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I sussurri della Strega


Giraluna

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Giraluna

Sono seduta nella sala d'attesa: ascolto la tosse del bimbo, vedo l'uomo in carrozzina, il tabellone dove sono scorrono i codici di emergenza. Sono in gran parte bianchi.
Siamo tutti dei codici di emergenza. Siamo tutti in attesa di qualcosa o qualcuno.
Ho atteso 29 anni per trovare il coraggio di scendere nella grotta buia ed umida a scovare i miei scheletri.
Ebbi molta paura quando mi ritrovai sola con loro.
Ricordo le urla provenienti da quel luogo oscuro; le sensazioni di inquietudine e d'incertezza sulla mia sorte, se ne fossi risalita.
Infine risalii. E mi ritrovai più sola di prima.
A dire il vero l'ho sempre saputo che siamo soli, ma la cruda consapevolezza mi giunse davvero quando iniziai a vedere le ombre degli altri e a percepirne le paure.
Tanti codici bianchi, verdi, gialli e rossi nella scala del dolore. Tutti in attesa di essere notati da qualcuno che li potesse aiutare.
Tuttavia questo mondo è cieco, affamato, impoverito. Pochi sono quindi quelli che sanno capire e guidare chi non è affatto in grado di farlo e trovarli può rivelarsi un'impresa.
Di nuovo, eccomi in un'altra sala d'attesa con un codice diverso: chi mai sarà in grado di vedere oltre il mio viso, le mie curve, al di là di quegli occhi tristi e dolci? Esisterà qualcuno che possa vedere le mie ombre e le mie paure di donna e non fuggire?
Guardo la gente attendere il proprio turno mentre decido di alzarmi e andarmene da lì dopo che mio padre viene dimesso dal pronto soccorso.
È domenica 25 Marzo 2018. Il giorno prima trovai la forza di parlare apertamente a mia madre di come conduco la mia vita privata.
Ho atteso cinque mesi per questo.
Fino a prima comunicavano per sottointesi: si sapeva e si taceva.
Lei sempre in pena, io sempre in colpa mentre un cumulo di fango minacciava di ricoprirci.
Ho avuto il timore di essere comunque in colpa, di giocare alla bimba viziata, alla figlia ribelle.
Poi però mentre mi ascoltavo parlarle sentivo solo di essere io.
La forza di raccontarle le cose un po l'ho trovata dentro me ed un po da una fonte esterna d'inesauribile esperienza, che mi guida nelle scelte migliori.
Trenta sono i giorni che finora ho vissuto nel buio per vedere i primi risultati concreti della terapia nella sue parti più cruciali: la Bellezza, la Verità, l'Amore; piccoli scorci di luce, timidi testimoni di un miglioramento.
Sono partita iniziando a seguire la mia pancia, spegnendo il cervello e seguendo chi mi indicava come riferimento. Quando mi sono ritrovata nei suoi occhi per un attimo venni tentata dal mostro del tempo, da quei meccanismi subdoli e ripetitivi. Con una forza che non avevo ancora avuto modo di sperimentare concretamente nel reale, rallentai i pensieri negativi, nocivi e insidiosi e tornai a guardarla come tutti noi osserviamo l'arcobaleno dopo una tempesta. Ero colma di gioia, sorridente a quel capolavoro a sette colori, dove l'unica emergenza è quella di ripagarla della sua presenza.
Torna tutto sereno quando ti vengono indicati i comportamenti disfunzionali al tuo benessere, alla tua serenità e felicità nel medio lungo termine. Così, nella tua beata ignoranza o forse solo poca esperienza, impari la cosa più importante: Essere. Essere chi sei veramente.
Nel mio caso essere una Donna, che ascolta la tosse di un bimbo, che osserva l'uomo in carrozzina, il lento scorrere dei codici sul tabellone, che cerca suo padre in reparto spinta da una forza più grande di lei: l'esperienza, che l'ha portata a scegliere chi possa guidarla.

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  • 2 settimane dopo...
Giraluna

In nome del Dolore

Rileggo per l'ennesima volta il messaggio. Ogni singola parola fa male. Un dolore acuto, indescrivibile. Qualcosa di simile ad una stretta forte. Una morsa soffocante. Un terrore lancinante, che scuote le pareti interne come un tuono teatrale dal persistente brontolio. Eppure ogni volta continuo a leggere fino alla fine. Gli occhi bruciano, il cuore s'impenna come un cavallo imbizzarrito, i piedi scalpitano, la mano trema mentre scorre lo schermo.
Sono seduta in un bellissimo giardino soleggiato mentre le tenebre incombono dentro di me.
Può essere il dolore fonte di estrema bellezza ed eccitazione?
Cosa si nasconde dietro queste sensazioni ambivalenti? C è forse un trucchetto, qualche ipnosi o strumento di ricatto emotivo?
Ascolto i rumori; respiro la brezza primaverile che già odora d'estate.
Vorrei starmene nuda il mezzo al prato, faccia a faccia col sole; sola, completamente sola e scacciare via chiunque, facendo rimanere solo quel piccolo atollo verde e cangiante dentro il mio spazio vitale.
Ma non posso: ho le tenebre a farmi compagnia. Sono Sadica. Eccitata. Impaurita. Addolorata. Pregna di vita. Ho perso il controllo. Sto perdendo il controllo. E mai come oggi ho riso dinanzi alla mia totale arrendevolezza.
Non so cosa fare. Non so cosa dire. Un attimo prima voglio gridare, quello dopo alzo le spalle indifferente e bacio il sole.
Sono una Luna divisa a metà: la parte sadica, quella che adora farsi del male e quella innocente, che le chiede di smettere, di lasciare tutto, tutti e correre a giocare in quel prato brulicante.
Leggo con ingordigia quelle parole infernali e velenose: l'antidoto a tante domande.
D'improvviso mi passano accanto due donne: una più giovane che trasporta l'altra più anziana. Quest'ultima ha ancora la fede al dito. E la vedo, la sua tenebra: distinta come una signora d'altri tempi, infelice negli occhi eppure colma di un amore passionale. Il suo anello è sempre lì, all'anulare di una mano elegantemente curata. Persino le vene della vecchiaia ormai avanzata sono di una bellezza quasi impietosa. Sono tenebre intime, dolci, soffici, fascinose.
Non voglio intromettermi.
Ritorno alle mie, più cupe, appena germogliate. Esse sono fiori dalle spine appuntine.
Sono un fiore in balia della sua più profonda natura.
Quando è tempo di lasciare quell innocente luogo magico ho ancora quelle parole in testa. Le rileggero fino a stare male; fino a contorcermi dal dolore, insieme a quel piccolo cuore d'eccitazione.
Nessun trucco o ricatto.
Ci sono io, solamente io; senza maschere. Folle di rabbia, gelosia, passione, tormento, eccitazione che da
almeno un po non invidia nessun altro.

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  • 2 mesi dopo...
Giraluna

Un'altalena di emozioni

Sono in un piccolo giardino. Davanti a me ho due altalene. Decido di sedermi e dondolarmi su una di queste. Sento quel vuoto in pancia poco prima di salire in alto. 

"Tocca il cielo con un dito! Ridi! Ridi!".

È la Guardiana. Torno bambina. Anzi resto bambina. Rido appena mi innalzo. 

Ora capisco che volevi dire quando parlavi del Guardiano che proteggere il bambino dentro ognuno di noi. Nessuno deve privarmi della gioia di vivere, della voglia di ridere. Proteggerei questo piccolo essere anche a costo di restare in ginocchio sui chiodi. 

Ho appena concluso il quinto colloquio e sai ... la Guardiana sta prendendo forma. Ha le sembianze di una bellissima donna, che sgrida quel mostriciattolo impertinente che disturba la bimba. 

Che libertà. 

Su e giù dall altalena la bimba si diverte felice, spinta dalla Guardiana che la lascia libera di divertirsi. 

Le parole che in questo colloquio mi sono state tirate fuori non hanno prezzo. Le lacrime che ho versato senza vergogna, al sicuro da occhi indiscreti, protetta da una Forza che sto imparando a conoscere valgono le emozioni che ora sto provando. 

Vedo il potenziale inespresso che dolcemente sta uscendo. Imparerò a gestire le ombre attivando la Guardiana. Lascerò scorrazzare la bimba sotto il suo occhio vigile. Proprio come un giorno mi raccontasti tu: sul trono il bimbo affiancato dal Guardiano che vigila sulla sua sicurezza. 

Diciamo che nel mio caso si tratta di un'altalena. 

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  • 1 mese dopo...
Giraluna

La mummia

Ora lo vedo. Questo stupendo sarcofago. E' laccato in oro, dalla forma sinuosa, estremamente femminile rispetto al classico standard. Non ha altri colori. In cima campeggia uno scorpione bianco. E' al centro di una stanza dalle pareti nere. L'unico tocco acceso in mezzo all'oscurità. Gli sono davanti, impaziente di vedere chi ci è mummificato dentro. Provo ad aprirla, ma è molto pesante. 

"Esci" - ordino ferma e decisa all'oggetto inanimato. Un silenzio spettrale è l'unica risposta che ricevo.

"Avanti! Esci!" - riprovo, caparbia. Un debole cigolio smuove quella staticità quasi irreale. Lentamente il sarcofago si apre in mia presenza. Il cuore inizia a galoppare al centro della mia cavità toracica.

Rimango immobile mentre attendo di scoprire la verità. Appena essa si palesa dinanzi a me sorrido. E' una mummia. Una ovvietà, si potrebbe pensare. Non per me. La osservo, curiosa ed emozionata: è piccola, fasciata da bende sporche. I fianchi sono bruciacchiati, ma non si vede della pelle o i resti di uno scheletro sotto. Eppure si muove, tenta di divincolarsi da quella stoffa ormai consunta e lacera. 

Avete presente i suoni che emettono i sordo muti quando tentato di parlare?

E' questo ciò che odo perpetrarsi nella stanza disadorna. Le mie orecchie sanguinano, ma continuo ad ascoltare quell'orrendo rumore echeggiare nelle pareti del mio Essere. Un cieco dolore riempie gli spazi vuoti della mia Anima. Cerco di allinearlo al battito evasore del mio cuore. Ci provo. La mummia cerca di ridurre le distanze fra noi. Non ho paura di lei. Lascio che provi ad avvicinarsi come può. Non ha occhi, non ha gambe, eppure muove goffamente la sua sagoma verso di me. Vorrei mi toccasse affinché possa aiutarla. Magari potrei accarezzarla e ripeterle che non c'è nulla di cui ella debba preoccuparsi.

"No!" esclamo perentoria. La mia voce si alza imperiosa sopra tutto, anche lei.

Non si ferma. La mummia è sordo muta.

Come posso riportarla dentro al suo sarcofago, senza ferirla, impedendole di andare in giro alla cieca?

Non mi resta altra scelta. Debbo avvicinarmi a lei e tentare. L'afferro per le spalle. Puzza di stantio. Anni che giacciono inermi sopra i panni sporchi. La spingo dentro al sarcofago. Quel suono vergognoso non cessa nemmeno per un istante, martellandomi nel petto, ma ormai i miei timpani sono lesi e non sentono più niente. Mentre la spingo indietro, le sussurro una frase importante vicino all'altezza di quello che immagino essere stato un tempo il suo orecchio.

"Non voglio che la Libertà e la Difesa di chi sono vengano rinchiuse in un sarcofago" -  le sussurro con un sorriso affettuoso - "Ascoltami per una volta. Ti fidi di me?".

Il sarcofago si fa sempre più vicino. La mummia tenta di tirarmi dentro. Ora è lei ad avere paura. Paura di restare sola la dentro, senza di me. Finora le ho sempre fatto compagnia. Quanto mi duole lasciarla, ma fra le due sono io quella in grado di prendere le decisioni per entrambi. Io debbo pensare al nostro benessere, a ciò che è per entrambe Libertà e Difesa. Debbo trovare il coraggio di lasciarla andare. Provo a modificare la frase. A correggere il tiro, a provare. 

"Non voglio che la Libertà e la Difesa di chi siamo vengano rinchiuse dentro un sarcofago".

La mummia cessa di divincolarsi. Il suo grido si trasforma in un grugnito appena percettibile. Si lascia guidare da me. Sorrido e le lascio quella carezza che volevo donarle sin dall'inizio, quando ero io quella che aveva paura di lei. Ne ho ancora, sinceramente. Ne avrò ancora. Non è facile assumermi la responsabilità di difenderci e liberarci entrambe. Tuttavia lei si fida di me e non voglio deluderla. Per nulla e nessuno. Il sarcofago si chiude silenziosamente. Nessun cigolio sinistro. Sono di nuovo sola nella stanza nera.

"Farò del mio meglio per proteggerci entrambe".

Un battito nuovo echeggia nell'aria fredda. Lo scorpione bianco in cima al sarcofago lampeggia una volta. Un pulsare cangiante in sincronia col mio cuore.

Riprovo.

"Non voglio che la Libertà e la Difesa di chi siamo vengano rinchiuse dentro un sarcofago".

Un secondo battito.

Di nuovo, insisto.

"Farò del mio meglio per proteggerci entrambe".

Terzo battito.

Proseguo, alternando queste due frasi, fino a quando lo scorpione bianco ha un battito regolare. Finché non me ne vado e batte autonomamente. 

"Non voglio che la Libertà e la Difesa di chi siamo vengano rinchiuse dentro un sarcofago. Farò del mio meglio per proteggerci entrambe" - ripeto lontano da quella stanza oscura; fuori da me, mentre faccio colazione.

Ti Sento, piccola mummia mia ...Ti Sento ... Ti Sento. Ora anche tu hai Vita nonostante la putrescenza che ti corrode. 

Mi lavo i denti, mi specchio e la giornata continua come sempre.

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  • 3 settimane dopo...
Giraluna
Inviato (modificato)

La Ninfa

Ogni tanto appari. Hai gli occhi celesti, così penetranti che è facile caderci vertiginosamente dentro. Non sei una strega o, più in generale, l'antagonista delle favole. Sei una Ninfa minuta ed aggraziata. Nessuno sospetterebbe che dentro sei vecchia come la polvere depositata negli anfratti angusti di una casa abbandonata. Eppure è così. Il tuo cuore non batte. Strati di lerciume abbondano sopra il suo esile corpo. Una coltre opalescente ti circonda. Sospiri, con quel rantolo agghiacciante che coglie con sé poco prima della morte, mentre cerchi di arrampicarti sopra il Mio Albero, dove mi accuccio quando ho voglia di osservare la Luna piena. Ti osservo. Un po' di tenerezza la fai, lo confesso. Quel sederino che tenta invano di abbarbicarsi intorno al tronco come una koala restituisce ai miei occhi avidi una scena esilarante. La Luna nel frattempo è impaziente di venire ammirata dal mio sguardo tenebroso. Stai ritardando il nostro imminente incontro. Perciò mi avvicino quatta quatta e ti colgo di sorpresa.

“Buh!” - esclamo ironica. Cadi rovinosamente a terra, col sedere sul terriccio duro.

“Ahi!” - gridi con una smorfia di dolore sul tuo dolce viso.

Ti massaggi le chiappe sode con le tue manine affusolate. Non mi guardi neanche. Sei davvero una pusillanime. Una bella strigliata non te la toglierebbe nessuno, se fossi tua madre. Tuttavia non lo sono. Sei parte di me. Non vorrei mai lederti in qualche modo, ma occorre che tu capisca comunque l'importanza per me di salire su quell'Albero ad ammirare la Luna.

Dannata competizione, piccola Ninfetta, eh?

Sempre lì a dividerci, o meglio, a dividermi dal resto delle altre Ninfe come te. Quella costante sensazione che non ci sia altro che paura a separarci tutte quante; quel velato timore originato dalla minaccia di una perdita imminente. Ti accarezzo il capo ricoperto da una folta chioma rossa e riccioluta. I tuoi capelli hanno la stessa sostanza di un giaciglio accogliente dove posare il proprio tocco proibito. Penso a tutte le mani forti e ruvide che l'avranno popolato. Una tristezza infinita mi pervade mentre ignori il mio gesto da femmina cocciuta quale sei. Non sarà il tuo disinteresse nei miei confronti che ti permetterà di salire su quel ramo, dove si può osservare meglio il panorama mozzafiato. Ci vuole ben altro per arrampicarsi in cima. Non di certo questo atteggiamento ostile. La Luna non accoglie sguardi impertinenti e meschini.

“Lo sai che lassù non è facile arrivare? Servono delle abilità particolari” - spiego serafica. Non mi rivolgi alcun cenno di riguardo. Ti lascio allora al tuo destino. Ci riprovi, ostinata. Quanta fretta, piccola Ninfa. Quale paura ti attanaglia?

Ad un tratto odo un singhiozzo provenire dal tuo fragile corpicino.

“Il mio cuore non batte. Ha bisogno dei riflessi della Luna per tornare a farlo. Se non mi lasci andare lassù, deperirò. Vuoi forse questo per me?” - confessi affranta con la tua vocina sottile. Da brava donna cerchi di manipolare il mio umore, invogliandolo alla compassione e al senso di colpa. Sorrido. Sempre mantenendo una certa distanza da te, cerco intorno a me qualche fiore di Giraluna. Ne individuo uno proprio ai piedi dell'Albero.

“Potrai salire solo ad una condizione” - inizio la contrattazione - “Cogli quel fiore come biglietto da visita e vedrai che la Luna ti accoglierà dentro i suoi raggi”.

La Ninfa per la prima volta si gira e mi guarda. Quegli occhi tramortirebbero chiunque, anche il più impavido fra i remissivi. Di fronte a questa ineluttabile realtà soffoco l'invidia e sostengo determinata quell'azzurro infinito che mi vuole divorare, diffidente.

“O cogli quel fiore” - ripeto sicura - “O senza brucerai. A te la scelta se credermi o meno”.

Attende qualche secondo. Riflette sul peso delle mie parole. Da un'ultima occhiata alla Luna lassù prima di abbassarsi a raccogliere il fiore. Lo afferra, già pronta a strapparlo dalla sua terra. Accorro velocemente in suo soccorso.

“No!” - esclamo afferrandole l'esile polso prima che accada l'irreparabile - “Se lo strapperai, non potrai accedere alle grazie della Luna. Devi trattarlo con cura” - continuo - “Questo fiore è il tuo cuore” - le confesso infine.

La Ninfa spalanca la bocca in una espressione attonita impagabile.

“Stavi per strapparti il cuore dal petto. Poi come avresti fatto una volta ai piedi dei suoi raggi?”.

Non risponde. Ella osserva costernata quel piccolo prodigio in terra. Piange. Questa volta solo lacrime di desolazione. A questo punto lascio il suo polso più convinta e attendo, paziente, la sua reazione.

“Mi dispiace, Giraluna. Non lo sapevo. Questo però non mi giustifica. Avrei dovuto trattarti comunque con cura”.

Lo raccoglie con dolcezza all'interno delle sue mani. Sorride fra le lacrime mentre mi restituisce uno sguardo di gratitudine.

“Non strappare nessuno a nessuna, piccola Ninfa, perché un giorno quello che potrebbe venirti strappato senza il tuo consenso sarà il tuo cuore” - le ripeto amichevolmente.

Circondate da un regale silenzio, come si conviene per accogliere due signore, saliamo quell'Albero assieme. Lei è sulla mia spalla, con il suo piccolo fiore custodito gelosamente fra le mani. La Luna ci attende. Accovacciate su quel ramo la osserviamo meravigliate. Benché non sia la prima volta per me, lo stupore giunge sempre gradito. Per lei invece lo è. La osserva basita. D'improvviso i suoi occhi si accendono. È immobile, pietrificata dalla quella maestosità. Decido dunque di prendere il fiore di Giraluna al posto suo e di posarlo ai piedi del ramo. Un timido raggio si affaccia sopra il suo elegante profilo. Appena tocca il fiore, il silenzio viene strappato via dalle spire del tempo. Eccola, finalmente. Una lucina soffusa, calda ed invitante appare sulla mia spalla. Sento quel battito che restituisce la Vita anche alla Notte più cupa.

Modificato da Giraluna
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  • 3 settimane dopo...
Giraluna

Una creatura, figlia di una lotta sanguinolenta, appare nello specchio riflesso dell'oceano. Permangono le sue fragili cartilagini, la pelle chiara ed il manto scuro. Un timido rossore ricopre le gote. Affoga in fondo a quegli occhi. Cola giù, a picco mentre risale in un gioco di perverso compiacimento. Non c'è un attimo o il momento adatto. Il Nulla appare e scompare. E' dentro l'indefinito, in quella goccia che compone l'oceano sconfinato, in quel piccolo frammento di cristallo sparpagliato caoticamente sulla superficie riflettente.

Chiamami col mio nome.
Scopri quello che ancora non conosci di me. 
Non dimenticare le chiavi. 
Chiamami ancora, senza indugiare.
Ascolta il silenzio che ci accompagna. 
Chiamami spesso, senza apostrofare.
Chiamami ancora.
Non alzare il velo della vergogna o della paura.
Respira i miei giorni.
Vivi i miei anditi. 
Chiamaci a fior di labbra.

La flotta approda nell'isola dopo giorni di navigazione. Nessuno l'accoglie. Un sole accecante campeggia nell'alto del cielo. Vite sperdute in mezzo ad un'afa cattiva e spregevole. Questo è lo scenario che si dischiude agli occhi della creatura, uscita dalla sua alcova galleggiante, mentre i marinai setacciano il territorio con quel piglio furbesco ed accattivante. Ognuno di loro, con quei modi rozzi e quegli stracci sporchi, le ricorda gli uomini passati nella sua landa deserta, dimenticata da Dio. 

Che accadrebbe se uno di loro si accorgesse di lei?

Tu chiamala solamente.
Emergerà dalle acque torbide da cui Tu provieni.
Chiamala col suo nome.
Sai qual è?
Tu guardala, semplicemente.

 

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Modificato da Giraluna
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Giraluna

La Distorsione dell'Anima

Sei steso nella barella, con la tua flebo appesa. Hai un braccio dietro la testa e l'altro steso lungo il fianco, con la mano premuta all'altezza della milza. Non so cosa ti sia accaduto, ma lo scopro poco dopo. Hai una necrosi proprio li dove ti premevi la mano. La dottoressa ti dice che è proprio per questo che hai sentito molto male e che serve fare la tac con il contrasto per capire di che natura sia. Ti chiede l'autorizzazione a procedere. Ti guardo intensamente. Ho bisogno di guardare negli occhi di un soldato dell'esercito italiano, che in questo momento è solo mentre deve prendere questa decisione. 

"E' proprio necessaria? Non si può evitarla?". Fai le tue domande. Infondo chi se lo aspettava che le cose stavano così, no?

Hai paura, ma quello sguardo, quella posizione frutto di allenamento e di disciplina non la facevano trapelare agli altri. Sono stata io che ti ho annusato appena sei entrato in sala d'attesa, con il tuo braccialetto bianco ed il codice verde. Ti ho riconosciuto appena ti ho visto sdraiato sul lettino, anche se eri steso e mezzo svestito. 

Quelli come me e te si riconoscono lontano un chilometro: hanno l'odore acre della solitudine degli adulti che si mescola al profumo dolce che lascia la nonna quando l'abbracci.

Dai il consenso mentre continuo a guardarti senza alcuna vergogna. In questo momento ripenso a quando capii che gli uomini soffrono più delle donne perché non possono affrontare la paura come vorrebbero, spesso piangendola liberamente, spesso senza nessuna spalla a sostenerli. Tu ne sei stato un'altra forte dimostrazione. Eri lì da solo poco fa e lo sei anche ora, tornato nella sala d'attesa, dopo l'esame. Ti lascio alle mie spalle alla ricerca di una presa per il tuo cellulare. Devi avvertire la caserma e tenerla aggiornata, sentii qualche ora prima mentre lo dicesti ad un volontario della croce verde. Non resisto. Debbo parlarti in qualche modo, anche dirti qualche scemenza, ma devo farlo. Creature come noi se ne vedono molte.

"Non ce ne sono. Ho controllato pure io. Se vuoi ci sono gli armadietti per metterlo in carica, ma devi lasciare il documento al vigilante"  - ti informo dolcemente.

Mi restituisci un sorriso che mi uccide. Sì, anche quel sorriso lo riconosco molto bene.

"Non posso lasciarlo senza guardarlo"

"Lo so. E' così anche per me".

Era inutile la nostra conversazione dato che poco prima avevi detto ad un tuo commilitone che avevi solo il 4% di batteria. Sapevo che dovevi usarlo anche sotto carica, ma ti ho parlato lo stesso perché non potevo lasciarti senza prima aver sentito la tua voce calda rivolta esclusivamente a me. Ti abbandono ai tuoi pensieri in quella sedia poco distante da dove sono seduta io. Leggi attentamente le carte, dai un'occhiata all'elettrocardiogramma. Quanto voglio sedermi accanto a te e fare due semplici chiacchiere.

Mi duole constatare come in certe circostanze non sei libero di avere paura. Eppure noi lasciamo poco spazio alle parole e facciamo parlare altro. Ammazzo il tempo che mi rimane chiacchierando con il vigilante e la guardia giurata. Non mi perdi d'occhio: mi passi accanto per buttare qualcosa nel cestino; quando non resisto dalla voglia di guardarti e mi volto trovo i tuoi splendidi occhi fissarmi, senza abbassarli neanche una volta. Quelli come noi non lo fanno. Non provano imbarazzo a guardarsi dritti nelle fauci. Non mi hai mai realmente lasciata da quando siamo stati soli in questa sala d'attesa. Sì, lo siamo ugualmente anche con altre cinque o sei persone intorno a noi. La lasci col tuo zaino in spalla e quella solitudine familiare. Mi passi accanto, sfiorandomi con il tuo sguardo penetrante, senza alcun saluto provenire dalla tue labbra carnose e custodi di vergognosi segreti. 

Infondo fra noi a che servono i saluti?

Siamo viaggiatori erranti nella terra del Peccato e non restiamo mai nella stessa per più tempo di quello che la nostra natura ci comanda. Tuttavia, quando dipartiamo, nessuno si dimentica di chi gli ha cullato l'anima con una carezza quasi mortale. Nemmeno dei nostri simili.

 

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  • 2 settimane dopo...
Giraluna

Sguardo di bimba, sorriso di donna

Una notte umida, che ti penetra le ossa si appresta a giungere in queste lande desolate. Ho da poco bevuto la mia camomilla mentre cerco di prender sonno. Appena sento qualcosa di umido scendere lungo il viso comprendo che fra le amabili pieghe del mio cuore giace un pensiero inascoltato. Sintonizzo quel battito solenne e trovo le parole per iniziare a scrivere. 

La notte prima non si scorda mai. Vedi la Vita scorrere mentre ti fai la doccia e chiudi per un attimo gli occhi; mentre ascolti i tuoi genitori con la consapevolezza di vedere oltre quelle parole e quei sorrisi come fossi stata catapultata in avanti di anni; mentre ti occupi degli ultimi dettagli e scordi quelli principali. 

Il tempo mi sfugge. Faccio il punto sino a qui. Forgiata da mille battaglie, alcune appena sorte in capo poiché la Vita non è altro che un campo dove l unico filo d erba verde è stretto nelle mani di chi ha ancora voglia di piantarci le sue orme, sono arrivata sino a qui. 

Chi mi legge si chiederà dove, a che punto. Fino a quello di sorridere ancora nonostante tutto. Fino ad arrivare con quel filo d erba ancora stretto fra le mani, sporca di terra e più alta di quanto sia mai stata. 

Si cresce. Si soffre. Si ama. Si lotta. Si Vive. 

In questa Arena ci sono giunta da sola e da sola ho proseguito ormai abituata sin dall infanzia a dovermi arrangiare in qualche modo per racimolare quello che in molti hanno ottenuto senza bisogno di chiedere. Sono stanca, lo ammetto. Mi serve un po di riposo, che mi concedo facendo scelte coraggiose. Davanti alla mia tazza di camomilla mi commuovo perché sto diventando grande e crescere è qualcosa di grande. Guarderò al di là della Terra, oltre la scia del Vento che soffia da nord est e chissà che scoprirò. 

Ho scritto questo post perché dai viaggi non si torna mai come quando si era partiti e voglio poi rileggerlo appena mi sarà possibile. 

Non sarò più la stessa. Chi sarò non lo so. Ad ogni modo evolvendo s impara una cosa importante: a viaggiare soprattutto col cuore.

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  • 1 mese dopo...
Giraluna

L'Altra Parte di Me

Erano giorni che la pioggia batteva incessante lungo le pareti di vetro. L'ascoltavo con gran mestizia mentre sedevo comodamente nella mia poltrona.

Che bello sarebbe avere a disposizione ore di silenzio in cui crogiolare tutto il proprio Essere, pensai. Le emozioni sarebbero come cavalli selvaggi. Libere di correre lungo la prateria. Nella Notte, sotto il chiarore della Luna esse si abbandonerebbero con stupore infantile. Ed era proprio così che mi sentii quella notte di pioggia: abbandonata al dolore.
Quel muto scricchiolio dell'Anima quando intuisce che è giunto il momento di congedarsi dai suoi affetti.

Si, ormai non è più tempo che consigli in questo luogo quanto più che impari in quell'altro. Voglio apprendere ciò che ancora mi è sconosciuto e portare alla luce della Luna la Bellezza di ogni superficie nascosta.

Così decisi di saltare nel vuoto, dispiegando le mie ali di Angelo Nero mentre dalle mie labbra dischiuse uscirono parole cariche di energia: solo la morte può impedirmi di vivere. Da quando scelsi il mio percorso fino a quel giorno uggioso mai le mie ali furono più belle, consumate dalle rovinose esperienze che le lasciarono mezze incenerite.

Volai Libera.

Scrissi sulla scia di una Forza che tornò prepotente a chiedere all'altra parte di venirmi incontro.
L'Altra Parte di Me, quella che riflette il mio successo, la voglia di osare e superare quegli inutili limiti immaginari accettò la mia proposta. E quand'essa scese dal treno e giunse a pochi centimetri da me capii che fu un'altra vittoria. È quella che ci si gode non appena si stramazza al suolo dopo un'immane fatica.

Ebbene si, ho faticato notti intere, ho sacrificato pasti, rapporti e rischiato fallimenti per essere esattamente dove volevo essere, senza alcuna spessa barriera, sporco pregiudizio o latente insofferenza.
Fuori dal recinto, mentre respiravo l aria novembrina ascoltai le sue mirabolanti avventure. Le emozioni furono davvero come cavalli selvaggi: mi abbandonai ad esse, calciando fuori tutto il resto.

Non ho mai avuto molto da offrire: nessuna sfilata di ninnoli sessuali, tacchi da capogiro o intimo succinto al limite del legale.
Una cena, qualche chiacchiera e la prima volta - ecco quello che potei offrire in dono - in cui decisi di non avere voglia di perdere tempo e di trascorrerlo a fare cose semplici, complici ed intime organizzando tutto io.

È facile scopare: basta infilare il cazzo dentro la figa; un po di movimento, qualche lamento ed il gioco si chiude. Ma alla mia età, per quanto allettante sia lasciarsi andare a notti di folle passione, questo non basta. Ho voglia di familiare complicità, di benessere reciproco. Di erotismo e romanticismo. E così fu.

La linea sottile che divide il visibile dall invisibile svanisce solo quando si fa sesso. Un momento di comunione che diventa reciproco quando i cinque sensi si allineano. A quel punto il portale apre il suo uscio ad una autentica scoperta dell'Altra Parte di Noi, scaturendo una folgorante luce che culmina nell orgasmo.
Ecco, mi augurai che alla fine di quella lunga notte i due mondi culminassero in uno solo, sotto il bagliore della mia Luna.

Nei giorni successivi il mio Antico Potere si risvegliò più forte di quando ero ancora una principiante. Ad onor del vero lo sono ancora, un'Allieva, che tuttavia impara ad abbandonarsi alle emozioni selvagge con sapienza.

Sedurre un uomo è molto semplice, ma non è questo a cui aspira la mia nuova identità. Ottenerne il rispetto e la gloria è ciò che vuole e che suggella quel rito comunemente chiamato sesso.

Egli mi rispetto ed onorò quanto io feci con lui. I ruoli si scambiarono in una danza vecchia quanto il mondo. Di Noi rimase ben poco. Forse l unica cosa fu questa: Essere stati degni l'uno dell'altra.

Dedicato a Te,

che hai accettato il mio bene senza artefici o vizi di alcun genere,

che ti sei presentato alla mia porta con umiltà e semplicità, fregandotene di orpelli o giochetti vari.

E a chiunque in questo momento tema se stesso e le proprie emozioni. 

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  • 10 mesi dopo...
Giraluna
Il 5/4/2018 alle 00:45 , Giraluna ha scritto:

Quando mi sono ritrovata nei suoi occhi

"Alcune donne se vengono benedette da un incrocio di sguardi, sono maledette. 

Nessuno gli sembrerà mai più eterosessuale". 

Iniziò proprio così, con un incrocio di sguardi, senza occhiali da sole che filtrassero. 

Avevo il mal di pancia da due giorni. Una frizione era in corso. 

C è qualcosa che non va. 

 Inizia sempre così, con questa sensazione fortissima. Mi fa storcere il naso. Mi fa dubitare. Proprio come mi venne spesso suggerito: dubitare. 

Non è un dubbio proattivo. È reattivo a qualcosa che riguarda l altro. Qualche dettaglio nascosto che capto a livello istintivo. E da lì ... nessuna indulgenza. Non mostro alcuna volontà di comprendere. 

È come se quello sguardo fosse alle mie spalle, ma non è il suo. È un potere, una sinergia che si sono mescolati nel tempo e che ora si attivano in presenza di interferenze. 

No, ferma. C è qualcosa che non va. 

Com è possibile? Non è forse una circostanza positiva? 

Attenta. Non guardare solo sopra.  

All esterno mostro nervosismo, vulnerabilità ed una insicurezza dettata dall assenza di certezza. Tutto dipende da quello sguardo certo, che ormai porto dentro. 

È stupefacente come si attivi in presenza di dettagli sinistroidi, che potrebbero danneggiarmi e di come invece se ne vada quando percepisco sinergia. 

Un body Guard incorporato. Ciò che non riesco ancora a capire è cosa vede questo sguardo. Mi suggerisce che c è qualcosa che non va e che è più di quanto mi viene mostrato. 

Se riuscissi ad individuare il filo conduttore che lega tutta questa gente da cui mi tiene lontana, forse capirei come evitare certe situazioni e riconoscere più velocemente chi può starmi affianco anche solo per qualche ora. 

@nic101 ti va di darmi la tua opinione? 

Avrei piacere di discuterne un po con te. Magari con la tua sinergia posso arrivare a delle risposte.

Modificato da Giraluna
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