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L'incapacità di guardare avanti


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Faceless

Non so se faccio bene ad aprire questo topic, credo di essere l'unica ad avere questo problema in forma così accentuata. 

Sto parlando di non riuscire a superare un trauma sentimentale. Uso non a caso la parola "trauma" al posto di "delusione", per sottolineare lo shock che alcuni eventi e comportamenti hanno provocato, nel quadro di una situazione sicuramente tossica. 

Non mi addentrero' nella situazione perché mi interessa di più capire il meccanismo che induce al rimuginio, alla non accettazione dei fatti e alla conseguente difficoltà al superamento. 

Sicuramente ci sono altre insoddisfazioni alla base, ma mi dico che non sia possibile stare per anni in questa condizione. Credo di aver sviluppato una depressioncina, in quanto mi rendo conto di fare fatica a trovare piacere nelle cose, e non ho interesse ad intessere nuove relazioni sentimentali, non ho interesse in generale per l'amore, mi sento vuota, incapace di provare ancora questi sentimenti. 

Voi mi direte che è normale, ma non è normale secondo me se sono passati anni ed anni. 

In passato ho provato a rivolgermi a più psicologi, ma non mi sono mai sentita molto a mio agio per raccontarmi (nonostante ci abbia provato) e quindi non ho tratto giovamento dalla terapia. Non so quanto mi convenga tentare ancora. 

Sto facendo un percorso di miglioramento personale da sola, ho giornate buoni, ma vivo con questo costante dolore sordo dentro di me e non riesco a liberarmene. 

Vorrei tanto sapere se qualcuno ha vissuto qualcosa del genere e ne è uscito, mi darebbe tanta speranza. 

Modificato da Faceless
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1 ora fa, Faceless ha scritto:

non ho interesse ad intessere nuove relazioni sentimentali, non ho interesse in generale per l'amore, mi sento vuota, incapace di provare ancora questi sentimenti. 

Ciao! Oggi lurkando un po’ in giro mi è capitato di imbattermi in qualche tuo post, e francamente mi sei sembrata una persona interessata “all’umano”, o almeno, curiosa, attenta ai fenomeni sociali.

Non t’immagino quindi in un antro oscuro, rifuggente i contatti sociali. Per questo motivo mi riesce difficile credere che in questi anni tu non abbia provato simpatia per qualcuno - che è un sentimento che non possiamo controllare. 


È vero, tu non hai parlato di semplici simpatie, ma di qualcosa di ben più intenso. Però mi interessa indagare il punto per capire se una lucina di trasporto empatico verso l’Altro sia ancora accesa in te (e io credo proprio di sì, da come interagisci nel forum).

Per il resto, pur rispettando la tua riservatezza e senza voler in alcun modo farti violenza, ritengo che sia difficile trovare fratelli nel dolore, se non ci accompagni nella tua storia.

È vero, il dolore è dolore, ma ci sarà un motivo se esistano gruppi di “guarigione” differenti per traumatizzati da ex compagni alcolisti, violenti, per chi abbia subito la perdita improvvisa della propria metà, per chi si sia trasformato in suo badante a causa di una malattia degenerativa, ecc. Insomma, avrai capito l’antifona. Sotto-raggruppare, scendere nel dettaglio, aiuta a dare maggiore dignità al tuo dolore, ad individuarlo nella sua unicità: altrimenti, se metti tutto nel mucchio dei generici traumi, arriverà sempre Caio a stabilire la scala di gravità delle sofferenze umane.

Qui, se qualcuno scrive nella sezione One Itis e riferisce della propria disperazione, tutti inquadriamo l’ambito in cui viene pronunciata una simile frase e non ci mettiamo a moralizzare dicendo: “pensa a chi ha perso un figlio!”.

Cosa che non accadrebbe in un generico forum chiamato dolore.com, se esistesse.

Andando oltre, ti chiedo quanto segue, sperando di non recarti offesa:

credi sia possibile che in mezzo al dolore ci sia anche una punta di rancore? Voglia di punire te stessa per aver permesso a qualcuno di incasellarti nel ruolo di vittima, di perdente, in una data situazione (e questo, a tuo avviso, non puó in alcun modo accadere)?

Sai, possiamo essere fighissimi e bravissimi quanto vuoi, ma cadere col culo per terra capita a tutti, e non è una colpa o un attestato di demerito. Sicuramente con un comportamento di un certo tipo si schivano tante ingiustizie…ma tutte no, sarebbe un’impresa impossibile anche per l’uomo più potente al mondo. 

Conosco tante persone fiere, orgogliose, dalla condotta precisa, misurata, controllata: generalizzando, vedo che fanno più fatica di me, che sono una gran pasticciona imbranata, a rialzarsi dagli schiaffi che la vita - molto democraticamente - distribuisce a tutti…forse perché s’ingannavano che il loro modo di essere potesse fungere da formula magica per evitarsi sorprese, imprevisti e delusioni? Così a volte mi pare.

Non so, tu potresti rientrare in questa categoria di persone? Come ti descriveresti?

Ti mando un abbraccio, intanto, perchè ció che hai scritto è forte, e spero che tu possa presto stare meglio, o almeno incamminarti verso il ritrovamento del benessere!

 

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ArmandoBis
4 ore fa, Faceless ha scritto:

Non so se faccio bene ad aprire questo topic, credo di essere l'unica ad avere questo problema in forma così accentuata. 

Sto parlando di non riuscire a superare un trauma sentimentale. Uso non a caso la parola "trauma" al posto di "delusione", per sottolineare lo shock che alcuni eventi e comportamenti hanno provocato, nel quadro di una situazione sicuramente tossica. 

Non mi addentrero' nella situazione perché mi interessa di più capire il meccanismo che induce al rimuginio, alla non accettazione dei fatti e alla conseguente difficoltà al superamento. 

Sicuramente ci sono altre insoddisfazioni alla base, ma mi dico che non sia possibile stare per anni in questa condizione. Credo di aver sviluppato una depressioncina, in quanto mi rendo conto di fare fatica a trovare piacere nelle cose, e non ho interesse ad intessere nuove relazioni sentimentali, non ho interesse in generale per l'amore, mi sento vuota, incapace di provare ancora questi sentimenti. 

Voi mi direte che è normale, ma non è normale secondo me se sono passati anni ed anni. 

In passato ho provato a rivolgermi a più psicologi, ma non mi sono mai sentita molto a mio agio per raccontarmi (nonostante ci abbia provato) e quindi non ho tratto giovamento dalla terapia. Non so quanto mi convenga tentare ancora. 

Sto facendo un percorso di miglioramento personale da sola, ho giornate buoni, ma vivo con questo costante dolore sordo dentro di me e non riesco a liberarmene. 

Vorrei tanto sapere se qualcuno ha vissuto qualcosa del genere e ne è uscito, mi darebbe tanta speranza. 

Sì. Anche se credo sia una situazione abbastanza comune.

Ovvero, ci sono persone a cui le cose vanno lisce. Meglio per loro.

E chi ha subito dei traumi. E la caratteristica del trauma è appunto la coazione a ripeterlo.

Uscirne? Non se ne esce mai completamente.

Il punto è non farne una nevrosi.

E a questo sì, sono riuscito, ma grazie a un lungo percorso analitico.

(Per la cronaca, quasi nessuna apprezza la cosa.)

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Sensei10

Beh, è molto complicato uscirne del tutto. 

Io azzarderei anche senza forma avverbiale, è complicato uscirne. Punto. Sì, d'accordo, andiamo avanti. Ma la sensazione di impotenza è, a tutti gli effetti, qualcosa di insuperabile. 

Ci sono storie che segnano periodi di formazione nella vita delle persone, eppure lasciano tracce addirittura piacevoli. Perché, poi, se vai a vedere, il finale non è stato tragico. O perlomeno è stato onesto. Oserei dire lineare, se non fosse che una linea teoricamente procede all'infinito mentre qui pare proprio che tutte siano destinate ad interrompersi. 

Dopodiché, ci sono storie magari meno importanti, strane, lacunose, che tuttavia lasciano uno dei due trafitto e incapace di guarire. Perché c'è sempre qualcosa che non torna, o che torna col senno di poi. Qualcosa che sa di disparità e dolore, di abuso e sminuimento. 

Abbiamo tutto perfettamente chiaro, le virgole sono state scandagliate, l'analisi dettagliata di parole, gesti, eventi è limpida. Ma non le intenzioni. Quand'anche fossimo giunti a smascherare il commediante, richiudiamo la scatola del regalo sgradito in fretta, perché fa male osservare cosa c'è dentro. Non a caso un tizio più intelligente di noi ci esortava a non guardare troppo nell'abisso, eccetera. 

La soluzione, insomma, non esiste. Migliorare se stessi è una buona abitudine, tuttavia se la molla è l'oblio rischierà di sortire effetti pratici ma sterili, a livello interiore. Intendo dire che vedere dentro di noi è giusto, utile e importante, ma non al fine di dimenticare il passato o di evitare ricadute future. Perché sono imprevedibili e del tutto slegate dalla nostra volontà. Chiarissimo, saremo più accorti, faremo caso ai piccoli segnali di pericolo, ma, per quanto prevedibili, alcuni comportamenti resteranno impenetrabili. Le persone sono diverse. 

Bisognerebbe fregarsene, ma di solito chi lo fa è proprio chi infligge certi castighi. O chi decide che per non soffrire deve diventare un caterpillar di ghiaccio. A mio avviso è inaccettabile. Ho scritto spesso, e lo scrivo una volta di più, che ciò che a noi apparirà come una liberazione  sarà in realtà il coronamento del male patito, la definitiva resa al nemico, a suggello del capolavoro: il potere di averci cambiato, rendendoci in qualche modo somiglianti a lei/lui. Camminare verso i traguardi è auspicabile, ma con il piglio che avevamo prima, non certo dopo. L'inaridimento, la sfiducia, l'inazione, il disinteresse, la disillusione; sono condizioni improduttive, che sono arrivate dopo il trauma e che il trauma porta con sé, sono l'eredità di cui ci traumatizza, il suo lascito, un fardello indesiderato. Non siamo così. Non dobbiamo diventare così. 

Per me esiste sempre un approccio psicologico valido, ma richiede fortuna quando va bene o sforzi colossali, anche economici, quando va male. Poiché girare per terapisti alla ricerca del metodo che fa per noi è snervante. 

La prima cosa da fare, comunque, è accettare il trauma e conviverci, cercando di comprendere che esistono persone, sia pure apparentemente indifferenti e crudeli, molto infelici. A differenza nostra, che un barlume di felicità riusciamo a intravederlo anche nelle cose di poco conto. E per questo bisogna continuare ad emozionarsi per un sorriso spontaneo e un atto di gentilezza sincero. Anche se fine a se stesso, semplicemente perché è bello e fa bene. Nella piena consapevolezza che stiamo, sì, nuotando nella melma più oscura e fetida, ma grazie al cielo non siamo i soli. 

La seconda cosa è riflettere bene sul significato di una sconfitta o di ciò che potremmo percepire come tale. Ebbene sì, nella vita si perde. E male, anche. Ci si umilia. Ma... è davvero così? In fondo si è accettato un gioco con delle regole condivise. Se qualcuno non le rispetta può surclassarci, ma se lo fa in maniera poco pulita che stravinca pure. Siamo usciti da quel campo con la maglietta bagnata dal sudore, non certo lindi e profumati. Non abbiamo molto da rimproverarci. Abbiamo perso, e talvolta succede di sacrificare anche l'onore, tanta è la stanchezza che ci strema, fino al consumo dell'ultima stilla di lucidità. Quindi? Che si fa? Si prende un bel foglio formato A3, ci si scrive sopra ORGOGLIO e lo si sbarra con un pennarello indelebile rosso a punta grande. Ho fatto una cazzata, ci ripetiamo spesso. Può darsi, è già un'ammissione coraggiosa. Però... Forse dovremmo anche aggiungere: perché ho vissuto. Ci ho provato. Ho dato ciò che potevo e talvolta anche di più. Mi è andata di merda, ma non sono rimasto nell'angolino buio. Non per mia scelta, almeno. Ho perso miseramente, come l'ultimo degli sfigati, e va benissimo così perché agli esseri umani succede, se vogliono vivere e sopravvivere. 

La terza cosa è interrogarci senza remore e senza neanche tanta pietà sul modo in cui siamo rimasti invischiati in un rapporto disfunzionale. Facciamo presto a stampare l'etichetta della psycho, del manipolatore, del tradimento e della tossicità, ed è pure vera. Ma, ad esempio nel mio caso, io so perfettamente di tendere al sabotaggio se vengono tirati alcuni fili. So, quindi, che la mia scelta dell'altra persona spesso non è stata casuale; anche nel disastro finale, di cui solo io ho pagato un prezzo emotivo molto alto, ho inserito qualche coordinata. L'altra ha dovuto solamente seguire la mappa. Potevo staccarmi molto prima, potevo proprio evitare che iniziasse ai primi segni di zoppia... e non l'ho fatto. Sono andato dritto, sapendo in cuor mio che sarebbe finita ed aiutando l'altra a disinvestire per fermarsi di colpo, lasciandomi solo come un coglione. Sì, certo, dall'altra parte sentivo dichiarazioni d'amore, anzi no, le vedevo, le toccavo, avvertivo nitidamente il risuonare interno. Ma... per poco. E a un'emozione meravigliosa non di rado seguiva una delusione scottante. Però ho agito come un eroinomane, tornavo sempre a prendere la mia dose. Cosciente che faceva male, che mi avrebbe mandato sotto ad un treno. E infatti. Per questo motivo, forse, è necessario avere ben presente che nonostante i nostri sentimenti siano stati adoperati come carta igienica, noi per primi non abbiamo saputo sottrarci ad un epilogo già scritto. E abbiamo - magari non è il tuo caso - scelto con estrema cura carnefice e arma. Insomma, chiediamoci davvero quale polo del magnete siamo stati. Senza paura.

Modificato da Sensei10
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Faceless
15 ore fa, Celeste ha scritto:

Ciao! Oggi lurkando un po’ in giro mi è capitato di imbattermi in qualche tuo post, e francamente mi sei sembrata una persona interessata “all’umano”, o almeno, curiosa, attenta ai fenomeni sociali.

Non t’immagino quindi in un antro oscuro, rifuggente i contatti sociali. Per questo motivo mi riesce difficile credere che in questi anni tu non abbia provato simpatia per qualcuno - che è un sentimento che non possiamo controllare. 

Ciao Celeste, grazie per il tuo commento. In realtà ho sentimenti contraddittori: da una parte ho bisogno di relazionarmi e di aprirmi agli altri, ma dall'altra sono poco propensa a farlo perché, con le esperienze negative, ho sviluppato diffidenza ed intolleranza. Senza andare troppo indietro nel tempo, oltre a questa disastrosa e tossica relazione di cui ho accennato, ho subito il ghosting di una mia carissima amica dai tempi delle scuole medie (l'ho cercata per anni, ma le mie telefonate sono state ignorate e i miei messaggi non sono stati letti e su Fb nemmeno consegnati), e l'allontanamento di un'altra mia cara amica, per la quale evidentemente non ero altrettanto cara. Contestualmente ho avuto/ho dei problemi di salute invalidanti che hanno reso la mia vita un inferno, anche se per fortuna ho potuto contare sull'appoggio dei miei familiari. Diciamo quindi che non sono stata dell'umore migliore per fare amicizia. Se scrivo sul forum è per rilassarmi un po', magari per dare una buona parola, se posso. 

15 ore fa, Celeste ha scritto:

mi interessa indagare il punto per capire se una lucina di trasporto empatico verso l’Altro sia ancora accesa in te (e io credo proprio di sì, da come interagisci nel forum).

Sì sì certo, io mi riferivo esclusivamente alla mia incapacità di provare interesse ed emozioni in senso sentimentale. Da questo punto di vista mi sento spenta.

15 ore fa, Celeste ha scritto:

Per il resto, pur rispettando la tua riservatezza e senza voler in alcun modo farti violenza, ritengo che sia difficile trovare fratelli nel dolore, se non ci accompagni nella tua storia.

Ciò che scrivi ha perfettamente senso e mi scuso se non ho raccontato niente, ma il fatto è che proprio non ci riesco perché esporre quanto accaduto mi addolora e al contempo me ne vergogno. 

15 ore fa, Celeste ha scritto:

credi sia possibile che in mezzo al dolore ci sia anche una punta di rancore? Voglia di punire te stessa per aver permesso a qualcuno di incasellarti nel ruolo di vittima, di perdente, in una data situazione (e questo, a tuo avviso, non puó in alcun modo accadere)?

Me ne vergogno proprio per questo motivo, perché mi sento un'imbecille ad essermi lasciata coinvolgere (o forse dovrei scrivere travolgere) da una situazione del genere, per aver permesso ad uno stronzo qualunque di trattarmi come un pezza da piedi, quando io gli avevo offerto la mia amicizia, avevo avuto fiducia in lui avevo creduto tanto in quel rapporto. 

15 ore fa, Celeste ha scritto:

Non so, tu potresti rientrare in questa categoria di persone? Come ti descriveresti?

Accetto il fallimento della relazione ma non accetto l'offesa e l'umiliazione, in generale non sopporto le ingiustizie e non mi do pace di averne subite svariate senza aver fatto niente, di essere stata incapace di gestire e chiudere la situazione alla prima avvisaglia. C'è da dire che noi non abbiamo mai avuto un confronto chiarificatore soddisfacente, e questo non mi ha facilitato l'andare avanti. Lui mi scrisse dopo un anno che se ne era andato, inizialmente dicendomi di essere dispiaciuto, ma poi la conversazione prese un'altra piega in quanto tornò a parlarmi con arroganza e da lì capii che proprio non c'era niente da fare, niente che si potesse recuperare, e chiusi a mia volta. Con grande dolore e frustrazione. Che non mi sono passati, anche se si sono per fortuna attenuati (chiaramente, essendo passato del tempo).

15 ore fa, Celeste ha scritto:

Ti mando un abbraccio, intanto, perchè ció che hai scritto è forte, e spero che tu possa presto stare meglio, o almeno incamminarti verso il ritrovamento del benessere!

Ti ringrazio, ci sto provando...

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bass_97
Il 11/10/2023 at 18:50, Faceless ha scritto:

Non so se faccio bene ad aprire questo topic, credo di essere l'unica ad avere questo problema in forma così accentuata. 

Sto parlando di non riuscire a superare un trauma sentimentale. Uso non a caso la parola "trauma" al posto di "delusione", per sottolineare lo shock che alcuni eventi e comportamenti hanno provocato, nel quadro di una situazione sicuramente tossica. 

Non mi addentrero' nella situazione perché mi interessa di più capire il meccanismo che induce al rimuginio, alla non accettazione dei fatti e alla conseguente difficoltà al superamento. 

Sicuramente ci sono altre insoddisfazioni alla base, ma mi dico che non sia possibile stare per anni in questa condizione. Credo di aver sviluppato una depressioncina, in quanto mi rendo conto di fare fatica a trovare piacere nelle cose, e non ho interesse ad intessere nuove relazioni sentimentali, non ho interesse in generale per l'amore, mi sento vuota, incapace di provare ancora questi sentimenti. 

Voi mi direte che è normale, ma non è normale secondo me se sono passati anni ed anni. 

In passato ho provato a rivolgermi a più psicologi, ma non mi sono mai sentita molto a mio agio per raccontarmi (nonostante ci abbia provato) e quindi non ho tratto giovamento dalla terapia. Non so quanto mi convenga tentare ancora. 

Sto facendo un percorso di miglioramento personale da sola, ho giornate buoni, ma vivo con questo costante dolore sordo dentro di me e non riesco a liberarmene. 

Vorrei tanto sapere se qualcuno ha vissuto qualcosa del genere e ne è uscito, mi darebbe tanta speranza. 

Ciao Faceless,

ti capisco, per quanto sia un "ragazzo", sto vivendo fortemente la sensazione che dici di "depressioncina", dove tutto è insapore e misto ad ansia, dove conoscere una persona genera noia ma anche tristezza perché dentro di te vorresti sentire quel "click" che ti fa venire voglia di legare a più non posso. Dove magari si prova anche una forma di rigidità perché temi di fare del male nel caso in cui le persone intorno a te si dovessero affezionare e decidessi di andartene via perché l'assenza del "click" è troppo presente.

Nel mio piccolo, l'unica è provare provare provare a conoscere persone finché quella persona non la trovi.

Non deve essere una ricerca ossessiva, altrimenti diventa pesante, ma un viaggio dove si ha la forza di provare ogni volta a sbilanciarsi un minimo per vedere che succede.

Anche magari stando sul chi va là mantenendo un tono amicale. Cosa che faccio personalmente, essendo parecchio confuso e forse incapace di offrire qualcosa di vero, per cui paradossalmente mi friendzono nella paura di fare del male alla disgraziata che potrebbe vedermi come partner.

E pensare che ultimamente non mi sono mai sentito così tanto cercato (non ho frequentazioni, ma tante ragazze con cui sto parlando e uscendo senza sbilanciarmi) eppure solo una ragazza, con cui non sono uscito e probabilmente non uscirò, mi ha fatto fare un mezzo click. Mezzo. Perché l'ho vista in foto e non ci ho capito più niente (ho dei gusti tremendamente difficili, raramente una donna mi fa provare le farfalle nello stomaco ormai). 

Questo era per dirti che c'è speranza, bisogna solo "tirare il dado" molte molte molte volte. Attività, corsi, social, dating app. Insomma massimizzando le opportunità è più facile che su 100 tiri te ne esca uno giusto. E' con i grandi numeri che prima o poi si riesce a vincere se si è davvero selettivi.

Sono dell'idea che quando ci si scotta tanto, o meglio dire, si diventa davvero consapevoli di cosa si vuole, di cosa ci attrae, la forbice di selezione diventa sempre più stretta. Purtroppo o per fortuna è così. Dipende da come la si vede. Personalmente 4 anni fa mi emozionavo per qualunque ragazza fosse capace di respirare o quasi. Ora invece sono quasi castrato per quanto mi sia difficile sentirmi attratto. Ma con perseveranza, si incontra prima o poi qualcuno/a che ti fa battere il cuore. 

Ci vuole solo fede.

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Faceless
41 minuti fa, bass_97 ha scritto:

per quanto sia un "ragazzo"

Ciao Bass, grazie mille per il tuo commento. Per quanto tu sia un "ragazzo", hai la tua esperienza da raccontare e questo non può che aiutarmi, se non altro a sentirmi un po' compresa in queste sensazioni (che sono anche difficili da descrivere, per me).

41 minuti fa, bass_97 ha scritto:

Nel mio piccolo, l'unica è provare provare provare a conoscere persone finché quella persona non la trovi.

Non deve essere una ricerca ossessiva, altrimenti diventa pesante, ma un viaggio dove si ha la forza di provare ogni volta a sbilanciarsi un minimo per vedere che succede.

Anche magari stando sul chi va là mantenendo un tono amicale. Cosa che faccio personalmente, essendo parecchio confuso e forse incapace di offrire qualcosa di vero, per cui paradossalmente mi friendzono nella paura di fare del male alla disgraziata che potrebbe vedermi come partner.

Eh purtroppo per me questa modalità non ha mai funzionato, quando uscivo con altri mentre soffrivo per una persona precisa finiva poi che stavo peggio, perché mi sentivo totalmente a disagio per la consapevolezza di non essere dove avrei voluto essere. Poi in realtà sono in una condizione dove, anche volendo, non potrei, perché ho dei problemi di salute. Credo che questa mia condizione abbia giocato un ruolo molto importante nel mio rimuginare, in quanto non ho avuto occasioni di svago, se non in brevi e sporadiche occasioni. Se solo riuscissi a rimettermi in sesto (e me lo auguro, ma la strada è lunga) potrei avere più speranza per il futuro, ma ora come ora non riesco a fare un vero e significativo miglioramento. Sto cercando di lavorare su me stessa, di fare autoanalisi e fare progetti per il futuro. Non è molto, lo so, ma meglio di niente...

41 minuti fa, bass_97 ha scritto:

solo una ragazza, con cui non sono uscito e probabilmente non uscirò, mi ha fatto fare un mezzo click.

Classico, perché vogliamo sempre ciò che non possiamo avere 😁

41 minuti fa, bass_97 ha scritto:

Attività, corsi, social, dating app. Insomma massimizzando le opportunità è più facile che su 100 tiri te ne esca uno giusto. E' con i grandi numeri che prima o poi si riesce a vincere se si è davvero selettivi.

Le app di dating non fanno per me, ma sicuramente quando potrò mi organizzerò per fare qualche attività, anche perché mi preme fare nuove amicizie, visto che quelle vecchie si sono dileguate. 

41 minuti fa, bass_97 ha scritto:

Sono dell'idea che quando ci si scotta tanto, o meglio dire, si diventa davvero consapevoli di cosa si vuole, di cosa ci attrae, la forbice di selezione diventa sempre più stretta. Purtroppo o per fortuna è così. Dipende da come la si vede. Personalmente 4 anni fa mi emozionavo per qualunque ragazza fosse capace di respirare o quasi. Ora invece sono quasi castrato per quanto mi sia difficile sentirmi attratto. Ma con perseveranza, si incontra prima o poi qualcuno/a che ti fa battere il cuore. 

Ci vuole solo fede.

Sul fatto che si diventa più selettivi, confermo. L'unica cosa è che io, essendo sempre stata molto selettiva (ma non per snobismo, è che proprio ho trovato raramente persone che mi piacessero), ed essendo in questa situazione emotiva, forse rischierò di restringere troppo 😅

E poi a 40 anni sto ormai perdendo la speranza di trovare l'amore... ma per te andrà diversamente, e ti auguro tutto il bene. Sei un ragazzo giovane e in gamba, riuscirai certamente a superare questo impasse. Io ci sono già passata alla tua età, quindi lo so per certo. 

Grazie per le tue parole e un abbraccio. 

 

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ArmandoBis
Il 12/10/2023 at 01:07, Sensei10 ha scritto:

Beh, è molto complicato uscirne del tutto. 

Io azzarderei anche senza forma avverbiale, è complicato uscirne. Punto. Sì, d'accordo, andiamo avanti. Ma la sensazione di impotenza è, a tutti gli effetti, qualcosa di insuperabile. 

Ci sono storie che segnano periodi di formazione nella vita delle persone, eppure lasciano tracce addirittura piacevoli. Perché, poi, se vai a vedere, il finale non è stato tragico. O perlomeno è stato onesto. Oserei dire lineare, se non fosse che una linea teoricamente procede all'infinito mentre qui pare proprio che tutte siano destinate ad interrompersi. 

Dopodiché, ci sono storie magari meno importanti, strane, lacunose, che tuttavia lasciano uno dei due trafitto e incapace di guarire. Perché c'è sempre qualcosa che non torna, o che torna col senno di poi. Qualcosa che sa di disparità e dolore, di abuso e sminuimento. 

Abbiamo tutto perfettamente chiaro, le virgole sono state scandagliate, l'analisi dettagliata di parole, gesti, eventi è limpida. Ma non le intenzioni. Quand'anche fossimo giunti a smascherare il commediante, richiudiamo la scatola del regalo sgradito in fretta, perché fa male osservare cosa c'è dentro. Non a caso un tizio più intelligente di noi ci esortava a non guardare troppo nell'abisso, eccetera. 

La soluzione, insomma, non esiste. Migliorare se stessi è una buona abitudine, tuttavia se la molla è l'oblio rischierà di sortire effetti pratici ma sterili, a livello interiore. Intendo dire che vedere dentro di noi è giusto, utile e importante, ma non al fine di dimenticare il passato o di evitare ricadute future. Perché sono imprevedibili e del tutto slegate dalla nostra volontà. Chiarissimo, saremo più accorti, faremo caso ai piccoli segnali di pericolo, ma, per quanto prevedibili, alcuni comportamenti resteranno impenetrabili. Le persone sono diverse. 

Bisognerebbe fregarsene, ma di solito chi lo fa è proprio chi infligge certi castighi. O chi decide che per non soffrire deve diventare un caterpillar di ghiaccio. A mio avviso è inaccettabile. Ho scritto spesso, e lo scrivo una volta di più, che ciò che a noi apparirà come una liberazione  sarà in realtà il coronamento del male patito, la definitiva resa al nemico, a suggello del capolavoro: il potere di averci cambiato, rendendoci in qualche modo somiglianti a lei/lui. Camminare verso i traguardi è auspicabile, ma con il piglio che avevamo prima, non certo dopo. L'inaridimento, la sfiducia, l'inazione, il disinteresse, la disillusione; sono condizioni improduttive, che sono arrivate dopo il trauma e che il trauma porta con sé, sono l'eredità di cui ci traumatizza, il suo lascito, un fardello indesiderato. Non siamo così. Non dobbiamo diventare così. 

Per me esiste sempre un approccio psicologico valido, ma richiede fortuna quando va bene o sforzi colossali, anche economici, quando va male. Poiché girare per terapisti alla ricerca del metodo che fa per noi è snervante. 

La prima cosa da fare, comunque, è accettare il trauma e conviverci, cercando di comprendere che esistono persone, sia pure apparentemente indifferenti e crudeli, molto infelici. A differenza nostra, che un barlume di felicità riusciamo a intravederlo anche nelle cose di poco conto. E per questo bisogna continuare ad emozionarsi per un sorriso spontaneo e un atto di gentilezza sincero. Anche se fine a se stesso, semplicemente perché è bello e fa bene. Nella piena consapevolezza che stiamo, sì, nuotando nella melma più oscura e fetida, ma grazie al cielo non siamo i soli. 

La seconda cosa è riflettere bene sul significato di una sconfitta o di ciò che potremmo percepire come tale. Ebbene sì, nella vita si perde. E male, anche. Ci si umilia. Ma... è davvero così? In fondo si è accettato un gioco con delle regole condivise. Se qualcuno non le rispetta può surclassarci, ma se lo fa in maniera poco pulita che stravinca pure. Siamo usciti da quel campo con la maglietta bagnata dal sudore, non certo lindi e profumati. Non abbiamo molto da rimproverarci. Abbiamo perso, e talvolta succede di sacrificare anche l'onore, tanta è la stanchezza che ci strema, fino al consumo dell'ultima stilla di lucidità. Quindi? Che si fa? Si prende un bel foglio formato A3, ci si scrive sopra ORGOGLIO e lo si sbarra con un pennarello indelebile rosso a punta grande. Ho fatto una cazzata, ci ripetiamo spesso. Può darsi, è già un'ammissione coraggiosa. Però... Forse dovremmo anche aggiungere: perché ho vissuto. Ci ho provato. Ho dato ciò che potevo e talvolta anche di più. Mi è andata di merda, ma non sono rimasto nell'angolino buio. Non per mia scelta, almeno. Ho perso miseramente, come l'ultimo degli sfigati, e va benissimo così perché agli esseri umani succede, se vogliono vivere e sopravvivere. 

La terza cosa è interrogarci senza remore e senza neanche tanta pietà sul modo in cui siamo rimasti invischiati in un rapporto disfunzionale. Facciamo presto a stampare l'etichetta della psycho, del manipolatore, del tradimento e della tossicità, ed è pure vera. Ma, ad esempio nel mio caso, io so perfettamente di tendere al sabotaggio se vengono tirati alcuni fili. So, quindi, che la mia scelta dell'altra persona spesso non è stata casuale; anche nel disastro finale, di cui solo io ho pagato un prezzo emotivo molto alto, ho inserito qualche coordinata. L'altra ha dovuto solamente seguire la mappa. Potevo staccarmi molto prima, potevo proprio evitare che iniziasse ai primi segni di zoppia... e non l'ho fatto. Sono andato dritto, sapendo in cuor mio che sarebbe finita ed aiutando l'altra a disinvestire per fermarsi di colpo, lasciandomi solo come un coglione. Sì, certo, dall'altra parte sentivo dichiarazioni d'amore, anzi no, le vedevo, le toccavo, avvertivo nitidamente il risuonare interno. Ma... per poco. E a un'emozione meravigliosa non di rado seguiva una delusione scottante. Però ho agito come un eroinomane, tornavo sempre a prendere la mia dose. Cosciente che faceva male, che mi avrebbe mandato sotto ad un treno. E infatti. Per questo motivo, forse, è necessario avere ben presente che nonostante i nostri sentimenti siano stati adoperati come carta igienica, noi per primi non abbiamo saputo sottrarci ad un epilogo già scritto. E abbiamo - magari non è il tuo caso - scelto con estrema cura carnefice e arma. Insomma, chiediamoci davvero quale polo del magnete siamo stati. Senza paura.

"Quando ami una persona, devi fidarti di lei. Non c'è altro modo. Devi darle la chiave di tutto quello che è tuo. Altrimenti a che serve. E per un po' ho creduto di avere un amore così." (Robert De Niro in Casinò)

Non stiamo esagerando a parlare di trauma?

In fondo cosa fanno questi partner o, per noi, aspiranti tali?

Non ci amano.

È un crimine? Direi proprio di no.

Lasciamoli liberi di scegliere.

Poi, sta storia di migliorare se stessi.

Non c'è nessun bisogno.

L'unica cosa a cui è chiamato un uomo è riuscire a sbrogliarsela nel mondo del lavoro, per mantenere se stesso e la sua famiglia (anche se adesso sono pochi quelli che riescono a mantenere un intero nucleo familiare da soli).

Fatto questo, un uomo è a posto. 

Stiamo complicando le cose in modo esagerato.

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Faceless
28 minuti fa, ArmandoBis ha scritto:

 

Non stiamo esagerando a parlare di trauma?

In fondo cosa fanno questi partner o, per noi, aspiranti tali?

Non ci amano.

È un crimine? Direi proprio di no.

Lasciamoli liberi di scegliere.

La definizione della parola trauma la si può trovare sul vocabolario e no, personalmente non ritengo di aver usato il termine impropriamente. Non si tratta di quello che hai scritto, non è il fatto che non sia un crimine non amarci. Si tratta di comportamenti scorretti, abusanti, che si, provocano dei traumi. Poi possiamo magari parlare del grado di gravità, ma anche questo è personale, non credo che se io sostengo di aver subito degli shock emotivi, qualcun altro possa davvero permettersi di sindacare.

A questo punto sono contenta di non aver raccontato altro, il dolore è mio e me lo tengo dentro di me, come ho fatto in tutti questi anni. 

Modificato da Faceless
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ArmandoBis
9 minuti fa, Faceless ha scritto:

La definizione della parola trauma la si può trovare sul vocabolario e no, personalmente non ritengo di aver usato il termine impropriamente. Non si tratta di quello che hai scritto, non è il fatto che non sia un crimine non amarci. Si tratta di comportamenti scorretti, abusanti, che si, provocano dei traumi. Poi possiamo magari parlare del grado di gravità, ma anche questo è personale, non credo che se io sostengo di aver subito degli shock emotivi, qualcun altro possa davvero permettersi di sindacare.

A questo punto sono contenta di non aver raccontato altro, il dolore è mio e me lo tengo dentro di me, come ho fatto in tutti questi anni. 

Lungi da me voler sindacare o sminuire.

Volevo semplicemente proporre un'altra angolazione con cui vedere la faccenda.

Nel momento in cui parliamo di comportamenti abusanti, shock emotivi, siamo noi che diamo all'altro il potere di farci soffrire.

Io uso un'altra espressione per descrivere questi atteggiamenti, ed è "trattare di merda".

Che è molto diverso dall'idea di subire un abuso.

Quando uno ti tratta di merda o lo molli o gli rendi la pariglia con gli interessi.

Non ti senti destabilizzato.

Se una persona non è capace di amare, che cosa ci possiamo fare?

Nulla.

Di sicuro non siamo noi i responsabili.

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