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Il senso di colpa


Gainsbourg

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Gainsbourg

crescendo, 

mi rendo conto che una delle cause piú frequenti di disagio

é costituito dai sensi di colpa

 

penso ne siamo permeati a diversi livelli

da quelli piú superficiali, evidenti

a quelli piú reconditi, ancestrali e fintamente rimossi

 

e sono anche convinto che essi agiscano

in modo piú o meno conscio 

nel causarci malessere, malattie

nel portarci spesso a scelte sbagliate

 

ci si sente in colpa se tradisci

ci si sente in colpa se lasci una persona

ci si sente in colpa spesso se le cose non funzionano

e tu non sei stato capace di farle funzionare

 

e via giú a scavare 

a rastrellare quello che é marcito nella memoria del passato

é colpa tua se tuo padre e tua madre si sono separati

é colpa tua se tuo padre o tua madre se ne sono andati

finanche, e volgio volutamente esagerare

é colpa tua se qualcuno non c'é piú.

 

qualche psicologo dice che 

il senso di colpa non é detto che non sia un male

se non inficia sul tuo benessere

 

io non credo in ciò

credo sia in qualche modo 

un sottoprodotto della nostra cultura sociale

una catena

che soggioga una parte piú pura

forse pericolosa e istintiva

una parte pronta alla gioia e al dolore

una parte libera.

 

 

raccontatemi, 

e raccontatevi

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Ciao @Gainsbourg, premetto che sono più giovane e sicuramente meno esperto di te riguardo a come va la vita.

Il senso di colpa secondo me è qualcosa di permeato nella nostra società, soprattutto quella cristiana. È un qualcosa contro cui si lotta continuamente, e crescendo ho visto i danni che può fare. Da mia madre che deve trovare sempre di chi è la colpa o, al contrario, dire che non è colpa sua, al proprio senso di colpa che come hai detto tu porta ad agire in modo inefficiente.

Il senso di colpa è una cosa abbastanza infantile, da un lato è in grado di farci sentire fintamente onnipotenti (esempio: questo evento, legato a mille fattori, è colpa mia) o al contrario sempre inadeguati (mi sento in colpa a fare questo, quest'altro).

Personalmente non ho avuto a che fare con psicologi che hanno "concesso" il senso di colpa, per fortuna. Ho iniziato a ragionare sul senso di colpa dopo che all'inizio di quest'anno è terminata una relazione che è stata la più importante della mia vita, e credo che pure per te ci possa essere stata una scintilla simile.

All'epoca mi fu detto che tra adulti non si parla di senso di colpa, bensì di responsabilità, e in questa cosa mi ci trovo. È difficile barcamenarsi tra il dare la colpa agli altri e darla solo a se stessi.

Una delle cose che più mi spiace è come il senso di colpa cristiano, unito a mie inadempienze, mi abbia portato ad arrivare vergine a 23 anni. Da lì piano piano sto uscendo da questa condizione, iniziando pure ad andare ad escort. In questo, avere un amico che non giudica e non parte a trigger con cui confrontarsi aiuta.

Un altro senso di colpa per me difficile da gestire è quello con gli amici: quando ti deludono, e forse ti rendi conto che sei tu ad esserti fatto certe aspettative; quando li vedi immobili, e forse in loro rivedi quella parte di te che vorrebbe arrendersi; quando li trascuri, o almeno così ti sembra. Qui parlo comunque di amici amici, contati sulle dita di una mano, non persone random.

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Urban_Fender

La mia croce e delizia.
Il senso di colpa purtroppo è radicato nella nostra cultura cristiana, e si riflette nella linea educativa del soggetto sin dai primi istanti sociali.

In attesa di scrivere un diario, o un nuovo thread dove trattare meglio la mia esperienza personale in merito al senso di colpa e le sue conseguenze dannose che in età adulta hanno dato l'esordio a disturbi ossessivi, etc., non posso che definirlo uno dei mali peggiori.

Il senso di colpa inibisce, modifica il comportamento, porta a non essere mai sè stessi per paura di ferire l'altro. Che condanna è?
Ma perchè ce li facciamo?O meglio, prendono il sopravvento?

Io sono e resto convinto che l'impostazione familiare è assolutamente determinante per la loro insorgenza.

Soprattutto, è nella gestione dell'errore che andrebbero riviste alcune modalità.

Provo a spingermi.

Esempio 1

Un bambino di 4 anni (fase delicata dell'attaccamento e delle relazioni) che nel continuo del gioco rompe il giocattolo, sta esattamente compiendo un suo percorso esplorativo. L'intervento dei genitori può incidere positivamente o negativamente, a seconda del grado correttivo in merito:

1) "Hai rotto questo giocattolo!Lo sai che lo abbiamo pagato tantissimo e fatto sacrifici per comprarlo?"

2) "La tua curiosità ti ha portato a rompere questo giocattolo. Ora è inutilizzabile, e non ti consente più di giocarci. Secondo te, è meglio conservarli per bene, o distruggerli, i tuoi giochi?"

Ecco, nella prima opzione, al bambino non si trasmette correttamente (secondo me, sia chiaro) un messaggio proporzionato alle sue modalità cognitive, ma gli si carica addosso un peso (economico in questo caso) che lui non può elaborare con i suoi strumenti di pensiero, e quindi si sente in colpa perchè pensa che i genitori si sono privati di qualcosa per accontentarlo. Cosa che sicuramente in età scolare ha un senso decisamente più "maturo".

Nella seconda opzione, il bambino viene "condotto" all'analisi della situazione senza un peso esterno (come quello economico, appartenente ai genitori), rimanendo centrato sull'oggetto e sulle emozioni che gli può continuare a dare se utilizzato per bene.

Esempio 2

Sempre il solito bambino di 4-5 anni, che ha nella famiglia il primo riferimento sociale.

A casa i genitori dicono parolacce, bestemmiano, offendono.
Però a lui impongono di usare un linguaggio migliore del loro perchè non è bello che un bambino dica parolacce, soprattutto fuori l'ambiente di casa, in presenza di estranei che poi potrebbero giudicare negativamente sia lui che la sua famiglia (e quindi loro genitori).

Il bambino dovrà controllare il suo linguaggio, e quando gli scapperà una parolaccia (inevitabile, normale...!) si sentirà in colpa non tanto perchè questa è fuori luogo, oppure non è pertinente al dialogo in questione...ma semplicemente perchè è portato a pensare che se qualcuno lo avesse sentito potrebbe giudicare (oltre a lui) la sua famiglia, i suoi genitori, dei poco di buono, che non sono in grado di insegnargli l'educazione.

Di conseguenza, vive il conflitto interiore di sentirsi in colpa per non essere stato "di parola" verso un dettame (incongruente) dei genitori, e non per aver detto "cazzo!" davanti ai suoi amici mentre il suo pallone colpiva una macchina parcheggiata anzichè entrare in gol.

 

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PapuPetagna

Parli con uno che, almeno per una decina di secondi, si sente in colpa anche quando dice di no ad un amico per una birra..

Come è già stato detto sono abbastanza convinto che il senso di colpa sia un qualcosa che nasce da bambini, in famiglia: i genitori, in buona fede, sottovalutano un certo modo di comunicare e innescano questo circolo vizioso.

Mi piace @Gainsbourg quando dici che il senso di colpa porta a scelte sbagliate. La fine di una relazione (che non può essere mai addebitata psicologicamente e moralmente solo a uno dei due, salvo rari casi) può farti divorare dalla colpa, ma può anche tenerti incatenato ad una persona con cui invece non vuoi stare.

Insomma, per me e per quello che ho vissuto e che vivo, il senso di colpa nasce in famiglia ma poi è gestibile. Se agiamo secondo i nostri principi, le nostre scelte saranno sempre indipendenti.

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Opfelia

La mia ribellione al senso di colpa è stata la spinta ad allontanarmi dalla chiesa in un percorso che è sfociato in ateismo o, quanto meno, agnosticismo. 

Ne sono ancora prigioniera talvolta e, leggendo l’intervento di @Urban_Fender, mi rendo conto che rischio di trasmetterlo anche ai miei figli. Devo stare attenta, quindi, a non alimentarlo.

mi riesce ancora difficile non sentirmi in colpa se ferisco qualcuno. 

Leggerò con interesse questo post, è un aspetto su ciò devo lavorare parecchio. 

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Urban_Fender
22 minuti fa, Opfelia ha scritto:

La mia ribellione al senso di colpa è stata la spinta ad allontanarmi dalla chiesa in un percorso che è sfociato in ateismo o, quanto meno, agnosticismo. 

Ne sono ancora prigioniera talvolta e, leggendo l’intervento di @Urban_Fender, mi rendo conto che rischio di trasmetterlo anche ai miei figli. Devo stare attenta, quindi, a non alimentarlo.

mi riesce ancora difficile non sentirmi in colpa se ferisco qualcuno. 

Leggerò con interesse questo post, è un aspetto su ciò devo lavorare parecchio. 

La  Chiesa ha giocato (giochi ancora, credo) un ruolo fondamentale nell'indirizzare il processo di formazione occidentale, e a maggior ragione italico.

Parto dai concetti più banali (attenzione: banali per un adulto,ma pericolosamente, a mio avviso, contrastanti per un soggetto di 7-8 anni, nel pieno della costruzione del pensiero e del processo cognitivo)...

"Se dici le parolacce, Gesù si offende."

"Se ti tocchi fai un peccato mortale."

"Non desiderare la donna d'altri."

"Andrai all'inferno."

"Hai visto una donna nuda?13000 Ave Maria!"

E sono solo alcuni,dei più basici concetti che passano a livello educativo, quando si approccia l'ecclesiastico.

Ecco, lungi da me essere l'anticristo,però non voglio nemmeno far finta che certe parole,dette da adulti convinti,non abbiano influenzato me e tanti della mia generazione. Eccome!

Vivere col costante timore di offendere Dio e vivere nel "peccato", nella vita quotidiana equivale a struggenti sensi di colpa per aver risposto male alla vecchietta del piano di sopra, ed a autolimitarsi per essere sempre ben accorto e allineato.

@Opfelia mi fa piacere la tua osservazione in merito ai figli. Quanto avrei voluto che i miei genitori mi raccontassero le dinamiche di trasmissione dell'AIDS, piuttosto che sincerarsi continuamente che io stessi lontano dal sesso fino all'età adulta,reprimendo le mie naturali,umani,tendenze alla scoperta e cercando (vanamente per fortuna) di nascondermi i pericoli del mondo.

No.

I sensi di colpa nascono perché si infonde insicurezza,si trasmettono le proprie paure, si proietta la propria visione della realtà, che reale spesso non è.

Faccio post lunghi, mi piace scrivere. Porto esempi concreti.

Alcuni miei familiari mi regalarono una bici per i miei 8 anni;poiché valeva il solito discorso di meritarsela a priori, il giorno che me l'hanno fatta trovare sotto al portone, prima di farmici salire e dare sfogo alla più naturale euforia di un bambino, ci hanno tenuto a sottolineare che tutti si erano impegnati economicamente per comprarla (penso l'equivalente di 20€ di oggi), per cui, frase dei miei, se Zio X la vuole prendere e girarci, tu stai zitto e buono.

Spiego bene il capovolgimento della realtà?

La reazione di un bambino innocente quale poteva essere,all'ennesima stroncatura emotiva? Quella di cedere il primo giro agli zii che avevano partecipato all'acquisto. E stare lì seduto sul marciapiede, ad aspettare il proprio turno,mentre loro si divertivano ad impennare. 

Quando poi ci sarei salito,attenzione a non graffiarla,perché era costata troppo e avrei mancato di rispetto a quel sacrificio fatto...arrovellandomi nei sensi di colpa,quando inevitabilmente sarebbero apparsi (o ci sarei caduto...perchè si!Si cade! Dalla bici e nella vita,Cristo!)...

La possiedo ancora questa bici,ma non mi viene mai di guardarla,risalirci,o ricordarci i momenti belli.

Chissà perché. 

Ah,i sensi di colpa. 

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