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Le avventure di Casanova


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Il primo sospetto

 

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Il primo che decisi di avvicinare fu il nobile Pancrazio.

Sembrava che passasse intere giornate al caffè Florian e che si mantenesse impegnato nelle principali occupazioni dei nobili: oziare, fare pubbliche relazioni e farsi ammirare.

Fu facile individuarlo grazie alla descrizione fornita dal Bregadin,  era basso e tarchiato, estremamente corpulento e senza collo, aveva gli occhi piccoli infossati, il naso grosso e la carnagione rossa di chi eccede col vino.

Era vestito con abiti pregiati, ma li portava senza eleganza nei modi, e questo ne faceva perdere l'effetto desiderato.

Era seduto a un tavolino da solo, intento a bere un caffè e a osservare le dame che passeggiavano sulla piazza, sottolineando ogni tanto con un sopracciglio che si alzava, l'apprezzamento per il fondoschiena di una o per il décolleté di un'altra.

Mi avvicinai al suo tavolo mantenendolo sulla mia destra, e mi voltai di scatto a sinistra facendo finta di salutare qualcuno.

 Il bastone da passeggio che portavo nella mano destra colpì rumorosamente una gamba del tavolo e fece rovesciare la tazzina di caffè sulla tovaglia.

Mi voltai e vidi un Pancrazio furente con gli occhi fiammeggianti, avrebbe voluto staccarmi la testa dal collo, ma era un nobile ed eravamo in piazza San Marco, doveva mantenere le apparenze e salvare la sua immagine di gentiluomo, quindi l’aria furente fu ben presto sostituita da un sorriso tirato.

“Chiedo Scusa, ho combinato un disastro” Dissi inchinandomi in segno di pentimento

“Mi lasci rimediare offrendole un caffè in un nuovo tavolo, un giovane agronomo non sarà di certo degno di sedere con lei, ma un uomo della sua gentilezza accetterà di sicuro questo gesto riparatore” continuai alzando leggermente la testa per veder la reazione del mio indiziato. 

Pancrazio stette in silenzio e mi fisso, mi sembrò di leggere il ragionamento nella sua testa: di sicuro non voleva sedere con me, ma di certo non voleva perdere la faccia davanti ai camerieri e alle persone presenti al caffè Florian dimostrando scortesia verso qualcuno che si scusava cosi animatamente.

Scelse il minore dei mali.

“Accetto volentieri giovanotto, e non si preoccupi troppo, sono cose che capitano a voi giovani pieni di energia e esuberanza...ma mi dica di più mi ha detto che è un agronomo?”

 

Sedendoci in un nuovo tavolo e ordinato il caffè del perdono, chiacchierammo per un oretta e gli parlai dei miei successi In Francia, per la bonifica di alcuni campi (inventai tutto ma presi spunto dai racconti di un mio amico agronomo che stava a Parigi  ).

Parlai dei viaggi che avevo compiuto, degli studi effettuati e raccontai qualche pezzo della storia reale della mia vita.

Pancrazio ne rimase molto colpito e mentre il suo interesse cresceva, sopratutto per la questione inerente ai campi, io decisi di congedarmi: non volevo saziarlo di informazioni prima di aver potuto scoprire di più sul suo conto.

“Signor Pancrazio, mi scuso ancora per ciò che ho fatto alla sua colazione, la ringrazio del suo tempo, della comprensione e di aver condiviso un secondo caffè con me, ora devo salutarla, gli impegni chiamano,  è stato un onore conoscerla”

Pancrazio parve stupito e allo stesso tempo dispiaciuto

“ Signor Casanova posso averla stasera a cena? Vorrei approfondire le sue competenze, sa ultimamente sono entrato in possesso di un campo infestato e nessuno sembra venirne a capo, magari con lei avrò fortuna...” lasciò la frase sospesa.

“Devo con molta scortesia declinare l’invito per un impegno precedente, mi scuso nuovamente” mi inchinai.

“Domani a pranzo le sarebbe comodo?” ribatté 

“ Sarebbe perfetto! Grazie della comprensione lei è troppo gentile”

“ Bene allora si faccia trovare qui alle 11 e manderò una persona che la condurrà alla mia dimora,  non è molto distante da qui ma sa è difficile orientarsi a Venezia soprattutto se si è come dire…. Pieni di energie”

Ridemmo entrambi rumorosamente

“Va bene Signor Pancrazio, domani alle 11 sarò qui, i miei saluti”

“A domani signor Casanova”

CONTINUA...

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Il delizioso pranzo 

Il giorno successivo mi feci trovare nel posto stabilito in perfetto orario, che significa 5 minuti prima dell’orario accordato.

Alle 11 in punto un uomo alto e magro, dopo essersi assicurato della mia identità, si presentò e mi accompagnò alla dimora del Pancrazio

Il palazzo era imponente e era preceduto da un bel giardino finemente curato.

Il Pancrazio mi aspettava all’esterno dell'abitazione, e se ne stava la a ammirare alcune primule.

“Benvenuto Casanova! È in perfetto orario, il pranzo è pronto e verrà servito non appena ci accomoderemo nella sala principale, le piace il mio giardino?” Disse con un tono di modestia

“Divino, un’ottima scelta di varietà floreali” lo incalzai

“ La ringrazio, ma accodiamoci all’ interno saremo più comodi nel chiacchierare, e a stomaco pieno si ragiona meglio”

 

Pancrazio mi fece strada all’interno della casa preceduto da un membro della servitù che si affrettava ad aprire le porte prima del nostro passaggio.

Arrivati nella sala da pranzo il Pancrazio si fermò e diede inizio alle presentazioni:

“Signor Casanova, ho il piacere di presentarle mia moglie Isabella, mio figlio Carlo e la mia adorata figlia Claudia”

 

Durante il pranzo sentivo gli occhi di Claudia volgersi nella mia direzione con velata curiosità, ma appena cercavo di trovare il suo sguardo ella si ritraeva.

Nonostante la genetica paterna la ragazza era estremamente bella.

Alta , slanciata, con i capelli biondi e gli occhi scuri che emanavano un' energia sensuale repressa.

Alle più ardite delle mie battute, Claudia si scioglieva in uno splendido sorriso, prontamente coperto col tovagliolo per non risultare eccessiva.

Il pranzo passo piacevolmente e al momento del caffè il Pancrazio fece portare da un cameriere l’origine dei problemi col suo campo: in un' ampolla di vetro un insetto si dimenava alla ricerca della libertà.

Nell’esporre i fatti inerenti al suo problema, il Pancrazio non aveva menzionato il Bregadin, e non dimostrava astio o di essere adirato, piuttosto sembrava sinceramente preoccupato per il destino di quell’appezzamento.

Liquidai velocemente la questione dicendo di non essere in grado di aiutarlo, in quanto non avevo mai visto nulla del genere, ma gli promisi che se mi avesse concesso di tenere l’esemplare nell’ampolla, avrei provveduto a inviarlo a Parigi presso il laboratorio di un mio caro amico che probabilmente avrebbe potuto trovare una soluzione.

Pancrazio sembrava molto felice della cosa e diede ordine al suo cameriere di impacchettare l’ampolla con all’interno l’insetto.

Complice il vino e il pranzo abbondante, il padrone di casa iniziava a sentire una certa sonnolenza, così decise di affidare alla giovane figlia Claudia la visita guidata della dimora e lui si ritirò nelle sue stanze, con la moglie per fare un riposino.

Il figlio Carlo si congedò invece per andare in città a compiere alcune commissioni.

Rimanemmo soli...

Con l’uscita di scena dei genitori e del fratello, Claudia si rilasso e si apri a una interessante e piacevole conversazione.

Il tempo con lei volò mentre visitavamo l’enorme dimora dei Pancrazio.

Claudia mi spiegava con competenza i quadri, le discendenze e le leggende contenute in quelle sale.

Arrivammo a parlare del campo, e anche lei non menzionò il Bregadin, ma solo il dispiacere e la preoccupazione del padre: a mio parere sembrava sincera.

Durante la visita ogni tanto i nostri corpi si erano urtati come se attratti magneticamente l’uno all’altra, devo ammettere che ci avevo messo il mio zampino perché ciò accadesse, ma lei non sembrava disdegnare quel leggero e involontario contatto fisico

Mi sentivo profondamente rapito da quella ragazza e volevo di sicuro approfondire la sua conoscenza

Ma come fare? Optai per la sincerità, le afferrai una mano e la portai davanti alla bocca come per baciarla:

“Signorina Claudia, è arrivata l’ora che io mi congedi, ma prima di tornare a salutare i suoi genitori, vorrei dirle che mi piacerebbe rivederla con più calma e riservatezza” e dolcemente le baciai la mano.

Claudia divenne paonazza e ci mise quasi un minuto prima di rispondere, combattuta tra la sua immagine di brava ragazza e la pulsazione che sentiva nel petto, nell’addome e in mezzo alle gambe.

“Ricordi dove è la biblioteca?” Chiese lei guardando in basso per l’imbarazzo.

“Si, certamente si trova sul lato posteriore a est”

“Esattamente, li sopra ci sono le mie stanze, dopo le 11 di sera diventa un posto molto solitario”

Nessuno aggiunse altro.

Usciti dalla dimora nel giardino ritrovammo il Pancrazio che si era destato dal suo riposo e stava bevendo un bicchiere di vino, Claudia si ritirò e mi affidò alla sua compagnia.

Salutai il corpulento e alticcio uomo, promettendo di farmi vivo il prima possibile appena ricevute notizie da Parigi, e mi allontanai oltre i cancelli.

Alle 11 in punto ( questa volte della notte) avevo già scavalcato le mura che circondavano la casa e mi stavo arrampicando verso le finestre della bella Claudia.

Bussai alla finestra e lei sussulto, ma poi vedendomi venne ad aprire.

Chiacchierammo per un’oretta e verso mezzanotte le inibizioni vennero messe da parte.

Ci avvinghiammo in un forte abbraccio, mentre ci baciavamo con passione, e finimmo per scoprire il piacere più profondo per alcune ore.

Il suo  gemito si tendeva e si rilassava sotto i colpi a volte precisi e delicati, a volte irruenti e sconvolgenti.

Sentivo il suo caldo corpo avvolgersi al mio, sempre di più, fino al pieno contrarsi in un impulso di culminante godimento.

Dopo averla messa a dormire la baciai sulla fronte sgattaiolai fuori dalla finestra attraverso il giardino con il favore delle ultime ore della notte…

CONTINUA

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4

La dama di compagnia 

 

La mattina seguente ( in realtà era ora di pranzo), mi sveglia nel mio letto e stetti qualche secondo a rivivere i momenti della notte precedente,  ma subito venni pervaso dal senso di urgenza.

Nel primo pomeriggio avrei dovuto consegnare all’amante del Bregadin, alcuni libri che egli voleva offrire in dono come segno di pace.

Feci un pranzo leggero per non appesantirmi e mi diressi presso la casa della signora Ofelia, colei che aveva conquistato il corpo e il cuore del Pregadin ma non la testa.

La dimora si trovava in una via stretta di Venezia, poco distante dal mercato del pesce.

Giunto quasi a destinazione feci una piccola digressione per osservare i canali e per ammirare la splendida Venezia in tutta la sua magnificenza.

Mentre ero perso a osservare l’architettura delle case sul canale, arrivò una piccola imbarcazione da cui scese una donna con fare grazioso e  che copriva la testa con un velo bianco.

Si voltò nella mia direzione e riconobbi i capelli rossi e gli occhi verdi che mi avevano stregato qualche giorno prima.

Giusto il tempo di elaborare il pensiero, che un’altra imbarcazione di dimensioni più notevoli, mi passo davanti impedendomi la visuale, e quando ebbe completato il suo passaggio, Lei era sparita.

Un po’ amareggiato, rimasi incantato a fissare per molti secondi il punto dove Lei era apparsa e poi scomparsa, come una stella cadente in una notte serena.

Mi forzai per tornare al presente, iniziai a riprendermi e a concentrarmi sulla mia missione odierna.

Arrivato davanti alla casa della signora Ofelia la studiai con attenzione , era una dimora piccola e poco sfarzosa ma la facciata era tenuta in maniera precisa e curata.

I fiori e le piante sul balcone al primo piano erano disposti con eleganza e sapienza, e denotavano la cura di una persona col pollice verde e con ottimo gusto estetico.

Feci per bussare, ma la porta si aprì prima che io potessi assestare il colpo, come se mi stessero aspettando.

Rimasi li, con un braccio alzato a osservare incantato chi mi aveva aperto la porta.

Una ragazza splendida con lineamenti tipicamente del sud Italia mi guardava con aria interrogativa, probabilmente stava uscendo e non si aspettava di trovarmi li davanti.

Dall’elegante abito che portava, si intravedeva un seno abbondante e dei fianchi generosi, che le davano un aspetto di piena e corposa femminilità.

I capelli erano lunghi e neri, gli occhi erano scuri e brillanti sotto le folte sopracciglia, e a rendere ancora più particolare la sua bellezza c’era un piccolo neo sul labbro superiore.

“Desidera?” Chiese lei per rompere il silenzio

“Sono Casanova, ospite del nobile Pregadin, mi manda a recapitare un omaggio nelle mani di donna Ofelia”

La ragazza parve sollevata, mi invitò a entrare e mi fece accomodare nel salone principale.

“Vado a chiamare la Signora Ofelia, torno subito”

Qualche minuto dopo Donna Ofelia entrò nella stanza con fare sbrigativo seguita dalla ragazza mora

“ Buona sera giovanotto, spero che la mia dama di compagnia madame Giorgia non sia stata scortese con lei, sa è qui da poco, ha ancora molto da imparare..."

La ragazza parve mortificata da quelle parole.

“No, si figuri tutt’altro è stata molto cortese nel mettermi a mio agio, Il mio nome è Casanova i miei omaggi” mi inchinai e baciai la mano di donna Ofelia 

“ Allora la manda qui quel certo Bregadin, dopo la nostre ultima lite pensavo avesse la decenza di non farsi più vivo… Oh quanto tempo perso dietro a quel tale in maniera totalmente immotivata.”

“Si Donna Ofelia, mi ha mandato qui a portarle questi libri in dono e a presentare le sue scuse per i toni accessi dell’ultima lite”

“ È ferito?” Chiese lei

“No” dissi non capendo

“ È morto?”

“No”

“È stato gambizzato?”

“Assolutamente no”

“ Che peccato” disse lei con acceso sarcasmo “ Allora sarebbe potuto venir di persona…Bene signor Casanova, la ringrazio della sua visita io devo tornare a dipingere”

Si rivolse poi alla ragazza “ Giorgia, prepara un caffè per il nostro ospite, se sai come farlo, ma almeno cosi ti alleni, arrivederci signor Casanova ” e usci dalla stanza diretta al piano di sopra.

Madame Ofelia mi dava l'impressione di essere scortese solo per il fatto di essere ferita. Mi ricordava quei cani che continuamente bastonati, diventano diffidenti verso tutti gli essere umani.

Serve tempo per curare le ferite dell'anima.

Nel frattempo la signorina Giorgia si era alzata e con voce sommessa disse  “ Le preparo subito il caffè” e sparì verso la cucina.

Fui lasciato solo all’interno della sala principaleIn un angolo della stanza, c’era uno scrittoio, mi avvicinai e lo esaminai con cura.

Non c'erano fogli sparsi, era tutto perfettamente  in ordine.

C’erano sei cassetti laterali, tre per ogni lato ma solo uno era chiuso a chiave. Con l’aiuto di un piccolo grimaldello, lo forzai e all’interno trovai un diario

Lessi velocemente partendo dall’ultima pagina, tenendo l’orecchio teso per carpire i rumori provenienti dalla cucina.

Il cuore mi batteva forte per la paura di essere scoperto, l’adrenalina veniva pompata forte nelle vene.

Sentì un rumore, dalla cucina qualcosa si stava muovendo, rimisi a posto il diario, chiusi il cassetto e tornai a sedermi.

La signorina Giorgia tornò e poso un vassoio col caffè e alcuni biscotti sul tavolo, mi guardò torva, investigando sul mio atteggiamento: ero visivamente agitato

“ Tutto bene signor Casanova?”

“No!” Dissi mentre mi alzai di scatto, le afferrai il volto con entrambe le mani e la baciai appassionatamente.

Lei fu presa di sorpresa e si godette il bacio, quando ci staccammo mi rifilò una sberla che mi fece scrocchiare la mascella.

“Mi perdoni signorina Giorgia, ma sono stato rapito dalla sua bellezza, è stato più forte di me, mi dispiace dei miei modi riprovevoli, ma per vero non mi pento”

“È stato davvero indecente” disse lei offesa

“Lo so, e le porgo le mie più sentite scuse, ma le chiedo, Signorina Giorgia mi incontri stanotte sotto il portico del mercato del pesce, io devo vederla ancora e la aspetterò tutta la notte se lei dovesse degnarmi della sua presenza”

“Ma si figuri, spreca il suo tempo Casanova, e ora lasci questa casa per cortesia”

“ Sarà fatto, ad ogni modo l’aspetto dalle dieci sotto la colonna più a destra e in fondo guardando verso il canale”

“Se ne vada Casanova per cortesia”

“Signorina Giorgia tolgo il disturbo, non si scomodi conosco la strada”

Usci dalla stanza e dalla casa di donna Ofelia.

 

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La lanterna

 

 

A un quarto alle dieci mi trovavo nel posto indicato alla signorina Giorgia nel mercato del pesce.

Mi sedetti ai piedi della colonna ad aspettare, e utilizzai il tempo dell’attesa per riordinare le idee su ciò che avevo scoperto fino a quel momento.

C’era il Pancrazio con il suo campo, suo figlio troppo giovane per fare minacce di morte, la moglie troppo svampita e disinteressata, e poi c’era Claudia, ma mi sembrava al di sopra di ogni sospetto o almeno era ciò che mi aveva trasmesso.

Dall'altra parte c’era donna Ofelia, il contenuto del suo diario, e la  bellissima signorina Giorgia.

Mentre ero concentrato a posizionare i pezzi sulla scacchiera e a vedere come interagivano fra loro in questa bizzarra vicenda, dall’altra parte del mercato del pesce notai la luce di una lanterna che si avvicinava nella mia direzione

Era sicuramente la signorina Giorgia, che ci aveva ripensato, ed era arrivata alla conclusione che quel bacio le era piaciuto. 

I passi si fecero più vicini, e si delineava sempre più chiaramente una figura femminile. 

Mi alzai per accogliere la dama, ma quando fu a meno di un metro rimasi leggermente impaurito nel vedere che in realtà non era Giorgia, e che la donna dinnanzi a me non era sola.

Una dama mal vestita e visibilmente denutrita mi stava difronte, emanava un odore forte e sgradevole, e attaccato alla sua gonna c’era un bambino piccolo di tre o quattro anni.

La scena era resa ancora più drammatica dalla fievole luce della lanterna che sottolineava i solchi di fatica e di stenti che i due stavano passando.

“Mi aiuti la prego, abbiamo fame” disse la donna con occhi imploranti.

La guardai senza parlare mentre riflettevo sulla situazione. Lo stato di necessità rende le persone più acute, infatti la donna era talmente disperata che i suoi sensi si erano rinforzati, tanto da individuarmi nel buio del mercato del pesce senza sapere la mia posizione.

Nei suoi occhi si leggeva la disperazione.

Dal canto mio, la vita con me era stata buona e mi aveva concesso un sacco di possibilità e di studiare, di migliorarmi e di capire come far funzionare le cose.

Carezzai sulla testa il bambino, presi il sacchetto dove tenevo le monete e lo consegnai alla donna

“Tenga, non è molto ma la potrà farvi andare avanti per qualche giorno, e se si farà trovare qui domani alle 5 del pomeriggio, cercherò di trovarle un impiego presso il nobile dove dimoro, il quale necessita di nuova servitù”

La donna prese il denaro e scoppio in lacrime

“Grazie, grazie non so cosa altro dire”

“Non dica nulla, si presenti domani alle 5 e cercheremo di fare il possibile. Ora vada, poco più avanti c’è una locanda con posti letto, porti questo piccolo ometto a mangiare, lavarsi e farsi una bella dormita e lei faccia lo stesso, domani dovrà fare una buona impressione se vorrà ottenere il lavoro… e poi non è il caso che una donna giri da sola di notte, vada”

La donna si incamminò con ritrovato entusiasmo in direzione della locanda, accarezzò la testa del bambino che aveva finalmente ritrovato un leggero sorriso.

“E io che pensavo fosse solo un arrogante, ero venuta qui per schiaffeggiarla di nuovo, ma in realtà da ciò che ho visto lei sembra un uomo buono” Una voce conosciuta sussurrava nel buio

“Signorina Giorgia, benvenuta”

La signorina Giorgia scopri una piccola lanterna che portava con se e che aveva tenuto coperta per sfruttare il buio come difesa,  apparve in tutta la sua bellezza.

“Mi stava aspettando?” Disse lei in modo sarcastico

“Certamente! Ma qui non è sicuro, venga.” Le presi la mano e la guidai per le strade buie di Venezia.

Nei pressi del mercato del pesce, il Bregadin aveva un piccolo magazzino in cui teneva attrezzatura nautica.

Prima di recarmi al luogo del appuntamento avevo allestito un piccolo giaciglio all'interno di quel magazzino,  avevo portato una bottiglia di vino e alcune candele; perché se è vero che è la donna che decide, l’uomo deve essere preparato.

Condussi la signorina Giorgia all’interno dell'edifico, accesi le candele e la invitai a accomodarsi sul pulito giaciglio posizionato fra l'attrezzatura.

Iniziammo a parlare di lei e le chiesi di raccontarmi la sua storia.

Da poco orfana, aveva dovuto lasciare la Calabria in cerca di fortuna, grazie a uno zio aveva trovato impiego come dama di compagnia presso donna Ofelia, ma la signora aveva un carattere spigoloso e estremamente volubile, anche se in realtà non era cattiva.

Le raccontai la mia storia, anche io ero orfano, e la rassicurai sul fatto che col tempo le cose sarebbero migliorate.

Ci sentimmo molto vicini in quel momento e con l’aiuto del vino ci lasciammo andare…

Il suo corpo era sodo, il seno mi riempiva completamente le mani, i glutei erano tesi e abbondanti, e il sangue del sud la rendeva un’amante molto passionale.

Si volto lasciandosi ammirare da dietro, e notai un altro piccolo neo in una posizione insolita ma estremamente carina...

Quella visione liberò la parte più bestiale e primordiale che viveva in me, la afferrai dai fianchi e inizia a possederla da dietro. Aumentai costantemente il ritmo dei colpi, rendendoli sempre più vigorosi, fino a vedere la sua schiena incurvarsi come quella del gatto quando viene spaventato per qualcosa di improvviso, in quell’istante la raggiunsi senza risparmiarmi.

Cademmo entrambi di lato sul giaciglio, esausti e madidi di sudore.

Rimanemmo in silenzio abbracciati, il suo capo era disteso sul mio petto e i suoi lunghi capelli neri la coprivano e mi solleticavano la pelle.

Ci addormentammo e fummo svegliati dalle prime luci dell’alba e dal rumore della città che iniziava ad agitarsi.

Con la promessa di rivederci ci baciammo appassionatamente, ci congedammo e ognuno torno alla casa in cui era ospite.

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6

Il Convento

 

La mattina successiva mi incontrai col Bregadin nel suo studio e gli consigliai di andare l’indomani a trovare donna Ofelia di persona, se fosse stata sua vera intenzione salvare quella relazione.

Il Bregadin accetto il consiglio, e disse che il giorno successivo per pranzo si sarebbe recato dalla dama e l’avrebbe invitata fuor in un nuovo locale del centro.

Dopo questa breve chiacchierata, tornai nelle mie stanze per cambiarmi i vestiti, quelli che indossavo di solito non erano adatti all’ultima parte dell’indagine, e sicuramente avevo bisogno di un bagno dopo la notte nel magazzino al mercato del pesce.

Da un baule, tirai fuori l’abito da seminarista che veniva da un lontano passato in cui ero stato indirizzato a prendere i voti e lo indossai.

Per fortuna mi stava ancora.

La residenza del cardinale di Venezia era adiacente a un antico convento di suore.

Entrare direttamente nell’edificio del Cardinale sarebbe stato impossibile, era sorvegliato da guardie armate che tutelavano la sicurezza del prelato.

L’unica via d’accesso era il convento, e di sicuro un prete avrebbe avuto più possibilità di entrare rispetto a un giovane seduttore rampante.

Osservandomi nello specchio, il travestimento mi sembrò funzionare: ero abbastanza anonimo. A completare l’opera di travestimento aggiunsi un paio di occhialini con le lenti tonde, una croce di legno e una blocco per appunti rilegato in pelle.

Mezzora dopo ero davanti alla porta del convento, mentre decidevo come presentarmi, un gruppo di suore scendeva lungo la strada in direzione del portone principale.

“ Buongiorno è questo l’istituto delle suore Clarisse?”Chiesi in tono cortese

La più anziana delle suore si avvicinò e con voce gentile disse:

“Si padre, è questo, il mio nome e suor Giuditta, come possiamo esserle utili a un uomo di Dio?”

“Buongiorno suor Giuditta, sono padre Marco, vengo inviato da Roma per controllare la situazione dei conventi e per decidere gli aiuti che dovranno essere inviati. Devo visitare il convento e appurare le mancanza e le migliorie da effettuare, per poi riferire a Roma la situazione agli uomini del nostro Santo Padre”

“Misericordia, lei sia lodato!!! È molto che aspettavamo una visita come questa, il convento è davvero in pessimo stato ci serve un aiuto dall’alto, pregavamo per questo"

“Sono proprio qui per questo suor Giuditta, ma come lei può ben capire devo accertarmi di persona delle condizioni di tutto il convento"

“Entriamo Don Marco, la mia anca ormai logora non mi permette di accompagnarla, ma disporrò che una delle sorelle l’accompagni e l’aiuti nella sua ricerca”

“La ringrazio molto”

Bussarono al pesante portone, uno spioncino si aprì e qualche istante dopo una piccola porta laterale venne aperta.

Entrammo nel conventoa pianta quadrata, con un chiostro centrale, sul lato sinistro si vedeva la residenza del cardinale, e difronte e sul alto destro erano disposte le celle delle suore, le cucine e una piccola cappella in cui pregare.

“Don Marco, l’affido alla guida di Suor Elisabetta per la visita al convento, se ha bisogno di qualcosa mi trova nella cucina”

Suor Elisabetta era una ragazza giovane e minuta, probabilmente non arrivava a vent’anni, estremamente timida parlava a voce bassa e rispondeva esclusivamente alle domande utilizzando il minor numero di parole possibili. Aveva la pella chiara, gli occhi azzurri e i lineamenti delicati della giovane età.

Iniziò facendomi vedere le cucine e la cappella, indicandomi le parti crollate o con infiltrazioni di umidità che necessitavano intervento.

Passo poi alle celle e le esaminammo una a una mantenendo un religioso silenzio.

Arrivano poi all’ala destra del convento dove c’erano celle, ma non erano occupate da nessuno in quanto erano pericolanti ed era pericoloso entrarci.

“Suor Elisabetta, si fermi qui non si metta in pericolo, posso ispezionare questa parte pericolante da me, lei torni ad aiutare le sorelle in cucina vi raggiungerò appena fatto"

“Ma” provo a obiettare

“Non si discute, non vorrà contrastare gli ordini i Roma?”

“No padre, farò come chiede la aspetterò alle cucine” e si incamminò

Effettivamente quella parte dello stabile aveva un aspetto molto poco stabile, ma era l’unico punto di accesso alla residenza del Cardinale.

In una delle celle trovai una finestra che dava sul cortile posteriore della residenza cardinalizia ci saltai all’interno e mi trovai nel giardino della dimora.

Mi arrampicai per raggiungere il balcone principale grazie a una folta pianta di edera e alle parti sporgenti al di sotto di essa.

Velocemente entrai dalla porta finestra aperta e mi ritrovai nello studio del Cardinale, completamente vuoto per mia fortuna.

All’esterno della sala si sentivano voci e movimenti ; se fossi stato scoperto probabilmente sarei stato appeso alle colonne di piazza S.Marco. Dovevo sbrigarmi a trovare qualcosa, un indizio, una via che potesse far luce sulla vicenda del Bregadin.

Andai alla scrivania e frugai nei cassetti, due erano chiusi a chiave.

Forzai il primo e trovai il sigillo dello lettere cardinalizie e alcuni fogli di carta davvero simili a quello su cui era scritta la minaccia di morte.

Riuscì ad aprire anche il secondo, conteneva delle lettere, ne lessi velocemente il contenuto e rimasi shockato.

Mentre me le stavo infilando all’interno della tunica sentì la porta aprirsi e il cuore perse un battito.

Il cardinale entrò nella stanza e si sedette alla sua scrivania, notò che uno dei cassetti era aperto, guardò all’ interno e lanciò l’allarme:

“GUARDIE, AL LADRO, AL LADRO!!!”

Al rumore della porta che si apriva, avevo fatto appena in tempo a nascondermi dietro una tenda, appena il cardinale si era seduto alla scrivania che dava le spalle alla portafinestra ero sgattaiolato fuori dal balcone e col cuore in gola stavo ripercorrendo a ritroso il percorso fatto per entrare.

Ripassai dalla finestra nella cella, mi spolverai e cercai di ristabilizzare il fiato, mi asciugai la fronte con un angolo della tunica e cercai di riprendere il contegno. Dovevo sparire immediatamente.

Mi diressi verso la cucina dove le suore erano indaffarate a preparare il pranzo

“Suor Giuditta, ho fatto tutto rilievi di cui avevo bisogno, presto riceverete notizie da Roma”

“Sia lodato padre, resta con noi per pranzo?”

“Mi piacerebbe ma devo fare altri rilievi prima di tornare a Roma”

“Sia benedetto  padre Marco" disse con aria sognante" Suor Elisabetta accompagni padre Marco al portone”

Suor Elisabetta si lavo le mani e mi fece strada fino al portone:

“Arrivederci padre Marco” disse chiudendo il portone alle mie spalle.

Mentre mi incamminavo, dietro di me sentì dei passi concitati

“Si fermi”

Lentamente mi voltai, due guardie uscite dalla residenza del Cardinale stavano correndo vero di me.

Sentì il sangue gelarsi, era arrivata la mia ora, era la fine, sarei morto in piazza S. Marco, pensandoci bene non sarebbe stato male.

“Mi scusi padre, ha forse visto qualcuno scappare in questa strada?” Disse una delle due guardie.

“No mi dispiace non ho visto nessuno” risposi con la poca aria che mi era rimasta nei polmoni.

“La ringrazio padre” si divisero e ognuno iniziò a correre in una direzione differente alla ricerca del ladro.

Io tornai a casa c’era solo un ultima cosa che dovevo fare...

Tornato a casa chiesi a un cameriere di recapitare un messaggio per il Bregadin.

Il messaggio era questo:

-Caro amico, ti chiedo di cenare insieme a me, qui in casa domani sera alle 8, ho molte notizie da darti riguardo al tuo mistero-

Alcune ore dopo il cameriere  a cui avevo affidato il messaggio tornò con due notizie.

La prima era che il Bregadin accettava l’invito.

La seconda era che il capo delle cucine aveva assunto la donna col bambino incontrata al mercato del pesce, e che ora entrambi si erano stabiliti negli alloggi della servitù.

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GTC

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La cena risolutrice

 

 

Alle 8 di sera mi presentai nella sala principale del palazzo, il Bragadin mi stava aspettando seduto a capotavola.

“Bentrovato Giacomo, non vedo l’ora di sapere queste novità “ esordì il nobile

“ E io non vedo l’ora di condividerle con te... Ma mangiamo qualcosa intanto”

Il Bragadin fece un cenno al cameriere che spari verso le cucine, poco dopo torno con le pietanze.

“ Giacomo non tenermi sulle spine, raccontami” mi pregò il mio ospite 

“ Ebbene, devo dire che il compito da te assegnatomi mi ha dato non pochi grattacapi, ma dopo alcune peripezie credo di essere giunto a soluzione”

Il Bragadin sorrise ma rimase in silenzio per lasciarmi parlare.

“Allora, iniziamo dal Pancrazio: dopo essere riuscito a farmi invitare a casa sua, e aver passato un intera giornata con lui e la sua famiglia, non ho rilevato rancore nei tuoi confronti, anzi sembra quasi essere all’oscuro della tua esistenza... Niente mi fece pensare che ne lui, ne qualche membro della sua famiglia tramasse alle tue spalle” presi un attimo per riordinare le idee e organizzare il discorso.

“Poi c’è donna Ofelia... Una donna senza dubbio passionale, capace di gesti estremi, e all’inizio pensavo davvero potesse essere lei a creare i tuoi grattacapo, ma poi entrando in casa sua per consegnare i libri, ho avuto la possibilità di leggere il suo diario. Non entrò nel dettaglio perché non sarebbe cortese, ma il contenuto era un insieme di lodi e di dichiarazioni d’amore nei tuoi confronti, intervallati da sfoghi per non essere nata in una buona famiglia e non essere alla altezza di essere la tua compagna ufficiale”

Bragadin sembrò colpito e rattristato da quelle parole, in cuor suo amava donna Ofelia.

“Infine ho rischiato di essere incarcerato o peggio, per introdurmi nella residenza del Cardinale... Ma ne è valsa la pena”

Estrassi due lettere dalla giacca e le porsi al Bregadin

“ Troverai interessanti queste lettere in cui un soggetto che ho scoperto essere un’artista della contraffazione, concorda il prezzo per la creazione di falsi documenti canonici che riguardano la tua dimora. Il Cardinale le teneva chiuse in un cassetto della sua scrivania, probabilmente convinto dell'inviolabilità della sua dimora... Si sbagliava". 

Il Bregadin visionó le lettere poi si rivolse a me

“Quindi è stato quel bastardo?” Chiese il nobile ansioso

“All’inizio lo pensavo, ma qualcosa non mi tornava” feci una pausa

“Perché minacciarti di morte quando si pensa di avere già la vittoria in mano? Perché minacciarti e metterti in allarme quando a breve saranno pronti falsi documenti che ti porteranno via la tua dimora?... Non ha alcun senso... A proposito visto che  ho avuto quelle lettere in maniera poco convenzionale, dovrai usarle direttamente e privatamente con il Cardinale per fargli cambiare idea sui suoi piani e farti lasciare in pace”

Bragadin aveva un aria perplessa

“Quindi Giacomo chi è stato? Se non é stato uno di questi tre chi è stato ?” Il mio commensale mi incalzava in cerca di risposte

“ Il colpevole è in questa stanza caro amico” sentenziai sicuro

“Spiegati meglio...” il Bregadin aveva assunto un aria seria e composta.

“ Ebbene, il colpevole del messaggio di minaccia di morte...” Feci una pausa e lo fissai negli occhi

"Sei tu!"

Il Bregadin scoppio a ridere 

“Va avanti Giacomo ...”

“ Nessuno degli indiziati aveva un movente convincente, nessuno! E poi tu conosci queste tre persone da molto tempo, ma a pochi giorni dal mio arrivo qui, ricevi un messaggio di morte... La coincidenza mi parve troppo strana...Questa tempistica mi lasciava perplesso" Gurdai il Bragadin che cercava di mantenersi serio.

" Ragionando su questo dettaglio in me è nata un’ipotesi: e se fosse stato lo stesso Bragadin a creare questo messaggio? Il motivo di farlo era chiaro: da una parte avrebbe testato le mie qualità, il mio valore e la mia fedeltà sotto pressione, dall’altra mi avrebbe destato dall'ozio e dalla noia che mi aveva afflitto nei miei primi giorni di ritorno in quel di Venezia" Feci una pausa.

"Avresti preso due piccioni con una fava, mi avresti aiutato dandomi una missione e avviandomi alla vita veneziana, d’altro canto avresti capito che tipo di uomo ero sotto pressione e mi avresti testato per capire se potessi essere un tuo uomo di fiducia”

Bragadin sorrise malizioso ma non disse nulla 

“ C’è da dire che non sono uno sciocco, e non potevo basare i miei risultati su un'ipotesi, serviva una prova, così ti ho invitato ad andare a trovare donna Ofelia in modo da aver accesso al tuo studio, e li ho trovato i timbri usati per realizzare il messaggio e lo stesso tipo di carta, ed ecco mio caro il tuo colpevole è servito come portata finale di questa cena”

Bragadin scoppio in una fragorosa risata

“ Bravo Giacomo, impressionante! Mi hai battuto in questo piccolo gioco, sei riuscito a smascherarmi e allo stesso tempo a risolvere il problema con il cardinale, spero mi perdonerai questo inganno, ma sai le persone si riempiono la bocca di grandi parole, ma è nel momento delle azioni che si vede la vera natura di un uomo.” mi verso del vino

“ Perdonarti? Scherzerai spero, Io voglio ringraziarti! Tu sei un uomo di mondo e sai che una persona senza una sfida, senza un obiettivo ha la tendenza a lasciarsi andare ed è questo che avevi visto in me.... Con questo gioco hai riaccesso la fiamma, il gusto dell'avventura e mi hai dato la possibilità di vivere emozioni e fare conoscenze che non mi sarebbero state facilmente possibili se avessi passato il mio tempo a bighellonare in piazza S. Marco" sorrisi al mio mentore.

Continuai

 "Vedi amico mio, il tuo scherzo è stato come un sasso lanciato nel canale... ha creato piccole onde concentriche che hanno rotto la calma piatta che mi stava lentamente risucchiando la linfa vitale”

Bregadin alzò il calice e disse“ Allora propongo un brindisi, alla nostra amicizia ” 

“ E alle sfide che rendono la vita interessante” aggiunsi.

Spostandoci sul balcone continuammo a bere e a chiacchierare per tutta la notte ammirando quella magica città, madre di passioni e di misteri.

 

 

 

Conclusione:

Qualche tempo dopo, da Parigi arrivò la soluzione per il campo del Pancrazio, lui fu felice di avermi ospite a casa sua molte volte per ringraziarmi; sua figlia Claudia ancora di più.

Il Bragadin fece un passo avanti verso donna Ofelia, iniziarono a scambiarsi intense lettere d’amore di cui io divenni corriere, per la mia gioia e della signorina Giorgia, che mi riceveva sempre molto volentieri, e ogni volta concedeva sempre qualcosa di più di se stessa... 

Il Bragadin mostro le lettere al Cardinale in un colloquio privato,  questi senza dir nulla desistette dall’infastidire la nostra vita, sapendo di avere una spada di Damocle sulla testa pronta a cadere... 

E si, se te lo stai chiedendo, tornai a trovare Suor Elisabetta questa volta col favore della notte...

Fine

 

P.S. Se è la fine chi è la Donna dai capelli rossi? 

 

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AALLEEEXXX

Intrigante... molto scorrevole.

"Vedi amico mio, il tuo scherzo è stato come un sasso lanciato nel canale... ha creato piccole onde concentriche che hanno rotto la calma piatta che mi stava lentamente risucchiando la linfa vitale”

Ho colto come messaggio di fondo una leggera critica all'inerzia, all'ozio e al rilassarsi sugli allori, caratteristica del nobile del racconto. Poi è stato bello immedesimarsi in Casanova stile 007 (non conosco ancora la storia del vero Casanova). 

Ed è stato bello porsi il dubbio, forse calcolato dallo scrittore, visto che solitamente non c'è 2 senza 3,  "ora si scopa anche la suora?".

Bello.

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  • 1 mese dopo...

Grazie @GTC

 

Dovremmo avere tutti un Bregadin personale. O almeno, riuscire a crearne uno in fondo a noi stessi

Modificato da AnToX
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