^X^ [Partecipante] 4945 Inviato 6 Marzo 2014 Condividi Inviato 6 Marzo 2014 Ciao a tutti, anche oggi voglio segnalarvi un eccezionale articolo italiano che riassume uno speciale dell'Economist riguardante la crisi del concetto di democrazia, o meglio della sua concreta applicabilità nel mondo odierno. Inserisco questo thread prettamente politico in "Business, finanze e lavoro" perchè sono convintissimo che i due mondi sono e saranno sempre fortemente correlati; la comprensione di uno è propedeutico alla migliore comprensione dell'altro, e viceversa. I modelli di business vincenti sono ESTREMAMENTE diversi quando calati in contesti politici differenti. Ovviamente, essendo l'Economist un giornale da sempre ideologico, l'analisi si conclude dicendo che per risolvere i problemi della democrazia, occorre... ovviamente... meno stato! Io la penso in maniera diametralmente opposta, ma questo non toglie che l'analisi del problema sia stata fatta molto bene. http://www.ilpost.it/2014/03/05/crisi-democrazia-economist/ Copio e incollo alcune frasi importanti, per incuriosirvi ulteriormente e spingervi alla lettura dell'articolo completo. Contemporaneamente, “il Partito Comunista cinese ha rotto il monopolio del mondo democratico sulla crescita economica”, superando i tassi di sviluppo degli Stati Uniti nei tempi migliori. E sostenendo così che il modello cinese – rigido controllo da parte del Partito associato a un impegno incessante nell’arruolare dirigenti di talento – sia più efficiente della democrazia e meno soggetto ai rischi di impotenza. Se è vero che tutto questo è pagato con le limitazioni della libertà personale, il controllo sul diritto di opinione, la censura, la repressione del dissenso, è anche vero che questo paradossalmente vincola il potere a una maggiore attenzione verso opinione e dissenso, e che la leadership cinese è riuscita in pochi anni a superare problemi che le democrazie non riescono ad affrontare in decenni: per esempio nell’estendere il suo sistema pensionistico a 240 milioni di cittadini in più, abitanti delle zone rurali del paese. Ma l’assedio maggiore le democrazie lo stanno subendo dai propri cittadini, dagli elettori. La pratica poco lungimirante della politica di creare grandi quantità di debito per mantenere le promesse di oggi, senza costruire investimenti per saldare quel debito domani, si è rivelata nella sua sventatezza in questi anni di crisi finanziaria. Ma adesso è diventato difficilissimo per i politici convincere i cittadini che le promesse non si possono mantenere più e che bisogna pensare nuove austerità economiche. Ancora di più in paesi in cui la popolazione invecchia e le proteste sono più difficili da ignorare rispetto a quelle, più tradizionali, dei giovani. E questo aumenta le difficoltà di pensare al domani sacrificando sull’oggi. Il risultato simultaneo è che i cittadini vogliono dai loro governi sempre di più, al crescere dei problemi, ma insieme li disprezzano sempre di più, togliendo loro legittimità ed efficacia. E con le nuove democrazie lo sbaglio commesso troppo spesso è stato di investire troppo sulle elezioni e troppo poco sugli altri tratti essenziali della democrazia. Soprattutto guardandosi dalla “dittatura della maggioranza”, l’idea che la vittoria elettorale dia ai vincitori il diritto di fare quello che vogliono. Le democrazie più riuscite sono quelle che hanno saputo tenere a bada questa tentazione e costruire sistemi di garanzie e tutele per evitarla, a cominciare dalle Costituzioni: gli esempi più riusciti sono India e Brasile, mentre il primo sintomo del rischio di fallimento di una democrazia è il tentativo di chi la governa di darsi maggiori poteri. TAuRus e black mamba ha reagito a questo 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
enricomattei [Partecipante] 48 Inviato 9 Marzo 2014 Condividi Inviato 9 Marzo 2014 I modelli di business vincenti sono ESTREMAMENTE diversi quando calati in contesti politici differenti. Verissimo, aggiungerei anche sociali Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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