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Voglia di indipendenza vs paure e genitori limitanti


lisbeth

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Mm il percorso di psicoterapia è una fissa a cui penso da tempo. Penso che possa essere più che utile.

Chiedo agli esperti: gli psicoterapeuti si formano in scuole di psicoterapia diverse e dunque adottano approcci teorici e di metodo completamente diversi che possono essere più o meno adatti al mio caso. Come faccio a scegliere in modo consapevole ed intelligente?

Per un approccio breve e sui sintomi ti consiglio la terapia comportamentale di cui trovi anche dei libri, oppure per un approccio più profondo c'è la terapia gestaltica. Ti consiglio di andare prima in pubblico e farti una idea visto che pagheresti solo il ticket.

E non farti influenzare da chi ti dice che sono soldi spesi male ;)

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lisbeth
Inviato (modificato)

Per un approccio breve e sui sintomi ti consiglio la terapia comportamentale di cui trovi anche dei libri, oppure per un approccio più profondo c'è la terapia gestaltica. Ti consiglio di andare prima in pubblico e farti una idea visto che pagheresti solo il ticket.

E non farti influenzare da chi ti dice che sono soldi spesi male ;)

Grazie. Mi sai dire qualcosa sulla sistemico-relazionale? Pensavo fosse la più adatta perchè se ho capito bene tratta il problema del singolo come sintomo di un problema del sistema (es. famiglia, rapporto di coppia etc).

Tranquillo, non mi faccio influenzare. Sono abbastanza decisa.

Modificato da lisbeth
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Grazie. Mi sai dire qualcosa sulla sistemico-relazionale? Pensavo fosse la più adatta perchè se ho capito bene tratta il problema del singolo come sintomo di un problema del sistema (es. famiglia, rapporto di coppia etc).

Tranquillo, non mi faccio influenzare. Sono abbastanza decisa.

Mi spiace ma la conosco solo di nome, io penso che in questi casi non è tanto la disciplina quanto il professionista che deve essere capace. E cosa da non sottovalutare è il fatto che il terapeuta vada in supervisione perché vuol dire che lui stesso si mette in discussione e affronti i suoi problemi per cui se in un colloquio chi hai di fronte ti dice che lui non ci va è meglio che non ci vai più.

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BrianBoru

Demandare le proprie responsabilità ad un terzo non risolverà alcun problema.

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PSY

situazione simile nella mia famiglia, i miei sono molto simili a come li hai descritti, più che altro, a mio padre non interessa e mia madre è iperprotettiva.

non vivo più con loro ma mia sorella sì, stesso identico background stesse identiche paure folli e irrazionali, perchè chiaramente la mamma diceva così a mia mamma, e la mamma ha sempre ragione.

mia sorella fa il cazzo che le pare, è diventata una bulla e mia madre non riesce più a controllarla, nonostante rompa il cazzo "eh, ma dove vai da sola? di notte? e se ti fanno qualcosa?", è chiaro che può capitare, ma sicuramente sovrastima la frequenza con la quale possa capitare.

non sei tu a dover andare dalla psicoterapeuta, ma sono loro a doverci andare.

valuta che rapporti vuoi tenere con la famiglia nel breve e lungo periodo,

valuta se la TUA vita vale più o meno della loro e decidi di conseguenza cosa ne deve essere.

tanto l' hanno visto tutti questo video, mai banale...

se vuoi qualcosa che non hai mai avuto, devi fare qualcosa che non hai mai fatto -> ribellati, ma occhio che potrebbe finire molto male, tipo ti tagliano i fondi o peggio ti mandano fuori di casa e non vogliono più sentire parlare di te.

vedi un po' a seconda delle tue scelte quali possano essere i probabili risultati.

Modificato da PSY
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Aldus

Nessuno ha insegnato ai nostri genitori a fare i genitori.

E anche i nostri genitori hanno a loro volta avuto dei genitori (i nostri nonni), altrettanto impreparati.

Ci sono aspetti dell'esser genitore talmente sottovalutati e sconosciuti, che quando la circostanza si presenta, diventa un vero e proprio salto nel buio.

E purtroppo (soprattutto tra mamme) non se ne parla abbastanza. Pubblicamente, si spinge sull'aspetto "bello" di avere figli, mentre a volte - specie da giovani - non si sa dove sbattere la testa.

Il bigottismo non è sempre una scelta, talvolta diventa una necessità, una difesa, una struttura che per il genitore rappresenta comunque il massimo che si riesce a fare, la migliore soluzione che ha trovato.

Se ipoteticamente ai nostri genitori "levassimo" quelle strutture, quei loro modi che a noi figli possono dare tanto fastidio, che ci tarpano le ali... loro non saprebbero più cosa fare. Sarebbero in crisi. Quella è la loro identità genitoriale, il ruolo che si sono costruiti, e non dovremmo condannarli se non ci sono riusciti bene.

E' per questo che siamo noi figli a dover risolvere ciò che i nostri non sono riusciti a risolvere. Siamo noi a doverci sobbarcare tutto il peso e l'eredità di quei pesanti meccanismi, e prendercene cura innanzitutto dentro noi stessi.

Succede ad un certo punto del nostro cammino, forse uno dei punti più critici e importanti nella nostra vita, riusciamo a giungere ad una presa di coscienza: umanizzare i nostri genitori.

Vederli non più nel loro "ruolo" ma nel loro essere uomini e donne, con le loro piccole e grandi, debolezze.

Persone che nel loro piccolo, anche malamente e goffamente, hanno fatto e fanno del loro meglio.

Non è facile arrivare a questa comprensione, questo "salto quantico". Secondo alcuni è la cosa più difficile del mondo.

L'unico modo per riuscire ad emanciparci è quello di affermare noi stessi nella nostra identità personale, e al di fuori della nostra identità familiare.

E molto utili sono le piccole e grandi provocazioni, fughe, disobbedienze. Ma finché resteremo dipendenti economicamente, affettivamente, psicologicamente dalla nostra famiglia, rimarremo soggetti al loro giudizio, e ne subiremo l'influenza. Volenti o nolenti!

Attenzione: il problema è che in maniera del tutto inconscia, molti ragazzi e ragazze non riescono a trovare lavoro, a costruire relazioni, a crescere, proprio per restare attaccati a quel nido, tanto scomodo quanto nutriente. E questo senza neanche accorgersene!

Del resto quasi tutte le madri (specie in Italia) vorrebbero che i figli non se ne andassero mai, e il condizionamento è tanto forte (spesso subdolo) che il figlio è portato ad un autosabotaggio continuo delle proprie risorse, dei propri progetti, delle proprie relazioni e soprattutto della propria volontà profonda.

Poi, se e quando i figli, finalmente e a fatica, se ne vanno, spesso i genitori iniziano a premere per i nipoti. E solo diventando nonni, di solito, iniziano ad arrendersi, e tanti meccanismi ormai vecchi, arrugginiti e inefficaci, ad ammorbidirsi.

Ma come fare allora ad emanciparsi, se siamo noi stessi talvolta a metterci in trappola?

Come ha fatto presente Kobol, la psicoterapia è molto più utile di quanto non si pensi. Per ognuno esistono un approccio e un terapeuta che funzionano meglio (per cui sono sfavorevole a qualsiasi metodo "universale").

Un buon terapeuta rappresenta un'opportunità per dare voce ed espressione a quella parte di noi che ha bisogno di emergere, e che da sola non sempre ce la fa.

Attenzione alla scelta del terapeuta, che può esser fatta male e ricadendo sempre nella stessa trappola, quella del non voler crescere né cambiare, appunto.

Buon viaggio!

Modificato da Aldus
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lisbeth

Demandare le proprie responsabilità ad un terzo non risolverà alcun problema.

Quindi dici che rivolgersi a uno psicoterapeuta significhi demandare le proprie responsabilità? Permettimi di dissentire. Come ha detto Aldus, ritengo che rivolgersi a uno psicoterapeuta sia innanzitutto riconoscere che c'è un problema e attivarsi per risolverlo con l'affiancamento di un professionista che (si spera) sia capace di tirarti fuori le risorse utili per farlo. Ovviamente, condizione indispensabile perchè il trattamento funzioni è una reale volontà da parte mia di impegnarmi seriamente, conscia della mia responsabilità nel varcare via via la "zona comfort".

Abbi pazienza, ma la fai troppo facile.

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BrianBoru

Andare da uno psicoterapeuta significa allungare il brodo. Conosco una che è perfettamente uguale a te. Si lamenta in continuazione, fa la vittima, dice di voler andare da uno psicoterapeuta. Da anni che la conosco non ha mai fatto niente per liberarsi della sua situazione. Da anni dice le stesse cose che dici tu dando colpe a destra e sinistra. E quando le do delle dritte alle volte mi da ragione ma poi mi ignora altre mi da torto per poi riprendere a lagnarsi. Proprio come te.

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B.i.g.

Hai 24 anni se ancora dai peso a quello che ti dicono o pensano i tuoi genitori,hai un problema:sei rimasta bambina.

Capisco che ti mettono dei limiti,ma cosa te ne frega?

Sopporta,trovati un lavoro e vai via.

Senza rancore,senza broncio nè ripicca.

Devi capire che devi diventare adulta,non è più tempo di essere bambina,tutto quello che ti ritrovi ora,è solamente colpa tua che non fai niente per cambiare,non è dei tuoi genitori,loro ti tratteranno sempre come la loro bambina.

Sei tu che devi fare l'adulta,e mi accodo al pensiero che tu non debba andare dallo psicoterapeuta,sinceramente non ne vedo il motivo,non hai niente di male,devi solamente entrare nel mondo degli adulti,pensare come un'adulta.

Nessuno a 24 anni ti mostrerà la via o ti aiuterà,devi essere solamente tu a fare,lavorare per quello che vuoi.

Andare da uno psicoterapeuta allungherebbe solo le cose oltre a creartela qualche malattia mentale.

Non è più tempo di fare la bambina.

E non la sto facendo facile,sei tu che la fai complessa.

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  • 3 settimane dopo...
Faust83

Ciao Lisbeth,

Riesco anch'io a capire la tua situazione. Come te ho avuto una famiglia molto tradizionalista (sono meridionale come credo anche tu lo sia, non ho letto proprio tutti i post), mi hanno inculcato (volenti o nolenti) alcune credenze e comportamenti di cui comunque sono loro grato. Ho solo scoperto che quella chiave di vita, così come mille altre, non è unica e non è l'unica verità santa e giusta.

Come te anch'io ho avuto lo svantaggio di vivere con loro per parecchio (fino ai 28), un po' per contingenze, un po' perché, comodo comodo nella mia comfort zone, o spaventato dall'idea di rappresentare un problema, non ho mai fatto esperienze fuori casa che Dio come mi sarebbero servite.

Però rispetto a te riconosco di avere avuto un vantaggio: loro non mi hanno mai ostacolato, anzi (soprattutto mio padre) mi hanno sempre spinto verso un'indipendenza. Per fortuna poi le contingenze hanno fatto sì che andassi a vivere da solo e lontano da loro e benedico questo avvenimento, mi ha fatto crescere esponenzialmente.

Quindi la prima cosa che ti consiglio, che poi è quella che già ti hanno detto in molti, è andare via. Allontanati, vai a stare da sola, fai come puoi ma assolutamente fai un'esperienza di vita da sola perché è cruciale. Quando ti troverai ad affrontare i problemi sarai sorpresa della forza che hai nel farlo, e nel riuscirci bene, altro che menate varie.

Ricorda: le persone routinarie, immerse in una mentalità stagnante, sono estremamente spaventate dal diverso, lo vedono come sbagliato e lo stigmatizzano e fanno di tutto per scoraggiarlo.

Secondo: lo psicoterapeuta non so quanto possa servire, per carità è un aiuto e male non credo possa fare, anche se non conosco l'argomento e ci sarà gente che magari te ne parlerà bene, gente che te ne parlerà male.

Posso darti un consiglio? Prima di decidere per lo psicoterapeuta, peggi "No more Mr. nice guy" di Glover. È scritto fondamentalmente per uomini che hanno la "sindrome del bravo ragazzo", ma secondo me puoi trovarci buoni spunti anche tu :)

Tentar non nuoce, no? ;)

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