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Ego vs Autostima


Witcher

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Valdast94

E' come un insetto: non ragiona, per questo si accetta.

Figata, ah?

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Valdast94

Comunque ci tengo ad aggiungere due parole, maturate grazie alla mia "esperienza" in questo campo.

Si tende spesso a confondere la consapevolezza col pensiero (chi lo fa, lo fa perché ha una bassa consapevolezza). In realtà, all'aumentare della consapevolezza, aumenta anche la comprensione del fatto che noi non siamo ciò che pensiamo, o meglio, non siamo la nostra mente.

Però dobbiamo arrivarci a ciò..come? "Superando" la nostra mente.

Cos'è che ci distingue dall'insetto di cui parla aceOfSpades? Il fatto che noi, volendo, possiamo pensare (e usare quindi il pensiero per risolvere questioni pratiche), ma che, sempre volendo, possiamo smettere di pensare e restare nel flusso, vivere nel presente (il guaio è che la maggior parte delle persone NON è in grado di smettere di pensare, o meglio, di acquietare la mente..da qui nasce la sofferenza e le famigerate pippe mentali). Senza andare troppo nei dettagli filosofici, quello che voglio fare con questo scritto è ricollegarmi a ciò che ha detto Aivia, la frase che ho citato prima:

"La libertà non è liberarsi dai condizionamenti, operazione di fatto impossibile e inutile, ma poter scegliere, di volta in volta, quali condizionamenti ti siano funzionali o disfunzionali."

Cioè, poter scegliere di usare il pensiero (di cui, ad esempio, un insetto non è dotato) quando ci serve e di non usarlo quando non ci serve.

Una volta che riusciamo a fare ciò, una volta che siamo, appunto, perfettamente consapevoli di riuscire a fare questo, avremo raggiunto un più alto livello di consapevolezza.

E di conseguenza di autostima e felicità in generale. :)

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Frog

Non ha ancora sviluppato la coscienza quindi non può non accettarsi.

E' come un insetto: non ragiona, per questo si accetta.

Non è che non ragiona, è un'essere umano macchè scherzi? Il fatto è più semplice : non ne vede il motivo di mettersi in discussione. é libero da contrarietà al proprio operare e da quì capisci che sono apprese dall'esterno, con giudizi comandi e istruzioni, al considerare i pareri altrui più giusti dei propri e ricatti camuffati. Il tutto in maniera più o meno diretta o indiretta.

Modificato da Frog
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dickinson1

E' come un insetto: non ragiona, per questo si accetta.

E chissa' chi lo sa se non ragiona.

E di sicuro se si,non si fa mille problemi universali.

Mai visto una formica da uno strizzacervelli o un coleottero in farmacia a prendersi antidepressivi?

Per fortuna siamo noi gli esseri piu' intelligenti sulla terra (o no?) B-)

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aceOfSpades

Non è che non ragiona, è un'essere umano macchè scherzi?

Non ragiona nel modo da inteso da te ma in qualche sotto livello paragonabile a qualcosa di inferiore ad un gatto.

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Tony Montana
Un neonato si accetta, non pensa che quello che fà è lesivo, sbagliato o qualcosa del genere e quindi nell'accettarsi si stima. Crede di essere giusto e nel giusto.

Non ha ancora elaborato emozioni cognitive superiori tipiche delle specie con una socialità complessa e, come dice aceOfSpades, (quindi?) una coscienza. Non ha un concetto di giusto o comunque non ben definito.

Mai visto una formica da uno strizzacervelli o un coleottero in farmacia a prendersi antidepressivi?

No. D'altra parte non ho mai sentito un concerto per piano di una formica e non ho mai visto un affresco di un coleottero.

Senza certi difetti non si avrebbero altri pregi. Sono facce opposte della stessa medaglia.

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Frog

Non ha ancora elaborato emozioni cognitive superiori tipiche delle specie con una socialità complessa e, come dice aceOfSpades, (quindi?) una coscienza. Non ha un concetto di giusto o comunque non ben definito.

No. D'altra parte non ho mai sentito un concerto per piano di una formica e non ho mai visto un affresco di un coleottero.

Senza certi difetti non si avrebbero altri pregi. Sono facce opposte della stessa medaglia.

Non ragiona nel modo da inteso da te ma in qualche sotto livello paragonabile a qualcosa di inferiore ad un gatto.

Non ha ancora elaborato emozioni cognitive superiori tipiche delle specie con una socialità complessa e, come dice aceOfSpades, (quindi?) una coscienza. Non ha un concetto di giusto o comunque non ben definito.

Forse stai parlando del "Metodo Clinico di Piaget"

Ma dagli studi del 2011 e 2012 da J.Tenenbaum del Massachussets Institute of Technology e altri collaboratori italiani tra cui Vittorio Girotto professore di Psicologia Cognitiva all’Università IUAV e Luca Bonatti professore presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona e pubblicati su Science :

http://www.sciencemag.org/search?site_area=sciencejournals&y=12&fulltext=baby%20brain%20%20Tenenbaum%20%20%20%20&x=23&journalcode=sci&journalcode=sigtrans&journalcode=scitransmed&submit=yes

La scoperta emerge dal progetto “3-6-12″ nell’ambito dell’Intelligence Initiative del MIT (Massachusetts Institute of Technology).

I bambini di tre, sei e dodici mesi sono stati osservati, esaminati e studiati per capire che cosa sanno del mondo fisico e sociale attorno a loro. In particolare, a bimbi di dodici mesi è stato mostrato un contenitore in cui quattro oggetti, tre blu e uno rosso, rimbalzavano liberi; il contenitore veniva poi coperto per pochissimi istanti, durante i quali uno degli oggetti usciva di scena. Se il contenitore veniva “oscurato” per un tempo infinitesimale (0.04 secondi) e a sparire di scena era l’oggetto più lontano dall’uscita, i neonati guardavano la scena più a lungo perchè percepivano la minore probabilità dell’evento a cui avevano appena assistito; se invece il contenitore era coperto per due secondi, la distanza dell’oggetto uscente dall’apertura non li sorprendeva più e restavano stupiti solo se l’oggetto rosso, quello raro, usciva di scena.

“Questi studi hanno grande importanza – ha commentato il Professor Stefano Cappa, neurologo membro della SIN (Societa’ Italiana di Neurologia) e professore ordinario di Neuroscienze Cognitive presso l’Università Vita-Salute S. Raffaele di Milano – perchè dimostrano, applicando classici metodi sperimentali come la durata delle fissazioni oculari, che il cervello “pre-verbale” possiede elevate capacità di ragionamento probabilistico. In altre parole, queste capacità sembrano essere in larga misura “predisposte” nel nostro cervello, indipendentemente dall’esperienza o da qualsiasi apprendimento“. Inoltre – ha concluso il professor Cappa – il contributo di due esperti ed illustri esponenti del mondo scientifico italiano ci rende particolarmente orgogliosi”

Cit: TGCOM 24

L'affascinante scoperta emerge dal progetto "3-6-12?" nell'ambito dell'Intelligence Initiative del MIT (Massachusetts Institute of Technology) nel quale i bambini di tre, sei e dodici mesi vengono studiati per capire che cosa sanno del mondo fisico e sociale attorno a loro.

In particolare, a bimbi di dodici mesi e' stato mostrato un contenitore in cui quattro oggetti, tre blu e uno rosso, rimbalzavano liberi; il contenitore veniva poi coperto per pochissimi istanti, durante i quali uno degli oggetti usciva di scena. Se il contenitore veniva "oscurato" per un tempo infinitesimale (0.04 secondi) e a sparire di scena era l'oggetto piu' lontano dall'uscita, i neonati guardavano la scena piu' a lungo perche' percepivano la minore probabilita' dell'evento a cui avevano appena assistito; se invece il contenitore era coperto per due secondi, la distanza dell'oggetto uscente dall'apertura non li sorprendeva piu' e restavano stupiti solo se l'oggetto rosso, quello raro, usciva di scena.

"Questi studi hanno grande importanza - ha commentato Stefano Cappa - neurologo membro della SIN (Societa' Italiana di Neurologia) e professore ordinario di Neuroscienze Cognitive presso l'Universita' Vita-Salute S. Raffaele di Milano - perche' dimostrano che queste capacita' sembrano essere in larga misura "predisposte" nel nostro cervello, indipendentemente dall'esperienza o da qualsiasi apprendimento".

Fonte: mysterium.blogosfere.it

MILANO - A volte capita, guardando un neonato di pochi giorni. Sembra che in quello sguardo, serafico e un po' assente, ci sia tutta la sapienza del mondo. Un'impressione più veritiera di quanto potremmo supporre, stando a una ricerca unica nel suo genere pubblicata sulla rivista Science: secondo i dati raccolti da Josh Tenenbaum, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology, i neonati di appena tre mesi sono già capaci di “ragionamenti puri” e analisi molto sofisticate del mondo che li circonda.

MODELLO – I dati arrivano dal progetto “3-6-12” nell'ambito dell'Intelligence Initiative del MIT, per il quale bambini di tre, sei e dodici mesi vengono studiati per capire che cosa “sanno” del mondo fisico e sociale attorno a loro; lo scopo, chiarire come funziona l'intelligenza umana fin dai suoi primi passi per provare poi a replicarla in maniera artificiale. I complessi esperimenti di Tenenbaum prendono le mosse da ricerche precedenti di una psicologa di Harvard, Elizabeth Spelke, che ha dimostrato come il livello di “sorpresa” di un bambino di fronte a un evento esterno sia quantificabile attraverso la durata del suo sguardo sull'evento stesso: tanto più il piccolo resta a guardare, quanto più per lui lo spettacolo è inatteso. Tenenbaum ha messo a punto un modello computazionale, chiamato “modello dell'osservatore ideale”, che a partire da principi astratti sulle caratteristiche degli oggetti sensibili “prevede” come quegli oggetti si dovrebbero comportare in determinate situazioni. Se i neonati possiedono i principi astratti su cui si basa il modello, esso dovrebbe essere in grado di prevedere quanto a lungo il neonato guarderà una determinata situazione e quindi quanto è insolita per lui, e di conseguenza dovrebbe essere capace di indicare quale “conoscenza del mondo” abbiano i piccolissimi.

ESPERIMENTI – Per capire meglio come funziona il tutto, prendiamo uno degli esperimenti condotti da Tenenbaum: a bimbi di dodici mesi veniva fatto vedere un contenitore in cui quattro oggetti, tre blu e uno rosso, rimbalzavano liberi; il contenitore veniva poi coperto per pochissimi istanti, durante i quali uno degli oggetti usciva di scena attraverso un' apertura. Se il contenitore veniva “oscurato” per un tempo infinitesimale (0.04 secondi) e a sparire di scena era l'oggetto più lontano dall'uscita, i neonati guardavano la scena più a lungo perché percepivano la minor probabilità dell'evento a cui avevano appena assistito; se invece il contenitore era coperto per due secondi, la distanza dell'oggetto uscente dall'apertura non li sorprendeva più e restavano stupiti solo se l'oggetto rosso, quello “raro”, usciva di scena. Il modello computazionale costruito da Tenenbaum prevedeva perfettamente quanto a lungo i bimbi avrebbero osservato la scena e quindi quanto per loro era inusuale. Tutto questo, in soldoni, significa che i bambini molto piccoli ragionano come piccoli “computer”, simulando mentalmente scenari possibili a partire dai dati di fatto e prevedendo l'evento più probabile, sulla base di pochi principi fisici astratti che già hanno “interiorizzato”.

PSICOLOGIA INTUITIVA -«In passato questi aspetti della cognitività dei bambini molto piccoli erano stati espressi sulla base di intuizioni, mai attraverso dimostrazioni pratiche e matematiche come queste, che mettono in campo modelli computazionali precisi – dice Tenenbaum –. Il pensiero dei bambini piccoli è puro ragionamento analitico: calcolano la probabilità di un evento sapendo in maniera innata che un oggetto non può “teletrasportarsi” da un luogo all'altro o apparire o sparire nel nulla. L'intelligenza umana del resto è la capacità dell'individuo che si trova in una situazione nuova di utilizzare i suoi principi astratti e le conoscenze empiriche per “governare” ciò che accade e orientarcisi». Il ricercatore proseguirà i suoi studi inserendo anche altri elementi astratti come la forza di gravità o la frizione degli oggetti, perché «i bimbi sono molto più intelligenti del nostro modello, ne sono convinto: riescono a tener conto di molte più variabili di quante abbiamo considerato noi nel provare a costruire un sistema “artificiale” di ragionamento. E ci stiamo interessando anche alla “psicologia intuitiva” di questi piccoli, ovvero alla loro capacità di capire e prevedere come gli altri si comportano. Identificare un modello per questi aspetti può aiutarci a capire come funziona il “cervello emotivo” di un bimbo normale e magari darci indizi per comprendere che cosa succede quando qualcosa non va, ad esempio in caso di autismo», conclude Tenenbaum.

Corriere della Sera.it

Tutti articoli del 2011.

Ciao :)

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Tony Montana

Ma dagli studi del 2011 e 2012 da J.Tenenbaum del Massachussets Institute of Technology e altri collaboratori italiani tra cui Vittorio Girotto professore di Psicologia Cognitiva all’Università IUAV e Luca Bonatti professore presso l’Università Pompeu Fabra di Barcellona e pubblicati su Science :

http://www.sciencemag.org/search?site_area=sciencejournals&y=12&fulltext=baby%20brain%20%20Tenenbaum%20%20%20%20&x=23&journalcode=sci&journalcode=sigtrans&journalcode=scitransmed&submit=yes

Interessante! Non ne sapevo niente. Grazie!

Purtroppo al momento non ho accesso agli articoli... Leggendo solo l'abstract, una breve ed incompleta descrizione di un'esperienza condotta su bambini di 12 mesi, non sono affatto convinto dell'affermazione per cui i bambini possiedano una innata intelligenza probabilistica.

È noto che i bambini acquisiscono in fretta la capacità di categorizzare. Se, e.g., vengono mostrate ad un bambino, da 3 ai 6 mesi circa, una successione di immagini riguardanti gatti dopodiché una riguardante un cane, fisserà più a lungo quest'ultima.

Forse stai parlando del "Metodo Clinico di Piaget"

Anche alle teorie sviluppate da Piaget e Gesell, sì.

Prima dei 3 mesi, è raro che un bambino riconosca di poter agire su ciò che lo circonda. Fino ai 5-6 mesi, poi, non è in grado di ricordare a medio-lungo termine l'azione.

Rendersi conto delle proprie azioni e delle loro conseguenze è, per molti, un requisito fondamentale per sviluppare emozioni cognitive superiori.

Prima dei 20 mesi è molto raro che un bambino riconosca come sua l'immagine riflessa in uno specchio. Questo, per molti, essendo un requisito fondamentale acché un essere abbia coscienza.

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Søren

L'argomento mi interessa al punto che voglio sperimentare su di me una sorta di azzeramento dell'ego. Non ho nozioni importanti di psicologia, perciò vi sarei grato qualora vogliate suggerirmi.

L'idea è quella di stabilire un tot di tempo in cui provo a dissociarmi da me stesso, come se mi vedessi in terza persona, come se abitassi il corpo di qualcun altro. Credo che la prima cosa da fare sia azzerare il brusio del pensiero ed evitare qualsiasi tipo di riflessione. Regredito allo stato di semi-incoscienza limitarmi ad osservare l'agire e l'ambiente circostante senza imprimergli addosso giudizi. In sostanza intendo avvicinarmi alla parte più istintiva, quella meno corrotta; credo conveniate sia possibile soltanto attraverso un abissale distacco dal valore che ci si attribuisce. Del resto, quando ad un calciatore vengono le giocate migliori credete che in quel momento abbia piena coscienza di sé?

Credete sia praticabile un tale esperimento? Forse in parte?

Se mi ritenete OT apro un 3D a parte.

Modificato da Søren
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Tony Montana

L'argomento mi interessa al punto che voglio sperimentare su di me una sorta di azzeramento dell'ego. Non ho nozioni importanti di psicologia, perciò vi sarei grato qualora vogliate suggerirmi.

L'idea è quella di stabilire un tot di tempo in cui provo a dissociarmi da me stesso, come se mi vedessi in terza persona, come se abitassi il corpo di qualcun altro. Credo che la prima cosa da fare sia azzerare il brusio del pensiero ed evitare qualsiasi tipo di riflessione. Regredito allo stato di semi-incoscienza limitarmi ad osservare l'agire e l'ambiente circostante senza imprimergli addosso giudizi. In sostanza intendo avvicinarmi alla parte più istintiva, quella meno corrotta; credo conveniate sia possibile soltanto attraverso un abissale distacco dal valore che ci si attribuisce. Del resto, quando ad un calciatore vengono le giocate migliori credete che in quel momento abbia piena coscienza di sé?

Credete sia praticabile un tale esperimento? Forse in parte?

Stai sovrapponendo due aspetti duali: disidentificazione e dissociazione. (Leggi, ad esempio, qui).

Il primo, che mi pare sia ciò che ti interessa maggiormente, lo si raggiunge e sperimenta con pratiche contemplative. Prova a dare un'occhiata a questo post.

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