzate, sì, ma ne siete attratti e per questo oltre a disprezzare lei disprezzate voi stessi. Anzi, forse disprezzate solo voi stessi quando finite a pensare a questo. E conoscete inoltre bene questo gioco, dove porta, potreste scrivere la sequenza di eventi in anticipo  È un circolo involontario che genera rabbia. L'esempio l'ho ambientato su Instagram, ma si applica beninteso nel reale. La precisazione è che qui, nel reale, giudicate una ragazza su sensazioni che si possono benissimo rivelare errate se poi avanzate con il conoscere la persona. È come se partissi prevenuto con la bellezza, e solo dopo, a posteriori, possa fermarmi a valutare quella persona e dire: cavoli era veramente in gamba, non solo bella. E arrivare a sentirmi in colpa per questo. Ma percentualmente poi arrivano invece anche le conferme di ciò che si sospettava. In pratica il problema è che la bellezza ha troppo peso, ma non riesco a toglierglielo. Ma il problema ancora più a monte non è nemmeno quello. Il vero problema è in effetti riportato negli articoli di qui sopra:

Forse dietro la bellezza di queste donne si nasconde la bellezza della propria madre, colei che mentre piangevi ti guardava come un intralcio alla sua vita, come un problema? O magari sono solo interpretazioni del cazzo e la cosa più simile alla verità è che il mio è solo un fottuto bias che vale per le belle donne. Guardando solo quelle uno si crea idee strampalate, ma in realtà le donne sono variegate diciamo, belle brutte medie e con problemi probabilmente speculari a questo. Però se così fosse dovrei avere più cuori per la foto del mio culo su instagram, ho un bel culo pure io a conti fatti. Non capisco e forse non ha senso questa mia questione. E voi, sentite questa rabbia, simile per sapore ad un rifiuto platonico, o non sapete di che parlo?  

 

Sinceramente non mi aspettavo di trovare un post del genere, davvero molto maturo e onesto.

Molto coraggioso da parte tua vedere un tuo limite e dico di più un limite che accompagna molti noi e dirlo così apertamente.

Sinceramente io non uso instagram per rimorchiare , tuttavia la bellezza di una donna in foto mi lascia del tutto indifferente, perchè magari è ritoccata , ha usato la prospettiva giusta e tanto altro e magari non è bella come appare.

Ma anche lo fosse , la sua bellezza non ci appartiene è affar suo ed è un arma che lei usa per aumentare il suo valore sociale soprattutto agli occhi di altre donne e poi degli uomini.

Quando ero più piccolo ho provato rabbia per una donna perchè mi piaceva e lei non ricambiava il sentimento ma mi è passato con il tempo e ora non mi arrabbio più per questo .

Ci sto male se una tipa che mi piace mi dice di no , ma non la odio nè provo rabbia.

Mi è successo proprio in questa settimana che mi sono presentato alla tipa che mi piace ma mi ha risposto "sono fidanzata" e magari non è vero oppure è vero non lo so , l'amarezza rimane ma la vita va avanti cerca di non ossessionarti , so che è difficile ma devi farcela .

UN abbraccio 

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thehappyunicorn
9 ore fa, Yuber ha scritto:

la bellezza di una donna in foto mi lascia del tutto indifferente, perchè magari è ritoccata , ha usato la prospettiva giusta e tanto altro e magari non è bella come appare.

Ma anche lo fosse , la sua bellezza non ci appartiene è affar suo ed è un arma che lei usa per aumentare il suo valore sociale soprattutto agli occhi di altre donne e poi degli uomini.

Grazie del tuo contributo! Mi sono riletto e non è così scontato capire cosa cercassi di dire, esposizione macchinosa la mia, ma con queste tue due frasi c'entri il punto: che è appunto esser soggiogati da una cosa tanto superficiale quale la bellezza (un'arma): quando questo avviene e me ne rendo conto mi sento ridicolo, incredibilmente stupido, eppure è così, e ci sono uomini più in grado di tutelarsi da ciò, come mi sembra lo sia tu, e altri completamente inermi, come spesso mi sento io.

Non è il no che mi causa gli stati d'animo descritti nel mio primo post, cone cercavo di spiegare, ma il semplice fatto di dover riconoscere la mia sottomissione involontaria alla superficialità, l'assoggettazione alla bellezza, anche quando purtroppo questa è abbinata a null'altro.

Un abbraccio virtuale 

 

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